caso mediatico

Il figlio del presidente del Senato non ha violentato una ragazza in casa (ma resta indagato per Revenge porn)

La giovane ha annunciato la volontà di proseguire la propria battaglia legale in sede europea, ritenendo la decisione del tribunale milanese ingiusta e parziale

Il figlio del presidente del Senato non ha violentato una ragazza in casa (ma resta indagato per Revenge porn)

Nel contesto di un Paese attraversato da femminicidi e violenza di genere, si è chiusa con un’archiviazione l’inchiesta che vedeva coinvolto Leonardo Apache La Russa, figlio del presidente del Senato Ignazio La Russa, insieme all’amico dj Tommaso Gilardoni, accusati di violenza sessuale da una giovane di 22 anni.

La decisione è stata presa dalla giudice per le indagini preliminari di Milano, Rossana Mongiardo, che ha accolto la richiesta avanzata dall’aggiunta Letizia Mannella e dalla pm Rosaria Stagnaro. L’indagine era nata dalla denuncia della ragazza per presunti abusi avvenuti nella notte tra il 18 e il 19 maggio 2023.

Ma i due restano imputati in udienza preliminare per revenge porn.

Le motivazioni dell’archiviazione

Nel decreto, la gip ha riconosciuto che i due ragazzi hanno avuto un comportamento “censurabile, superficiale e volgare” nei confronti della giovane. Tuttavia, sulla base dei “video” acquisiti durante le indagini, non sono emersi elementi tali da provare una “coercizione” né è stato possibile “escludere la capacità di intendere e di volere della ragazza” nel momento in cui si sono verificati i rapporti sessuali.

Secondo la ricostruzione del giudice, la 22enne – ex compagna di liceo di Leonardo La Russa – quella notte aveva fatto uso di alcol e droga in quantità significative. Pur riconoscendo la sua fragilità e il turbamento emotivo legato all’accaduto, la gip ha sottolineato che non ci sono prove sufficienti a dimostrare che i due ragazzi si fossero resi conto di una “presunta invalidità del consenso” della giovane.

Inoltre, pur esprimendo alcune perplessità, la giudice ha ritenuto che i filmati non dimostrino “in maniera inequivoca una coercizione da parte degli indagati”.

Le parole della ragazza: “Non mi fermerò qui”

Dopo la decisione di archiviazione, la 22enne ha affidato al suo legale una dichiarazione di forte dissenso:

“Questo provvedimento è contro la mia dignità di donna, è contrario alla realtà dei fatti e alle dichiarazioni dei testimoni, alle intercettazioni e alle prove in mano al mio difensore, al quale ho già conferito un nuovo mandato per la Corte di Bruxelles. Non ho intenzione di fermarmi qui”.

La giovane, dunque, ha annunciato la volontà di proseguire la propria battaglia legale in sede europea, ritenendo la decisione del tribunale milanese ingiusta e parziale.

“Provvedimento contraddittorio e incompleto”

Anche l’avvocato della ragazza, Stefano Benvenuto, ha espresso forti critiche nei confronti del provvedimento:

È un provvedimento che considero contraddittorio e incompleto: non tiene conto delle mie molteplici contestazioni”, ha dichiarato.

Il legale aveva infatti chiesto che si procedesse con l’imputazione coatta dei due ragazzi, opponendosi alla richiesta di archiviazione formulata dalla Procura.

Per i nostri consulenti di parte, è pacifico che la ragazza non fosse in grado di autodeterminarsi”, ha aggiunto Benvenuto, annunciando di voler valutare nei prossimi giorni “la migliore azione da intraprendere”.

Resta aperto il filone per “revenge porn”

Nonostante l’archiviazione del capo d’imputazione per violenza sessuale, Leonardo Apache La Russa e Tommaso Gilardoni restano imputati in udienza preliminare per revenge porn.

Secondo l’accusa, i due sarebbero coinvolti in due episodi distinti di “diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”, realizzati durante quella stessa notte, senza il consenso della ragazza.

Si tratta dunque di un procedimento ancora aperto, distinto dall’indagine per violenza sessuale, ma strettamente connesso ai fatti oggetto della denuncia.

Il parallelo con il caso di Ciro Grillo

La vicenda, che ha attirato una forte attenzione mediatica per via del coinvolgimento del figlio del presidente del Senato, si inserisce in un quadro più ampio di discussione pubblica sulla tutela delle donne e la percezione sociale del consenso.

Il caso richiama inevitabilmente il caso di Ciro Grillo, figlio del fondatore del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, anch’egli coinvolto in un procedimento giudiziario per violenza sessuale di gruppo risalente al 2019. La recente sentenza di primo grado li ha riconosciuti colpevoli.

Il figlio del presidente del Senato non ha violentato una ragazza in casa (ma resta indagato per Revenge porn)
Ciro Grillo

Entrambi i procedimenti, pur con esiti differenti, hanno messo in luce quanto sia delicato il confine tra libertà individuale e responsabilità penale, e quanto il tema del consenso resti centrale nel dibattito.

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