Perché ha fatto tanto discutere la sentenza sul mancato ergastolo dell'assassino di Carol Maltesi
Fra i passaggi che hanno suscitato indignazione maggiore nella sentenza: “Lei, giovane e disinibita, massacrata perché lui si sentiva usato"
E’ polemica sulle motivazioni della sentenza depositata dal Tribunale di Busto Arsizio che condanna l'assassino di Carol Maltesi a 30 anni di carcere e non all'ergastolo, come era stato chiesto dall'accusa. Davide Fontana, bancario food blogger di 44 anni, uccise la 26enne e ne disperse i resti, fatti a pezzi, perché si era reso conto che lei "si stava allontanando da lui, scaricandolo", si legge nel documento. I giudici, dopo una lunga camera di consiglio, non hanno riconosciuto tre delle aggravanti contestate (premeditazione, crudeltà e motivi abietti e futili) mentre hanno riconosciuto le attenuanti generiche equivalenti alle residue aggravanti. Mentre infuria l’indignazione pubblica, il Corriere ha intervistato Giuseppe Fazio, presidente della Corte d’Assise di Busto Arsizio che rimanda al mittente le accuse di vittimizzazione secondaria e spiega le articolate ragioni che hanno portato al verdetto.
Carol Maltesi: l'atroce delitto
Fontana aveva confessato di aver ucciso la vicina di pianerottolo Carol Maltesi colpendola in testa con un martello e tagliandole la gola tra il 10 e l'11 gennaio del 2022 mentre giravano un filmino hard nella casa di lei, a Rescaldina, in provincia di Milano. Aveva poi fatto a pezzi il cadavere, tentando, senza riuscirci, di dargli fuoco in un braciere. In un secondo momento il bancario aveva congelato i resti della 26enne in un frigo comprato appositamente e poi li aveva gettati in un dirupo tra i monti bresciani, a Borno, dove erano poi stati ritrovati in quattro sacchi di plastica nel marzo del 2022.
Carol, madre di un figlio piccolo, lavorava come commessa in un negozio di profumi, poi si era avvicinata al mondo del porno a pagamento attraverso il sito 'Onlyfans' col nome 'Charlotte Angie'.
Ed è qui che arriva la prima precisazione di Fazio: “La sentenza non sarebbe stata diversa nemmeno se la ragazza avesse fatto la suora al posto che l’attrice”. Fra i passaggi che hanno suscitato indignazione maggiore nella sentenza:
“Lei, giovane e disinibita, massacrata perché lui si sentiva usato"
E ancora:
"L’idea di perdere i contatti stabili con colei che egli, per sua stessa ammissione e secondo l’amica testimone, amava perdutamente, da cui sostanzialmente dipendeva poiché gli aveva permesso di vincere la solitudine in cui si consumava in precedenza e di vivere in modo finalmente diverso e gratificante, si è rivelata insopportabile”.
Secondo i giudici:
"Fontana si è reso conto che la giovane e disinibita Carol Maltesi si era in qualche misura servita di lui per meglio cercare i propri interessi personali e professionali, e ciò ha scatenato l'azione omicida". E ciò, insieme alla "consapevolezza di aver perso la donna amata, accompagnata dal senso di crescente frustrazione per essere stato da lei usato e messo da parte", ne aveva scatenato la furia omicida.
Un movente che “non può essere considerato abietto o futile in senso tecnico-giuridico”, sostengono i giudici, escludendo anche la premeditazione: il femminicidio “fu conseguenza di condotta voluta dall’imputato sorretta da dolo diretto se non da dolo intenzionale, ma non fu conseguenza di premeditazione”.
"Leggere integralmente la sentenza"
Fazio chiarisce:
Ma anche chi legittimamente critica le motivazioni dovrebbe prima leggerle nella loro concatenazione su concetti giuridici che hanno significato diverso rispetto alla Treccani
Il togato ha spiegato che l’aggravante dei futili e abietti motivi “esiste se è espressione di un moto interiore del tutto ingiustificato e mero pretesto per sfogare un impulso criminale. E la giurisprudenza richiede sia il dato oggettivo. E cioè la sproporzione tra reato e motivo, sia la componente soggettiva, che non può essere riferita ad un comportamento medio. Ecco, qui l’opinione anche del perito e dei consulenti psichiatri, che hanno studiato il funzionamento mentale dell’imputato, è stata che probabilmente a spingerlo ad uccidere non fu la gelosia adombrata dal pm, ma la consapevolezza di aver perso la donna amata, accompagnata dalla frustrazione per essere stato messo da parte da lei”. Secondo il giudice questo prova che il motivo dell’omicidio non è abietto o futili. Da qui la sentenza.
Per l’aggravante della crudeltà, invece, Fazio spiega che non si tratta della quota di violenza inserita in un delitto. “Per la giurisprudenza deve essere l’infliggere un male gratuitamente. E qui per noi non c’era. Non si può fare l’errore di desumere l’aggravante dallo scempio del cadavere”.
E ancora:
“Non è che ogni processo per un grave delitto debba finire con un ergastolo. Qui abbiano fissato la pena base nel massimo dell’omicidio semplice, 24 anni. E aggiunto il massimo della pena per lo scempio del cadavere, 7 anni più 3 di continuazione. Fanno 34 anni, ma il tetto massimo di legge è 30. Però faccia fare a me ora una domanda: con quale spirito tra pochi giorni la mia Corte d’Assise affronterà un altro processo per un fatto altrettanto cruento? Il giudice non è qui apposta per valutare le circostanze? Se no, ci dicano che possono fare a meno del giudice. E, al suo posto, metterci un juke-box”.