PARLA IL PROCURATORE

Giallo di Aosta: "E' stato un classico femminicidio determinato dall'annullamento della volontà della vittima"

Intanto avviate le procedure per l’estradizione del giovane arrestato per l'omicidio a La Salle

Giallo di Aosta: "E' stato un classico femminicidio determinato dall'annullamento della volontà della vittima"
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“In casi del genere  non si può parlare di raptus, di gelosia o di passione. Si tratta di un classico femminicidio che è stato determinato da un movente di possesso e di annullamento della volontà della vittima”.

Così il procuratore di Aosta Luca Ceccanti mette definitivamente fine al "giallo" di La Salle, dove una ragazza francese (di Saint Priest, nell’area metropolitana di Lione) di soli 22 anni, Auriane Nathalie Laisne, tra il 26 e il 27 marzo 2024 è stata colpita a coltellate in una chiesetta diroccata nei boschi e lasciata morire per dissanguamento.

Aosta, femminicidio con annullamento della volontà

A ucciderla è stato il 21enne Teima Sohaib, italo-egiziano-marocchino (ha tre cittadinanze) originario di Fermo, nelle Marche:

Teima Sohaib - così riporta l'emittente del nostro gruppo editoriale èTvMarche - è nato a Fermo da padre egiziano e madre marocchina. Da anni non viveva più nella cittadina marchigiana, e si era stabilito a Grenoble, ma era solito tornare a trovare i familiari nelle Marche. L’anno scorso era rimasto a Fermo per alcuni mesi. L’ultimo passaggio nella città capoluogo di provincia era avvenuto il mese scorso. Il ragazzo studia da dentista e ha frequentato l’istituto professionale di odontotecnica a San Benedetto del Tronto; poi si è trasferito in Francia, per continuare gli studi.

Teima Sohaib

Per il giovane, fermato a Lione, avviate le procedure che potrebbero portare all’estradizione. A Sohaib Teima la Procura generale di Grenoble ha notificato il mandato d’arresto europeo spiccato dagli inquirenti aostani.

Secondo quanto indicato dai media francesi – che rivelano altresì che Teima è stato arrestato ad una fermata di un mezzo pubblico, dopo che gli investigatori avevano rilevato il segnale del suo telefonino – è stata fissata per il 18 aprile un’udienza alla Chambre d’instruction, chiamata a pronunciarsi sulla sua estradizione.

Come già sottolineato, , il giovane era già a processo, in Francia, per atti di violenza proprio sulla giovane deceduta in Valle d'Aosta.

Ma vediamo ancora cosa è emerso dalla conferenza stampa degli inquirenti, come riporta AostaSera.it:

Il luogo del delitto

Il viaggio nella nostra regione – stando all’inchiesta (che prosegue e che vede una “contestazione fisiologicamente provvisoria”, ha puntualizzato Ceccanti), non sarebbe stato più di una scusa, una trappola per porre fine alla vita della 22enne. Tra i due, non risulta una vera e propria convivenza, ma una “frequentazione assidua tra Italia e Francia”, da anni.

Il Procuratore e i Carabinieri

La tesi della premeditazione è corroborata, per gli investigatori italiani, anche da un altro fattore. La ricomposizione del cadavere, operata da chi ha posto fine alla vita di Auriane Nathalie nella cappella diroccata di Equilivaz (è stato smentito il trascinamento da altro luogo), viene letta come modo – ha detto il comandante del Gruppo Aosta Carabinieri, colonnello Giovanni Cuccurullo – “di far perdere più tempo possibile a chi avrebbe ritrovato il corpo, sia per capire chi fosse lei, sia per arrivare” al presunto responsabile.

E’ stata posta “in una posizione fetale/dormiente, – ha aggiunto il comandante del Reparto operativo, tenente colonnello Tommaso Gioffreda – ma è stata messa lì di proposito”. “Anche la pietra messa dietro la schiena, per non fare muovere il corpo”, era per i militari un altro espediente per rallentare gli inquirenti. Non emerge che, nelle ultime ore di vita di Laisne, né lei, né il giovane abbiano tentato di chiamare qualcuno con i loro telefoni (che non sono, ad oggi, però nella disponibilità degli inquirenti).

Con il Nucleo investigativo dell’Arma di Aosta hanno collaborato anche il Centro cinofili di Bologna e il Reparto Operativo Speciale. E se, al ritrovamento del cadavere, venerdì 5, il puzzle dinanzi agli investigatori non sembrava banale, attraverso l’“incrocio dei dati di chi era entrato in Italia e delle celle telefoniche – ha sottolineato il sostituto procuratore Manlio D’Ambrosi – è stato possibile dare un’identità alla” vittima e, successivamente, dare un nome al sospettato. Fondamentale, per formulare l’impianto accusatorio, l’autopsia, di cui è stato incaricato domenica l’anatomopatologo Roberto Testi.

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