Mangiano due fette di mortadella sul lavoro e vengono sospesi: cosa è successo
Gli operai chiedono di tornare al lavoro. L'azienda, intanto, rende pubbliche le sue posizioni.
Hanno mangiato una fetta di mortadella durante il lavoro e sono stati sospesi. Ha fatto il giro d'Italia la storia di alcuni dipendenti dello stabilimento di Correggio, nel Reggiano, della Cooperativa Tre Valli, afferente al Gruppo Veronesi (leader nel mercato agroalimentare coi marchi, tra gli altri, Aia e Negroni). Una vicenda sulla quale, però, le versioni delle parti in causa divergono.
Sospesi per aver mangiato due fette di mortadella
Come riporta Prima Reggio Emilia, alcuni dipendenti della cooperativa Tre Valli sono stati sospesi per aver mangiato due fette di mortadella sul lavoro.
I lavoratori, addetti al confezionamento di carne e salami, nei giorni scorsi hanno ricevuto le lettere di contestazione che annunciavano il provvedimento di sospensione da parte dell'azienda.
Cosa è successo
Dalle immagini, l'azienda oltre a scoprire un dipendente - poi licenziato - che aveva infilato due prosciutti interi in un borsone, ha notato i lavoratori mentre prendevano fette di salume per poi mangiarle durante la pausa. I dipendenti si sono difesi sostenendo che fossero fette di scarto, utilizzate per farcire un pezzo di focaccia portato da casa.
"Avevamo solo fame durante il turno dato che i distributori automatici di cibo non bastano per 80 dipendenti e al pomeriggio sono già vuoti. Abbiamo agito in buonafede, tutto alla luce del sole pur sapendo della presenza delle telecamere. E poi è sempre stato tollerato in azienda, altrimenti dovrebbero sospendere tutti".
Ed è effettivamente stato così, dal momento che sono diversi i dipendenti che si sono visti recapitare a casa lettere di sospensione e provvedimenti disciplinari.
La versione dell'azienda
L'azienda, però, racconta un'altra versione dei fatti.
"A seguito di ripetute segnalazioni concernenti gravi episodi che si sono verificati all'interno dello stabilimento, abbiamo dato corso a una serie di accertamenti, poi sfociati con l'avvio di procedimenti disciplinari. E gli alimenti consumati dai lavoratori coinvolti nella vicenda non erano scarti della produzione, bensì intere confezioni di prodotti a tutti gli effetti destinati alla successiva commercializzazione. La vicenda verrà chiarita nelle sedi competenti, in esito alle procedure previste dalla legge".
Gli operai ora temono il licenziamento e hanno impugnato, attraverso i loro legali, le lettere, chiedendo formalmente la riammissione al lavoro senza subire alcun provvedimento disciplinare. L'azienda, dal canto suo, ha tempo 15 giorni per rispondere e prendere una decisione. La segnalazione disciplinare può sfociare in un’ammenda o nel licenziamento, ma potrebbe anche venire archiviata. Nel frattempo i sindacati fanno sapere che stanno monitorando la situazione.