fuori focus

Messina Denaro: perché è sbagliato indugiare su viagra, preservativi e festini a luci rosse

Non è possibile che un vero e proprio mostro venga travisato in un arzillo 60enne, con tutto quello che ha fatto

Messina Denaro: perché è sbagliato indugiare su viagra, preservativi e festini a luci rosse
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E' finita al centro dell'attenzione pubblica, nelle scorse ore, la tipologia di oggettistica rinvenuta nel "covo" del super latitante da 30 anni Matteo Messina Denaro. Vestiti e profumi di marca, decine di accessori costosi un frigorifero ben rifornito, diverse ricevute di ristoranti.

Anche viagra e preservativi.

A testimoniare che il boss mandante di terribili e sanguinosi stragi, nel lungo periodo in cui è sfuggito alla giustizia, non si è privato di ogni forma di agio e soddisfazione, anche sessuale.

Ma anche a testimonianza di una narrazione che va decisamente fuori focus. Soprattutto per le giovani generazioni che forse non ricordano o non conoscono (non essendo nemmeno nate ai tempi in cui la mafia minacciava il Paese e chiunque si opponesse a lei con attentati-stragi) il cv del boss.

E che oggi vedono un vero e proprio mostro travisato in un arzillo 60enne, amante della bella vita.

Messina Denaro: narrazione fuori focus

Inevitabile che l'opinione pubblica, soprattutto coloro che non hanno precisamente il quadro delle responsabilità di Messina Denaro, si sia soffermata sui dettagli pruriginosi relativi all'elenco di quanto rinvenuto nella dimora del boss. Con tanto di fiorire di meme.

Il punto su cui forse era meglio indugiare, per esempio, era la location in cui il criminale viveva indisturbato. Un appartamento, non una tana sotterranea, a Campobello di Mazara, nel Trapanese. A soli 8 chilometri da Castelvetrano, paese di origine di Messina Denaro e della sua famiglia. Trattandosi di uno degli uomini più noti (e potenti) a livello locale e nazionale suona vagamente irrealistico pensare, dato che non faceva vita monastica e non si curava di non dare nell'occhio con accessori di lusso, che a nessuno sia venuto qualche lontanissimo sospetto.

Alla faccia del fatto che avesse, o meno, il viagra in casa.

Secondo il comandante provinciale dei carabinieri di Trapani Fabio Bottino, dopo l'ispezione nel covo:

"Matteo Messina Denaro abitava qui da almeno sei mesi".

"Non faceva una vita monastica, in stile Provenzano così per fare un esempio", conferma il procuratore aggiunto Paolo Guido.

Girava "indisturbato" per locali e ristoranti e non era solo.

Donne e festini anche in latitanza

Un altro elemento che lascia perplessi, circa la vastità di fiancheggiatori e omertosi che per 30 anni hanno incrociato Messina Denaro, è la condotto da playboy impenitente e amante delle belle donne che il ricercato ha potuto tranquillamente condurre.

Un giovane Matteo Messina Denaro

E' infatti emerso, quasi vent'anni fa durante il dibattimento davanti ai giudici della Corte d’Assise di Palermo per l’omicidio di Calogero Santangelo, un giovane di 25 anni iscritto a Medicina e originario di Castelvetrano, che il boss sarebbe stato anche coinvolto in festini hard organizzati a Palermo da signore di una certa età dell’alta borghesia con studenti universitari. In quel contesto Messina Denaro non era ancora un superlatitante, ma conferma quanto fosse vasta la rete di persone con le quali era entrato in contatto, anche nella Palermo bene. Possibile che con questi trascorsi nessuno lo riconoscesse?

Le donne sono sempre state un elemento irrinunciabile per il killer, non soltanto Franca Alagna, la donna che partorì la sua unica figlia Lorenza quando il boss era già braccato, nel 1995. Qualche fugace tenerezza si evince dal pizzino scritto ad un'altra, alla quale diceva: "Non voglio nemmeno pensare di coinvolgerti in questo labirinto da cui non so come uscirò per il semplice fatto che non so come e quando ci sono entrato. Non pensare più a me, non ne vale la pena..."

E poi, nel 1998, già in piena latitanza fu il turno di Maria Mesi, arrestata per favoreggiamento: è pedinando lei che si sfiorò la cattura - non riuscita - di Messina Denaro. E chissà quante altre. Nel silenzio generale.

Le stragi e gli omicidi di Matteo Messina Denaro

In base alle indagini degli inquirenti  la sanguinosa "carriera" del boss è costellata di stragi e decine di omicidi, alcuni particolarmente crudeli per modalità e identità delle vittime.

E' ritenuto responsabile dell’omicidio di Nicola Consales, proprietario di un albergo di Triscina, nel comune di Castelvetrano, che si sarebbe lamentato della continua presenza del mafioso e dei suoi amici nella sua struttura. Nel 1992, Messina Denaro fu tra gli esecutori materiali dell’omicidio di Vincenzo Milazzo, capomafia di Alcamo e della compagna del mafioso, Antonella Bonomo, incinta di tre mesi.

Antonella Bonomo

Qualche mese dopo partecipò anche al fallito attentato contro il vicequestore Calogero Germanà, detto Rino, a Mazara del Vallo. Che proprio in queste ore, venuto a conoscenza dell'arresto, ha commentato: "Siamo tutti più liberi".

Ed è sempre Germanà a raccontare come il boss "uccidesse senza colpo ferire", come se ammazzare fosse cosa da nulla.

Seguono le drammatiche stragi di Capaci e di via D’Amelio a Palermo, in cui furono uccisi Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e otto agenti di scorta: Vito Schifani, Rocco Dicilio, Antonio Montinaro, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Clausio Traina.

Nel 1993 il criminale fu il mandante delle stragi di via dei Georgofili a Firenze, dove furono uccise 5 persone e ferite altre 37, di via Palestro a Milano, con un bilancio di 5 vittime e 15 feriti, e davanti alle chiese San Giorgio al Velabro e San Giovanni in Laterano a Roma, dove restarono ferite 22 persone.

Strage di via Palestro

C'è la sua firma mortale anche dietro l'attentato di via Fauro a Roma, quando, il 14 maggio del 1993, un'autobomba esplose vicino alla casa del giornalista Maurizio Costanzo, obiettivo del tentato omicidio per via della sua lotta alla mafia. In macchina, con il volto noto, viaggiava anche l'allora giovane compagna Maria De Filippi, che ha spesso raccontato le pesanti ripercussioni psicologiche derivate dall'essere scampati alla morte per pura fatalità.

Come dimenticare, infine, sempre nel 1993, mentre era già latitante, il suo ruolo in veste di mandante dell’omicidio di Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido a soli 12 anni, per costringere il padre Santino, ex mafioso pentito, a ritrattare sulle sue dichiarazioni relative alla strage di Capaci.

Giuseppe di Matteo

Nel 1995, Messina Denaro è stato anche riconosciuto come il mandante dell’omicidio di Giuseppe Montalto, agente di polizia penitenziaria nella sezione 41-bis del carcere Ucciardone di Palermo.

A fronte di tutto ciò il nodo importante non è, decisamente, il viagra. Bensì come fosse possibile che un uomo tanto conosciuto potesse avere una vita sociale dove è sempre vissuto (ed è sempre stato conosciuto) a volto scoperto.

E' evidente che questa vicenda ponga una riflessione irrimandabile sulla cultura di un intero Paese: la mancanza di senso civico, da non confondere con l'eroismo.

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