Tragedia nel Milanese

Arriva l’ufficiale giudiziario per lo sfratto, 71enne si lancia dal sesto piano e muore

Il dramma a Sesto San Giovanni riapre il dibattito sull'emergenza abitativa. Salis: "L'emergenza casa uccide"

Arriva l’ufficiale giudiziario per lo sfratto, 71enne si lancia dal sesto piano e muore

Quando ha visto l’ufficiale giudiziario presentarsi alla porta di casa sua non ha retto. E così Letterio Buonomo  ha aperto la finestra e si è lanciato dal sesto piano. Un drammatico episodio avvenuto nella mattinata di mercoledì 8 ottobre 2025 a Sesto San Giovanni, in provincia di Milano, dove un uomo di 71 anni si è tolto la vita durante lo sfratto che stava subendo.

Anziano si lancia dal balcone durante lo sfratto

Come racconta Prima La Martesana, il gesto, improvviso, è avvenuto alle 9.15, mentre all’ingresso del palazzo in cui viveva, in via Puricelli Guerra, in pieno centro città, si trovavano il suo avvocato e l’ufficiale giudiziario giunto per notificargli lo sfratto.

Sul posto, dopo la chiamata al 112, la Centrale operativa aveva inviato un’ambulanza e un’automedica, allertate in codice rosso, oltre agli agenti del Commissariato di Polizia. Ma per l’uomo non c’è stato nulla da fare: il decesso è stato constatato sul posto.

Prima di farla finita, Buonomo ha lasciato un biglietto con poche parole, ma decisamente significative:

“Non ce la faccio più”.

Bonomo viveva da solo, era separato da anni. Non aveva figli e nessun contato con i familiari. Un ex custode in pensione dal 2021: percepiva circa 1400 euro. Ciononostante aveva contratto un debito di circa 10.000 euro con il padrone di casa (l’abitazione in cui risiedeva è di un privato, dunque né un alloggio popolare Aler neppure del Comune). Tra le ipotesi al vaglio è che fosse affetto da ludopatia.

Emergenza abitativa in Italia

Una tragedia che racconta amaramente quanto l’emergenza abitativa, che si fa sentire forte, possa portare con sé tragici effetti frutto della disperazione.

I numeri più recenti parlano di decine di migliaia di provvedimenti di sfratto, richieste di esecuzione in forte crescita e una domanda di edilizia sociale che supera di gran lunga l’offerta. Al centro della scena ci sono famiglie in difficoltà economica, uno stock di edilizia sociale insufficiente e politiche pubbliche che provano a colmare un gap storico con strumenti ora in fase di lancio nazionale.

Il quadro numerico: quanti sono gli sfratti e chi li subisce

Nel 2024 le richieste di esecuzione di sfratto presentate agli ufficiali giudiziari hanno superato le 80.000, con un aumento di quasi il 10% rispetto all’anno precedente; le esecuzioni effettive (con l’intervento della forza pubblica) ammontano a decine di migliaia, anche se molti esperti ritengono che i numeri reali possano essere superiori a quelli ufficialmente conteggiati. Queste cifre fanno emergere due fenomeni correlati: l’incremento delle morosità per difficoltà economiche e l’aumento degli sfratti per altre ragioni legate al mercato degli affitti.

Le organizzazioni che lavorano sul territorio segnalano che la maggioranza degli sfratti sono legati alla morosità, ossia all’incapacità degli inquilini – spesso lavoratori con contratti precari, pensionati al minimo o famiglie monoreddito – di sostenere affitti e spese collegate. Contemporaneamente, in alcune aree urbane si registra un aumento degli sfratti per fine locazione o per trasformazioni degli immobili in affitti turistici o locazioni a breve termine, che riducono l’offerta residenziale a lungo termine.

