La sentenza

Ergastolo Filippo Turetta, per cosa è stato condannato e le aggravanti non riconosciute

Non considerati stalking e crudeltà. Secondo la legge potrebbe comunque uscire dal carcere tra 26 anni

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Filippo Turetta è stato condannato all'ergastolo. Una sentenza attesa quella che martedì 2 dicembre 2024 ha chiuso il primo grado (non è dato al momento sapere se ce ne saranno di successivi) del processo per uno dei femminicidi che hanno maggiormente sconvolto l'Italia.

Ergastolo per Turetta: per cosa è stato condannato

Filippo Turetta è condannato al massimo della pena. Le motivazioni, come da prassi, verranno depositate entro 90 giorni. Solo allora si potrà entrare nel dettaglio della decisione dei giudici.

Intanto si sa però che il 22enne di Torreglia è stato ritenuto colpevole di omicidio volontario, sequestro di persona e occultamento di cadavere, con le aggravanti di aver premeditato il delitto e di aver ucciso una persona con cui aveva un legame affettivo.

Guarda il servizio di Tv 7, una delle televisioni del gruppo Netweek:

 

E' stata considerata la premeditazione. La famosa "lista delle cose da fare" preparata da Filippo Turetta nei giorni prima del delitto è stata ritenuta un piano lucido, frutto della volontà di uccidere la ragazza.

Le aggravanti non considerate

La Corte d'Assise non ha però riconosciuto due pesanti aggravanti tra quelle che contestava la Procura di Venezia: lo stalking e la crudeltà.

Secondo quanto aveva affermato in precedenza il legale Giovanni Caruso (che non ha parlato dopo la sentenza) "la crudeltà nel gergo comune non è la stessa di un processo penale. Il numero di coltellate non è indicativo della crudeltà. Quanto allo stalking, Giulia non aveva paura di Filippo".

"La legge richiede la reiterazione delle condotte ed è indubbio che quelle di Turetta fossero ossessive, come si evince dalle sue annotazioni, petulanti e insopportabili - aveva spiegato in fase di arringa - Ma occorre anche che nella vittima si ingenerino stati perduranti d'ansia e di paura che in questo caso non vedo. Giulia non aveva paura di lui tanto è vero che è andata all'ultimo appuntamento. Lei non ha cambiato stile di vita, ha fatto gli esami, stava per laurearsi, andava con lui ai concerti e uno di questi era in programma anche in una data successiva all'omicidio. Giulia va dallo psicologo ma non risulta che gli dica di avere paura di Filippo, va per altre ragioni. Quando lei dice 'Filippo mi fai paura' lei intende che ha paura che lui si faccia del male".

Soltanto poi tra 90 giorni si saprà il perché della decisione dei giudici.

I risarcimenti

C'è poi il piano - freddo, ma legittimo - dei risarcimenti. E' stato previsto in sede civile il pagamento di una provvisionale di 500mila euro a Gino Cecchettin, 100mila ciascuno ai fratelli di Giulia, Elena e Davide, 30mila ciascuno alla nonna Carla Gatto e allo zio Alessio, oltre alle spese di costituzione legale.

E' davvero finita qui?

Dunque, la vicenda parrebbe chiusa, anche se effettivamente potrebbe anche esserci una seconda fase. L'avvocato difensore di Filippo Turetta e i rappresentanti della Procura non hanno rilasciato dichiarazioni in merito e dunque la possibilità di un ricorso in Appello c'è.

Difficile stabilire ora se la difesa del 22enne veneto vorrà ricorrere. A rigor di logica, stando alle parole del ragazzo, non dovrebbe sussistere questa eventualità.

"L’attesa è stata angosciante. Penso sia una sentenza giusta, me l’aspettavo", avrebbe detto Turetta prima di rientrare in cella.

Ma potrebbe uscire tra 21 anni

Turetta, però, potrebbe non passare tutta la vita in carcere. Secondo la legge infatti potrà uscire tra 26 anni, con la possibilità di scendere a 21 nel caso di un percorso irreprensibile volto alla redenzione.

Lo dice l'articolo 176 del Codice Penale:

"Il condannato a pena detentiva che, durante il tempo di esecuzione della pena, abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, può essere ammesso alla liberazione condizionale, se ha scontato almeno trenta mesi e comunque almeno metà della pena inflittagli, qualora il rimanente della pena non superi i cinque anni.

Se si tratta di recidivo, nei casi preveduti dai capoversi dell'articolo 99, il condannato, per essere ammesso alla liberazione condizionale, deve avere scontato almeno quattro anni di pena e non meno di tre quarti della pena inflittagli.

Il condannato all'ergastolo può essere ammesso alla liberazione condizionale quando abbia scontato almeno ventisei anni di pena.

La concessione della liberazione condizionale è subordinata all'adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che il condannato dimostri di trovarsi nell'impossibilità di adempierle".

 

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