Allerta alimentare

Vongole ritirate dal commercio per alta presenza di Pfas: i prodotti richiamati

Si tratta di prodotti già cotti e sgusciati provenienti dal Vietnam ma venduti nei supermercati italiani

Vongole ritirate dal commercio per alta presenza di Pfas: i prodotti richiamati
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Vongole cotte e sgusciate ritirate dal mercato per la presenza eccessiva di Pfas. Una nuova allerta del Ministero della Salute che coinvolge stavolta i molluschi.

Troppi Pfas: vongole ritirate dal mercato

Il prodotto in questione è a marchio Marinai e il motivo dell'allerta alimentare è la presenza di sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) oltre i limiti di legge che può determinare un rischio chimico per la salute.

I prodotti richiamati sono le buste termosaldate da 120 grammi e 800 grammi, con il numero di lotto VN166VI026 e le date di scadenza 09/03/2026 (solo formato da 120 grammi) e 10/03/2026.

Le vongole richiamate sono state prodotte per Nai Prodotti Ittici Srl.dall’azienda Viet Long Kien Giang Limited Company (marchio di identificazione DL 166) nello stabilimento attivo di Kiên Lương, distretto di Kiên Lương, provincia di Kien Giang, in Vietnam.

Come sempre in questi casi l'indicazione è quella di non consumare il prodotto e di restituirlo al punto vendita per ottenere il rimborso o la sostituzione.

Le confezioni di vongole oggetto del richiamo

Cosa sono i Pfas e dove si trovano

Di Pfas si è sentito a lungo parlare ultimamente. Ma cosa sono? La sigla è l'acronimo inglese di “perfluorinated alkylated substances”, nascono negli anni '40 come composti chimici detti “di sintesi”. Oggi contiamo oltre 4.000 sostanze appartenenti a questa famiglia, molto utilizzate nell’industria. Si tratta di sostanze resistenti ai maggiori processi naturali di degradazione grazie alla presenza di legami molto forti tra atomi di fluoro e carbonio.

I processi industriali in cui i Pfas sono coinvolti sono moltissimi grazie alla loro resistenza e alla loro scarsa affinità sia con acqua sia con i grassi. Si tratta infatti di sostanze idrorepellenti e oleorepellenti.

Li troviamo:

  • nei prodotti ad uso domestico per conferire proprietà antiaderenti alle superfici interne delle pentole. Alcuni Pfas sono utilizzati in detergenti, lucidanti per pavimenti e vernici al lattice, come emulsionanti, tensioattivi o agenti umettanti. Inoltre, alcuni  sono utilizzati alla fine del processo di produzione per trattare tessuti, rivestimenti, tappeti e pelle per conferire resistenza all'acqua, all'olio, al suolo e alle macchie;
  • negli articoli medicali per impianti e protesi mediche e per prodotti come teli e camici chirurgici in tessuto non-tessuto per renderli impermeabili ad acqua e olio e resistenti alle macchie;
  • nella placcatura di metalli;
  • nella lavorazione del petrolio e nella produzione mineraria;
  • nella produzione di carte e imballaggi oleorepellenti e idrorepellenti nella produzione di tessuti, pelle, tappeti, abbigliamento e tappezzeria;
  • nel settore aeronautico, aerospaziale e della difesa, per la produzione dei vari componenti meccanici;
  • nel settore automobilistico, per migliorare i sistemi di erogazione del carburante e per prevenire infiltrazioni di benzina;
  • nella produzione di cavi e cablaggi, grazie alla bassa infiammabilità;
  • nell’edilizia, per rivestire materiali che diventino resistenti agli incendi o agli agenti atmosferici (come tessuti di vetro, piastrelle, lastre di pietra, cemento o metalli). Inoltre, sono utilizzati come additivi nelle pitture;
  • nel settore elettronico, grazie alle proprietà dielettriche e idrorepellenti;
  • nel settore energetico, per coprire collettori solari e migliorare la loro resistenza agli agenti atmosferici;
  • nei prodotti antincendio, come schiume ed equipaggiamenti.

Pfas: i rischi per la salute

Negli ultimi anni i Pfas e i loro derivati sono stati sotto indagine per il loro effetto negativo sull’ambiente e sulla salute. Sono recenti le notizie diffuse circa la contaminazione dell’acqua destinata al consumo giornaliero in Veneto e Lombardia.

Ma perché i rappresentano un rischio per l’uomo?

"Purtroppo possono penetrare nelle acque sotterranee – spiega il professor Benfenati alla Fondazione Veroniesi – se non ben gestiti durante i processi di lavorazione industriale, finendo per accumularsi anche nelle piante. Il rischio di ingresso nella catena alimentare, dunque, aumenta, assorbiti dal sangue con conseguenze che sono tuttora oggetto di numerosi studi scientifici per il loro impatto sulla salute".

Dai risultati di ultimi studi scientifici, sperimentali ed epidemiologici, l’Efsa - Autorità europea per la sicurezza alimentare - ha indicato un aumento dei livelli di colesterolo nell’uomo, e altri studi hanno mostrato alterazioni a livello di fegato e tiroide, del sistema immunitario e riproduttivo, e alcuni tipi di neoplasie.

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