Agghiacciante agonia

Caduta in un dirupo, scrive un messaggio al compagno: "Aiuto, salvami". Lui la raggiunge e la soffoca

La morte di Marta Maria Ohryzko fu femminicidio. Il compagno Ilia Batrakov accusato di omicidio volontario aggravato

Caduta in un dirupo, scrive un messaggio al compagno: "Aiuto, salvami". Lui la raggiunge e la soffoca
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Dopo essere caduta in un dirupo ha chiesto ripetutamente aiuto al compagno. Che prima l'ha ignorata e poi è andato da lei, per soffocarla e ucciderla. A nove mesi di distanza dalla morte di Marta Maria Ohryzko, 32 anni, ucraina, le indagini hanno portato all'accusa di omicidio volontario per il compagno Ilia Batrakov, 41enne russo. Si tratterebbe, dunque, dell'ennesimo femminicidio.

La morte di Marta Maria Ohryzko fu un femminicidio

La cronaca di quella notte, era il 13 luglio 2024, ricostruita dalle indagini degli inquirenti, è agghiacciante. A Vatoliere di Ischia, dopo una lite, Maria si allontanò dalla roulotte del compagno, cadendo in un dirupo e procurandosi la frattura di una caviglia. L'ipotesi iniziale era quella di morte per embolia dovuta alla caduta. Ma le indagini hanno portato a scoprire un'altra terribile verità.

Maria, ferita e tremendamente dolorante, aveva iniziato a chiamare il compagno e a scrivergli dei messaggi, che però lui aveva inizialmente ignorato.

Quei messaggi disperati

Il primo messaggio d'aiuto è delle 15,45 di sabato 13 luglio 2024 e recita:

"Aiuto, sono caduta".

L'ultimo alle 19,33:

"Perdonami per tutto... aiutami per favore ad alzarmi... con questo mi salvi".

Poi ci sono due telefonate, in serata: alle 21,17, di ben 5 minuti, a cui c'è stata una risposta, e l'ultima alle 21,24, senza risposta.

Infine, Ilia l'avrebbe raggiunta e l'avrebbe prima colpita con un pugno all'occhio sinistro, e poi l'avrebbe soffocata.

L'arresto

Il 41enne si trova in carcere a Poggioreale dal 15 luglio 2024, arrestato per maltrattamenti contestati nella forma più afflittiva, quella che prevede la morte e una condanna tra 12 e 24 anni di carcere. Maltrattamenti che, secondo quanto ricostruito, andavano avanti da almeno un paio d'anni, acuiti probabilmente dalla tensione per la situazione tra i due Paesi d'origine della coppia.

Al 41enne era stato contestato il fatto che sapesse dove si trovava la ragazza, ma non aveva mosso un dito per aiutarla.

Le intercettazioni e l'accusa di omicidio

A inchiodare l'uomo le conversazioni sui cellulari, tradotte dal cirillico, che aveva provato a cancellare e che provavano la sua consapevolezza di ciò che stava accadendo.

E poi le intercettazioni ambientali in carcere. Durante alcuni colloqui Ilia avrebbe espresso la sua preoccupazione sull'autopsia della ragazza, che avrebbe portato a scoprire la sua aggressione.

Lui le avrebbe infatti ostruito le vie respiratorie con la mano sinistra sporca di terriccio ed erba. Nelle vie respiratorie, effettivamente, i consulenti della Procura hanno poi trovato tracce di terreno e materiale vegetale inspirati nell’estremo tentativo di incamerare aria per sopravvivere.

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