Perizia psichiatrica inchioda Alessia Pifferi: "Capace di intendere e volere, ha anteposto i suoi desideri alla figlia"
La 38enne, accusata di omicidio volontario aggravato della sua bimba, rischia l'ergastolo
Alessia Pifferi è capace di intendere e di volere. La perizia psichiatrica disposta sulla 38enne che nel luglio 2022 ha lasciato morire di stenti la figlia Diana di meno di un anno e mezzo, abbandonandola da sola in casa per sei giorni ha stabilito che la donna sapeva ciò che stava facendo.
Alessia Pifferi è capace di intendere e di volere: depositata la perizia psichiatrica
Lo ha stabilito la perizia psichiatrica firmata dallo psichiatra forense Elvezio Pirfo, depositata e disposta dalla Corte d'Assise di Milano nel processo per omicidio volontario aggravato. La donna rischia l'ergastolo.
Il perito scrive:
"Al momento dei fatti ha tutelato i suoi desideri di donna rispetto ai doveri di accudimento materno verso la piccola Diana e ha anche adottato 'un'intelligenza di condotta’ viste le motivazioni diverse delle proprie scelte date a persone diverse".
Secondo lo psichiatra la donna non ha "disturbi psichiatrici maggiori", né "gravi disturbi di personalità". Conclusioni in linea con quanto sostenuto dal pm di Milano Francesco De Tommasi e dal suo consulente.
Le psicologhe indagate per "manipolazione"
Intorno al tema della sanità mentale di Pifferi si è a lungo discusso e la difesa della donna vi puntava molto.
Poche settimane fa, nel gennaio 2024, sotto la lente della giustizia sono finite le psicologhe Paola Guerzoni e Letizia Marazzi sono indagate per favoreggiamento e falso ideologico. Le due professioniste, secondo l’accusa, avrebbero sostanzialmente manipolato l’imputata, per alleggerirne le responsabilità.
“Pifferi è stata aiutata a fornire una versione dei fatti sulla morte della figlia differente rispetto a quello che aveva detto spontaneamente all’inizio”, ha tuonato il pubblico ministero Francesco De Tomasi.
La polizia penitenziaria ha eseguito perquisizioni nei confronti delle due professioniste, accusate di favoreggiamento e falso ideologico. I consulenti della Procura hanno parlato di “colloqui clinici e test psicoattitudinali realizzati in violazione dei protocolli”, con un atteggiamento da parte delle psicologhe non di “descrizione clinica” ma di “estrapolazione deduttiva di una vera e propria tesi difensiva”. Indagata per falso ideologico anche l’avvocatessa Alessia Pontenani, legale della donna.
Agli atti ci sarebbe una telefonata tra la psicologa 58enne, che ha lavorato anche nel carcere di Opera, e l’avvocatessa, nella quale, stando alle indagini, le due si sarebbero complimentate a vicenda dopo l’effettuazione su Pifferi e gli esiti del test psicodiagnostico di Wais, secondo cui la donna, a processo per l’omicidio della figlia, avrebbe un quoziente intellettivo da bambina. Test non “fruibile né utilizzabile a fini diagnostici e valutativi”, secondo il pm.
Perché? Questa è la domanda che sorge spontanea, nel caso le accuse trovassero riscontro. Alla base dei presunti illeciti commessi, in particolare, da una delle due psicologhe, ci sarebbe, come ipotizzato dagli inquirenti, un movente "antisociale", anche perché, come risulterebbe da alcune conversazioni intercettate, la professionista, 58 anni, avrebbe detto che con la sua attività voleva scardinare il sistema, "goccia dopo goccia", salvando quelle che lei riteneva vittime della giustizia.
La perizia depositata oggi ribalta completamente quella tesi.