inchiesta shock a roma

Facevano a pezzi i cadaveri al cimitero e chiedevano soldi ai parenti

Almeno tre i casi contestati a 16 persone (tutte finite a giudizio): tariffe da 50 a 300 euro.

Facevano a pezzi i cadaveri al cimitero e chiedevano soldi ai parenti
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Facevano a pezzi i cadaveri tumulati nel cimitero di Prima Porta a Roma con l'obiettivo di spostarli in celle più piccole chiedendo un pagamento extra - da 50 a 300 euro - ai parenti. Un sistema che avrebbe consentito a sedici persone - 13 dipendenti Ama e tre impiegati di altrettante agenzie di pompe funebri - di arrotondare lo stipendio. In maniera completamente illecita.

Cadaveri fatti a pezzi al cimitero per chiedere soldi ai parenti

I reati contestati dal pm Andrea Beccia al gruppo, che finirà a processo a ottobre, sono vilipendio di cadavere e truffa in concorso. Il primo caso contestato risale al 27 gennaio 2020, quando un impiegato di un'agenzia di pompe funebri avrebbe chiesto a sei dipendenti di Ama (la municipalizzata capitolina che si occupa, tra le altre cose, della gestione dei cimiteri) di tagliare in vari pezzi il cadavere di un defunto. Richiesta a cui gli operatori avrebbero dato seguito, riducendo la salma in brandelli.

A quel punto avrebbero contattato una parente per chiedere 300 euro, necessari - a detta loro - al trasferimento dei resti in una cassetta più piccola e alla lucidatura della lapide. Ma in realtà avrebbero gettato i resti nell'ossario comune.

Gli altri episodi e le telecamere

Non si sarebbe trattato peraltro di un caso isolato. Almeno un paio gli altri episodi contestati, sempre nello stesso periodo. In un'occasione avrebbero chiesto un "contributo" da 300 euro, in un'altra "solo" da 50.

Ma la questione era arrivata alle orecchie dei Carabinieri, che hanno piazzato delle telecamere all'interno del camposanto, che hanno filmato le operazioni di smembramento dei cadaveri.

Gli indagati sono stati tutti rinviati a giudizio e la prossima udienza è fissata a ottobre. In quell'occasione verranno ascoltati i primi testimoni.

 

 

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