La povertà abitativa e la fotografia di chi chiede aiuto

I report recenti, come quelli della rete Caritas, documentano una forte crescita delle richieste di assistenza per motivi abitativi: una quota significativa degli assistiti manifesta difficoltà nel pagamento di affitti e bollette o è in condizioni di grave esclusione abitativa (senza tetto, sotto sfratto, in alloggi precari). I dati raccolti dai centri di ascolto mostrano come il fenomeno non sia più limitato a categorie marginali della popolazione, ma coinvolga anche lavoratori e famiglie italiane in difficoltà.

Cause strutturali: mercato, edilizia sociale e politiche abitative

Dietro i numeri ci sono cause strutturali. La carenza di edilizia residenziale pubblica e sociale, il rincaro generalizzato degli affitti e dei costi energetici, la precarietà del lavoro e l’aumento del costo della vita hanno creato un terreno fertile per l’aumento delle morosità e degli sfratti. Molte città registrano lunghe liste d’attesa per gli alloggi popolari – centinaia di migliaia di famiglie sono in graduatoria – mentre l’offerta privata è spesso inaccessibile per redditi medi e bassi.

La risposta pubblica: il Piano Casa Italia e i fondi stanziati

Per contrastare il disagio abitativo il Governo ha varato il Piano Casa Italia, con misure che comprendono investimenti per edilizia residenziale pubblica e sociale e interventi per prevenire gli sfratti. Tra le prime iniziative annunciate ci sono stanziamenti per centinaia di milioni di euro destinati a progetti di recupero e costruzione di alloggi sociali e misure urgenti per il sostegno alle famiglie in difficoltà.

Il Ministero delle Infrastrutture ha comunicato l’assegnazione di una prima tranche di risorse — cifra iniziale indicata intorno ai 660 milioni — come primo passo operativo verso il piano più ampio definito nella manovra.

Critiche e limiti: cosa dicono le associazioni e i sindacati

Associazioni, sindacati degli inquilini e organizzazioni sociali riconoscono l’importanza delle misure ma avvertono che i fondi stanziati, per quanto significativi, potrebbero non essere sufficienti a risolvere il problema strutturale se non accompagnati da interventi su larga scala: ampliamento dell’edilizia sociale, regolazione del mercato degli affitti, strumenti di prevenzione della morosità (come sostegni al reddito mirati) e procedure più rapidi ma giuste per la conciliazione tra proprietari e inquilini. Sunia, Sicet e altre realtà chiedono inoltre un piano nazionale con obiettivi misurabili e tempi certi.

Cosa funziona oggi: prevenzione e buone pratiche locali

Sul territorio esistono buone pratiche che attenuano gli sfratti: fondi comunali per morosità temporanea, mediazione tra parti, housing first per le persone senza dimora e progetti di housing sociale gestiti in partenariato pubblico-privato.  Tuttavia, la diffusione di tali pratiche è ancora disomogenea tra le regioni e spesso limitata dalle risorse locali.

Quali strumenti servono (e perché)

Esperti e operatori propongono un mix di politiche:

  • Aumento e accelerazione dell’edilizia residenziale sociale (programmi pubblici con definizione di obiettivi e tempistiche chiare).
  • Meccanismi di prevenzione della morosità (sostegni temporanei al reddito, mediazione e servizi sociali dedicati).
  • Regolazione di segmenti di mercato (es. controllo degli affitti nelle città più critiche, incentivi per locazioni a canone sociale).
  • Reti locali di intervento fra Comuni, servizi sociali, enti del terzo settore e proprietari sensibili, per soluzioni rapide e personalizzate.

Ilaria Salis: “L’emergenza abitativa uccide”

Su X l’eurodeputata Ilaria Salis cita il caso dell’anziano di Sesto San Giovanni come esempio della crisi abitativa:

“La crisi abitativa uccide. Letteralmente. In un Paese civile, una delle massime priorità dovrebbe essere garantire a ogni persona un’abitazione dignitosa. E invece, in Italia, gli interessi economici dei privati vengono anteposti ai bisogni essenziali della popolazione. Poi i risultati sono questi… La casa non deve essere un privilegio, ma un diritto”.