Urso: "Accordo di programma ex Ilva il 12 agosto"
Il governo accelera per siglare in tempi brevi e tenere aperta la strada della reindustrializzazione. Ma Taranto chiede garanzie

Il futuro dell’ex Ilva di Taranto continua ad essere al centro del dibattito nazionale, sospeso tra promesse di decarbonizzazione, tensioni istituzionali e alternative territoriali. Dopo le dimissioni e il successivo rientro in carica del sindaco di Taranto, l’intero processo decisionale ha subito un rallentamento.
Lo ha confermato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, in visita al porto di Gioia Tauro, sottolineando come il Comune di Taranto abbia chiesto una proroga per esprimersi in modo ufficiale sull'accordo di programma.
La data chiave: 12 agosto 2025
La nuova scadenza è stata fissata per il 12 agosto 2025. Entro quella data, il Comune dovrà pronunciarsi formalmente sull’accordo interistituzionale che riguarda il piano di decarbonizzazione dell’impianto siderurgico. Secondo Urso, questo passaggio sarà fondamentale per definire la sede del futuro polo nazionale del Direct Reduced Iron (DRI), ovvero il preridotto che alimenterà i forni elettrici per la produzione di acciaio green.
Gioia Tauro pronta come alternativa
Proprio Gioia Tauro, ha spiegato Urso, potrebbe diventare l’alternativa a Taranto. La città calabrese possiede, secondo il governo, tutte le caratteristiche logistiche e infrastrutturali per ospitare il polo DRI, qualora Taranto dovesse tirarsi indietro.
Per questo è stato annunciato l’avvio immediato di un comitato tecnico interministeriale – coordinato dal Mimit, ma con la partecipazione dei dicasteri di Infrastrutture, Ambiente, Economia, SNAM, autorità portuale e ZES – che avrà il compito di valutare la fattibilità del sito calabrese. L'obiettivo è arrivare a una sintesi in tempi strettissimi, tenendo conto anche delle indicazioni che emergeranno dal consiglio comunale di Taranto.
L’accordo tra vincoli e resistenze
Il percorso, però, è tutt'altro che lineare. Il consiglio comunale di Taranto si riunirà il 6 agosto per discutere una posizione unitaria. Il clima è teso. I consiglieri di maggioranza hanno già sottoscritto un documento con sei condizioni imprescindibili per aderire all’accordo di programma.
Fra queste la chiusura graduale ma definitiva dell’area a caldo entro il 2030, l’avvio contestuale delle bonifiche ambientali, l’utilizzo progressivo di idrogeno verde per alimentare l’impianto DRI, l’adeguamento dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), la valutazione preventiva di impatto sanitario e ambientale e infine, la tutela occupazionale dei lavoratori diretti e dell’indotto, con piani di riqualificazione professionale.
Decarbonizzazione sì, ma con quale energia?
Non mancano però le contraddizioni. Il governo, infatti, continua a puntare su un modello di decarbonizzazione fondato sul gas – in particolare attraverso l’utilizzo di una nave rigassificatrice nei pressi dello stabilimento – una soluzione che il Comune di Taranto ha già respinto in modo netto.
Anche i comitati civici e ambientalisti hanno espresso forti perplessità, chiedendo un modello davvero sostenibile, basato esclusivamente su fonti rinnovabili e sull’idrogeno prodotto da energia solare ed eolica.
Cosa è successo a Roma
Durante l’ultima riunione interministeriale, del 31 luglio 2025, che ha coinvolto Urso e il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, non è stato firmato alcun accordo definitivo. Si è solo prodotto un verbale che riconferma l’obiettivo della decarbonizzazione del sito entro il 2032, data che molti ritengono troppo lontana.
Questo passaggio, tuttavia, ha consentito al ministero di aggiornare il bando di gara per la realizzazione del nuovo polo industriale, prorogando al 15 settembre il termine per la presentazione delle manifestazioni di interesse da parte di soggetti privati.
I costi della transizione
Quanto costerà la transizione ecologica dell’ex Ilva? Secondo Urso, tra 9,3 e 9,7 miliardi di euro, gran parte dei quali ancora da finanziare. L’unica cifra già stanziata con certezza è 1 miliardo di euro per sostenere DRI Italia, la società incaricata del progetto.

Il piano C del Comune
Il Comune di Taranto non si oppone alla decarbonizzazione in sé, ma propone un modello alternativo rispetto a quello del governo: un solo impianto DRI a supporto di tre forni elettrici, più compatibile – a detta dell’amministrazione – con la realtà territoriale e ambientale della città. È il cosiddetto "piano C", che si contrappone alle due ipotesi principali al vaglio del governo.
L'orizzonte temporale
I giorni che separano il consiglio comunale del 6 agosto e la riunione ministeriale del 12 agosto saranno decisivi. Da un lato, il governo accelera per siglare l’accordo in tempi brevi e tenere aperta la strada della reindustrializzazione. Dall’altro, Taranto chiede garanzie, trasparenza e una transizione che sia davvero sostenibile per il territorio e per i cittadini.
Resta da vedere se sarà possibile trovare un compromesso che soddisfi tutte le parti in causa. Altrimenti, il polo dell’acciaio verde potrebbe migrare altrove.