chieste condanne per 8 carabinieri

Depistaggi nel caso Cucchi: "Un intero Paese preso in giro per sei anni"

Il pm ha evidenziato le "inaccettabili ingerenze" sulle perizie medico legali, le "intimidazioni" esercitate su chi nel corso delle indagini ha detto la verità.

Depistaggi nel caso Cucchi: "Un intero Paese preso in giro per sei anni"
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Il procuratore di Roma, Giovanni Musarò, ha parlato di "inaccettabili ingerenze" sulle perizie medico legali e di "intimidazioni" esercitate su chi nel corso delle indagini ha detto la verità. Il pm ha chiesto la condanna degli otto carabinieri indagati nel processo sui presunti depistaggi messi in atto dopo la morte di Stefano Cucchi.

Caso Cucchi: chiesta la condanna per depistaggio di otto carabinieri

La Procura di Roma ha chiesto la condanna degli otto carabinieri imputati nel processo sui presunti depistaggi messi in atto dopo la morte di Stefano Cucchi.

In particolare il pm ha sollecitato sette anni per il generale Alessandro Casarsa, cinque anni e mezzo per Francesco Cavallo, cinque anni per Luciano Soligo e per Luca De Cianni, quattro per Tiziano Testarmata, tre anni e tre mesi per Francesco Di Sano, tre anni per Lorenzo Sabatino e un anno e un mese per Massimiliano Colombo Labriola.

Il procuratore di Roma, Giovanni Musarò, ha evidenziato le "inaccettabili ingerenze" sulle perizie medico legali, le "intimidazioni" esercitate su chi nel corso delle indagini ha detto la verità. Nel corso della requisitoria.

"Un intero Paese  - ha affermato il pm - è stato preso in giro per sei anni".

La morte di Stefano Cucchi

Il 15 ottobre 2009 Stefano Cucchi, romano di 31 anni (nato l'1 ottobre 1978) fu fermato dai carabinieri Francesco Tedesco, Gabriele Aristodemo, Raffaele D'Alessandro, Alessio Di Bernardo e Gaetano Bazzicalupo dopo essere stato visto cedere a Emanuele Mancini delle confezioni trasparenti in cambio di una banconota.

Portato immediatamente in caserma, fu perquisito e trovato in possesso di 12 confezioni di varia grandezza di hashish (per un totale di 20 grammi), 3 confezioni impacchettate di cocaina (di una dose ciascuna) e un medicinale per curare l’epilessia, malattia da cui Cucchi era affetto.

Fu decisa la custodia cautelare: il ragazzo prima dell’arresto e dell’arrivo in caserma non presentava alcun trauma fisico. Il giorno dopo si tenne l'udienza per la conferma del fermo in carcere. Già durante il processo, aveva difficoltà a camminare e a parlare e mostrava evidenti ematomi agli occhi; il ragazzo parlò con suo padre pochi attimi prima dell'udienza, ma non riferì di essere stato picchiato.

Nonostante le precarie condizioni, il giudice fissò l'udienza per il processo, che si sarebbe dovuto tenere un mese dopo, e ordinò sino a tale data la custodia cautelare presso il carcere di Regina Coeli. Dopo l'udienza le condizioni di Cucchi peggiorarono ulteriormente. Il 16 ottobre, alle ore 23, fu condotto al pronto soccorso dell'ospedale Fatebenefratelli, presso il quale furono messe a referto lesioni ed ecchimosi alle gambe, al volto (con frattura della mandibola), all'addome con ematuria, e al torace (con frattura della terza vertebra lombare e del coccige). Fu quindi consigliato il ricovero, che però il paziente rifiutò, venendo quindi ricondotto in carcere.

Nei giorni successivi, per l'aggravarsi delle sue condizioni, Stefano Cucchi fu trasferito al reparto detenuti dell'ospedale Sandro Pertini, dove morì all'alba del 22 ottobre.

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