"Daniela Gaiani non si è uccisa". Il marito a processo per femminicidio
Magri avrebbe ucciso la moglie perché la considerava un ostacolo alla relazione extraconiugale con una donna più giovane

Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Bologna, Salvatore Romito, ha disposto il rinvio a giudizio per Leonardo Magri, 63 anni, accusato dell’omicidio aggravato della moglie, Daniela Gaiani, 58 anni. La donna fu trovata morta il 5 settembre 2021 nel letto della loro abitazione a Castello d’Argile, in provincia di Bologna. Magri, difeso dall’avvocato Ermanno Corso, è a piede libero e si è sempre dichiarato innocente.
Il decesso fu per strangolamento
Il processo prenderà il via il 24 settembre 2025 davanti alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Fabio Cosentino. Secondo il pubblico ministero Augusto Borghini, quello che inizialmente poteva sembrare un suicidio è in realtà un femminicidio, aggravato dalla relazione sentimentale e dai futili motivi: Magri avrebbe ucciso la moglie perché la considerava un ostacolo alla relazione extraconiugale con una donna più giovane.
Daniela Gaiani fu ritrovata apparentemente impiccata alla spalliera del letto con una cintura in tessuto. Tuttavia, gli accertamenti medico-legali hanno escluso l’asfissia meccanica come causa del decesso, indicando invece un decesso per strangolamento. Elementi ritenuti decisivi dall’accusa, che ha anche evidenziato come la donna avesse nel corpo una significativa quantità di alcol e farmaci antidepressivi, tale da renderla incapace di compiere un gesto estremo da sola.
Le versioni contrastanti di Magri
A complicare la posizione di Magri ci sono le versioni contrastanti da lui fornite sul ritrovamento del corpo. In un primo momento, avrebbe raccontato alla donna con cui intratteneva una relazione di aver trovato la moglie morta sul divano.
Agli investigatori, invece, ha detto di essersi accorto del decesso solo al risveglio, trovandola nel letto accanto a sé. Inoltre, avrebbe mentito sulla sera precedente: sostenne di essere stato a una sagra, mentre in realtà si trovava con l’amante.
Il pm Borghini ha sottolineato durante l’udienza preliminare “le stranezze e singolarità” delle dichiarazioni di Magri, parlando di una messinscena architettata per simulare un suicidio.
"Un primo passo verso la giustizia"
Nel procedimento sono stati ammessi come parti civili la sorella e il fratello della vittima, assistiti dall’avvocato Daniele Nicolin, e i genitori di Daniela, rappresentati dall’avvocata Valentina Niccoli. Anche l’associazione La Caramella Buona Onlus, attiva nella lotta contro la violenza sulle donne, sarà parte civile, con la legale Barbara Iannuccelli.

“All’uscita dall’aula mia madre non ha trattenuto le lacrime - ha raccontato Angela Gaiani, sorella della vittima -. Questo è il primo passo verso quella giustizia nella quale crediamo e confidiamo vivamente. È un primo passo, il più importante, perché ci permette di aprire le porte verso quel processo tanto atteso da quattro anni”.
L’avvocato Nicolin ha aggiunto:
“Oggi, secondo me, questa udienza ci ha convinti ancora di più della colpevolezza dell’imputato. Anche la difesa ha ammesso che non si tratta di un impiccamento, pur continuando a sostenere l’ipotesi del suicidio. È un processo indiziario, sì, ma fondato su una mole ingente di indizi, anche di qualità”.
Dal canto suo, il legale di Leonardo Magri, l’avvocato Ermanno Corso, ha ribadito la tesi difensiva:
“Questo è evidentemente un suicidio e confido che la verifica dibattimentale ne darà ampia dimostrazione”.