West Nile, Palù: "Il vaccino c'è, ma non viene prodotto dalle case farmaceutiche"
A fermare la produzione del siero sarebbero stato alcuni specifici fattori del virus trasmesso dalle zanzare.
Dallo scorso giugno ad oggi, nel nostro Paese, sono stati confermati 230 casi di infezione al West Nile, per un totale, purtroppo, secondo l'ultimo aggiornamento dell'Iss (Istituto Superiore di Sanità) di 13 decessi. Sebbene la situazione più drastica sia localizzata nel Nord Italia, e più specificatamente in Veneto, dove sta crescendo il numero di ricoverati in gravi condizioni presso l'Azienda Ospedale Università di Padova, la contagiosità del virus trasmesso dalle zanzare pare essere fortemente ridotta, soprattutto se paragonato in qualche modo alla pandemia da Covid-19 con cui stiamo ancora avendo a che fare.
Se in quest'ultimo caso però è stata la scoperta del vaccino a proteggerci da forme patologiche gravi, per il West Nile un siero di questo tipo esiste già, ma come spiegato dal virologo Giorgio Palù, la sua produzione non è mai stata veramente avviata dalle case farmaceutiche.
Il virologo Palù spiega perché non viene prodotto il vaccino per il West Nile
E' stato il Corriere del Veneto ad interpellare Giorgio Palù, professore emerito di microbiologia e virologia dell'Università di Padova, nonché presidente dell'Aifa (Agenzia italiana del farmaco), riguardo la possibilità di un vaccino per il virus West Nile. Il virologo padovano, per l'appunto, aveva studiato per molti anni il virus in questione, riuscendo ad isolare un caso nell'uomo nel 2008, cominciando poi la sperimentazione per un siero che lo combattesse.
"Nel 2014 - afferma il presidente dell'Aifa al Corriere del Veneto - con un gruppo di ricercatori europeo, abbiamo sperimentato un vaccino basato sulla proteina E di superficie che è in grado di riconoscere il recettore cellulare (DC-SIGN, integrine). Il vaccino ebbe successo sui macachi poiché vedemmo che preveniva l'infezione".
A questo punto, tuttavia, il virologo Palù sottolinea che il processo di sviluppo per un siero adatto all'uomo venne bloccato perché da parte dell'industria farmaceutica non c'era interesse a svilupparlo.
"Questo perché il virus ha una scarsa patogenicità, letalità bassissima e legato alla stagionalità. Il West Nile inoltre non è un virus pandemico, ma epidemico-endemico nel periodo estivo, un dato che scoraggia lo sviluppo di un vaccino".
Il microbiologo padovano ha asserito che l'80% dei casi è di persone contagiate, ma asintomatiche, il 20% ha una sindrome simil-influenzale e l'1% può portare ad una meninge-encefaletica:
"Un caso su dieci di questa minima porzione può portare a gravi conseguenze".
In assenza di un vaccino, quindi, il presidente dell'Aifa afferma che contro il West Nile non esistono terapie antivirali efficaci per la persona e quindi è importante seguire un approccio One-health, monitorando la presenza del virus sia nell'uomo, ma anche nelle zanzare e negli uccelli.
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