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Picchia la moglie all'ottavo mese di gravidanza: "E' mia, faccio ciò che voglio"

Purtroppo non si tratta di un caso isolato, la suocera ha allertato i carabinieri e sono emerse le violenze precedenti

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“E’ mia moglie, la picchio quando voglio”, questa l’aberrante spiegazione che un 40enne ha addotto dopo aver malmenato la consorte: incinta di otto mesi. La gestante, mentre subiva schiaffi, pugni, tirate di capelli e anche calci in pancia, è riuscita a chiedere aiuto a sua madre. Che è intervenuta.

Picchia la moglie all'ottavo mese di gravidanza

Ennesimo caso di violenza domestica, purtroppo, quello che si è verificato la scorsa notte a Toano, dove una donna in dolce attesa è stata picchiata dal marito.

Di fronte alla suocera, che gli chiedeva conto di quello scempio ai danni della figlia avvenuto poco prima, il 40enne, della provincia di Reggio Emilia, ha risposto:

È mia moglie, la picchio quando voglio, tu non ti intrometti fra di noi…Le faccio quello che voglio”.

Come spiega Prima Reggio Emilia, alla casalinga non sono stati risparmiati nemmeno calci in pancia. Tramite WhatsApp, la vittima ha inviato alla madre la foto del suo volto con evidenti segni lasciati dalle percosse ricevute dal marito. Successivamente, aggravandosi la situazione, è riuscita a telefonarle invitandola a raggiungerla con urgenza perché il consorte aveva ripreso le violenze.

L'aberrante spiegazione: "E' mia, faccio ciò che voglio"

Alla suocera, che ha chiesto cosa fosse accaduto l’uomo, con spavalderia, ha risposto spiegando che trattandosi di sua moglie, lui si sentiva legittimato a farle ciò che voleva.

La madre della 32enne, oltre ad allertare i soccorsi ha chiamato anche i Carabinieri, che hanno subito inviato sul posto una pattuglia della stazione di Toano. I militari hanno ricostruito l’accaduto e constatato trovarsi nella flagranza di reato di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali aggravate hanno quindi arrestato l’uomo.

I precedenti

La vicenda, stando alle prime risultanze investigative, non sarebbe un caso isolato in quanto nel corso degli accertamenti sarebbe emerso che la donna da tempo era sottoposta a continue violenze da parte del marito, compiute peraltro anche davanti ai due figli minori della coppia che, questa volta, si trovavano dalla nonna.

La moglie, ricorsa alle cure mediche presso l’ospedale di Sassuolo è stata giudicata guaribile con una prima prognosi di 15 giorni per le lesioni riportate dal violento pestaggio subito.

I drammi recenti

Come dimostrano le assurde parole proferito dall'arrestato circa un presunto (quanto folle) diritto di proprietà da esercitare sulla propria moglie, la percezione deviata della propria compagna come un oggetto da poter gestire a piacimento ha condotto, soltanto nelle ultime settimane, a nuovi episodi di violenza contro le donne. E se questa vicenda si è conclusa con la sopravvivenza della vittima, anche se c'è da fare i conti con i segni psicologici che tali vessazioni lasciano, non è stato lo stesso per  Yana e Martina. 

La giovane avvocatessa Martina Scialdone è stata uccisa da un colpo di pistola esploso fuori da un ristorante romano, pochi giorni fa. A premere il grilletto l'ex compagno 61enne, Costantino Bonaiuti, arrestato.

E nulla si sa di dove sia la 23enne Yana Malayko, scomparsa nel nulla da qualche giorno - nel Mantovano dove viveva - dopo una lite con l'ex compagno. Il 33enne non si sarebbe mai rassegnato alla fine della relazione con la giovane ucraina, né tantomeno all'idea che da qualche tempo avesse iniziato a frequentare un'altra persona. A corroborare l'ipotesi dell'omicidio, che ha portato all'ex, il fatto che quest'ultimo sarebbe stato inquadrato dalle telecamere della zona mentre usciva dal palazzo portando con sé un ingombrante sacco: l'ipotesi è che al suo interno fosse avvolto il corpo della giovane.

Donne che voleva, legittimamente, andare avanti con la propria vita, e che i loro ex uomini percepivano - in una perversa (quanto purtroppo ancora troppo diffusa) mentalità, come inaccettabile. Come, appunto - citando le parole del 40enne di Toano che rivendicava una presunta facoltà di disporre a piacimento della moglie, massacrandola di botte in gravidanza - "Una cosa mia".

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