Assessora veneta denuncia tentato stupro. Haters sessisti contro la governatrice dell'Umbria: "Dal linguaggio inizia la violenza"
La denuncia di Proietti, che pubblica la campagna d'odio a suo danno: "Tante cose in questa società non sono riparabili. Ma il linguaggio sì. A partire dalla politica"

In un’Italia scossa, nelle ultime settimane, dai femminicidi di Sara Campanella e Ilaria Sula, e da un’escalation di violenza contro le donne, due episodi avvenuti a poca distanza l’uno dall’altro accendono nuovamente i riflettori su un problema strutturale: il calvario quotidiano che vivono le donne che lavorano, si espongono, fanno politica. Perché il pericolo non è solo nei numeri spietati delle cronache nere, ma anche nella normalizzazione dell’aggressione — fisica o verbale — che accompagna ogni loro passo nello spazio pubblico.
Tentato stupro in Veneto
Il primo episodio è avvenuto a Dolo, in Veneto, dove l’assessora alle Politiche sociali, Chiara Iuliano, ha vissuto in prima persona un tentato atto di violenza sessuale, in pieno giorno. Un’aggressione avvenuta mentre era impegnata nel suo lavoro, in un contesto per lei “di routine”, come ha raccontato in un post pubblicato su Facebook domenica 6 aprile 2025.
"In pochi istanti ho capito di essere in pericolo", scrive.
È riuscita a salvarsi grazie alla prontezza di riflessi, rifugiandosi in auto mentre l’aggressore cercava più volte di impedirle la fuga, tentando persino di forzare la portiera. L’uomo è stato arrestato dai carabinieri il giorno prima, sabato 5 aprile, ed è accusato anche di altri episodi simili.
"Sono stata veloce, e questo mi ha salvata. Ma ero sconvolta, arrabbiata all’idea che qualcuno avesse cercato di spezzarmi, terrorizzata", racconta Iuliano. Dopo la denuncia, ha voluto condividere il vissuto emotivo dell’accaduto: la paura, il senso di precarietà, l’incubo di quanto avrebbe potuto succedere. "Solo per un attimo, la mia vita avrebbe potuto cambiare per sempre. È stato un secondo trauma. Uomini, sappiate che abbiamo paura. Non solo io, ma tutte noi. Viviamo costantemente in allerta, consapevoli di poter essere in pericolo in ogni momento".
Parole che toccano nel profondo perché rivelano una verità spesso ignorata: l’essere donna, anche in un ruolo istituzionale, non protegge da nulla.
Haters e sessismo contro la governatrice dell'Umbria
E proprio in questi stessi giorni, un altro volto femminile delle istituzioni italiane, Stefania Proietti, presidente della Regione Umbria, ha denunciato pubblicamente una violenta campagna di odio sessista contro di lei.
"Tanto è una donna, trattiamola così", è solo uno dei tanti commenti raccolti nel lungo post con cui la governatrice, anche lei su Facebook, ha denunciato la valanga di insulti, meme, fotomontaggi e volgarità piovuti sui suoi profili. Attacchi personali, sessisti, gratuiti. Tutto è esploso – spiega – dopo l’inizio del dibattito sulla manovra finanziaria regionale e sul disavanzo della sanità. Da lì in poi, un’ondata d’odio amplificata anche da dichiarazioni e toni pesanti provenienti da esponenti istituzionali, sindaci e parlamentari.
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"Questo non riguarda solo me. Riguarda le tante giovani donne che oggi pensano di impegnarsi in politica. Le nostre figlie e i nostri figli. Se questo è il prezzo da pagare per esporsi, per avere idee, per metterci la faccia, allora abbiamo un problema serio", scrive Proietti, annunciando una denuncia alla polizia postale e l’intenzione di devolvere il risarcimento in beneficenza.
Due donne, due ruoli pubblici, due violenze diverse ma figlie della stessa cultura che ancora oggi, nel 2025, pretende di mettere a tacere, ridurre o punire chi esce dal ruolo assegnato. Una cultura che si fa corpo, che ti afferra in strada o ti colpisce sui social.
"Questo tipo di linguaggio non è mai stato usato contro colleghi uomini. Perché accade ora? Non cerchiamo scuse. Non cerchiamo giustificazioni. Solo un invito a riflettere. Tante cose in questa società non sono riparabili. Ma il linguaggio sì. A partire dalla politica. Abbassiamo i toni. Ricominciamo a dare un valore alle parole Perché è dal linguaggio che inizia la violenza. È dalle parole che si autorizza la cultura dell’odio, la discriminazione, l’aggressione. E il passo dalle parole ai gesti – anche i più estremi, come i femminicidi – è breve. Terribilmente breve. È per questo che dobbiamo fare muro. Tutte e tutti insieme. Per dire che no, non è normale. Non deve essere tollerato. Che una donna non può, non deve, essere insultata o derisa solo perché fa politica, solo perché è libera, solo perché è donna. Io non mi fermo. E continuo a metterci la faccia. Anche per chi, oggi, ha paura di farlo".