Uomo guarito dall'HIV con un trapianto di staminali: cosa ne sappiamo
Fondazione Veronesi: "Attenzione però ai facili entusiasmi: i casi ad oggi documentati rappresentano un 'effetto collaterale' delle cure anticancro"
Alla lista esigua - parliamo di meno di dieci persone al mondo - di persone che risultano guarite totalmente dall'HIV, si aggiunge un uomo di 53 anni. L'evento è stato possibile grazie a un trapianto di cellule staminali. Per tutti coloro che, legittimamente, si stanno quindi chiedendo per quale motivo tutti i pazienti sieropositivi non ricevano questo trattamento vi spieghiamo nel dettaglio i limiti, i rischi, gli esiti e le condizioni di tale procedura.
La notizia resta comunque estremamente positiva, perché aggiunge un tassello importante al percorso di ricerca volta a trovare una cura definitiva al virus della sindrome da immunodeficienza acquisita, meglio conosciuta con l'acronimo di AIDS. Al momento, però, la terapia d'elezione continua a rimanere con gli antiretrovirali, capaci di tenere a bada gli esiti nefasti della patologia per tutta la vita del paziente.
Pazienti guarito dall'HIV con le staminali
La manciata di persone che è completamente guarita dall'HIV grazie a un trapianto di cellule staminali, era afflitta da una patologia oncologica, questi pazienti hanno tutti una cosa in comune: hanno subito trapianti di midollo osseo/cellule staminali per combattere una neoplasia del sangue.
Il primo di loro è stato il famoso “paziente di Berlino”, un uomo che è stato in remissione completa dall'HIV per una dozzina di anni, deceduto nel 2020 a causa della leucemia. Il secondo è stato il “paziente londinese”, che risulta in remissione da quattro anni. Prima del 53enne, l'ultimo paziente ad essere guarito dall'HIV era stato un uomo di 66 anni, il più anziano della manciata ad aver avuto questa “fortuna”. Prima di lui era invece guarita una donna di mezza età.
Veniamo all'ultimo caso, relativo al 53enne, che ha ricevuto il trapianto di cellule staminali mutate nel 2011: il virus non è più rilevabile nel sangue, ma sporadicamente compaiono tracce di DNA attraverso la PCR, ad esempio in alcuni tessuti e in sottoinsiemi di cellule T periferiche. Testate su modelli animali, tuttavia, queste particelle virali non hanno tuttavia manifestato alcuna capacità di replicazione. Inoltre determinano una bassissima attivazione immunitaria. Per questo motivo i ricercatori dell'Ospedale Universitario di Düsseldorf hanno deciso di sospendere (con l'approvazione del paziente) la terapia a base di antiretrovirali a partire dal 2018. Oggi è considerato in remissione completa dall'HIV. I dettagli della ricerca sul suo caso sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature Medicine.
Cellule con una particolare mutazione
Non parliamo di staminali qualsiasi: il segreto di queste cellule risiede in una peculiare mutazione genetica chiamata CCR5Δ32, che ha la capacità di modificare l'espressione del corecettore CCR5 che è l'ancora che il virus sfrutta per legarsi e invadere le cellule umane. Nelle persone con questa mutazione l'HIV non “attecchisce” e quindi risultano protette dalla temibile infezione.
Come spiega la Fondazione Veronesi:
"Attenzione però ai facili entusiasmi: i casi ad oggi documentati - oltre ad essere eventi estremamente rari- rappresentano un "effetto collaterale" delle cure anticancro. Una procedura difficilmente applicabile in un individuo sieropositivo ma sano dal punto di vista oncologico. Il trapianto di midollo non è affatto una procedura priva di rischi. Non solo, il virus HIV può infatti entrare nelle cellule - seppur con frequenza minor e- attraverso recettori alternativi a CCR5. Ecco perché avere la mutazione non significa possedere uno scudo contro le infezioni da HIV. CCR5 sarà la prossima sfida dei farmaci per la cura dell'HIV ma non dimentichiamoci però di quanto già raggiunto: oggi gli antiretrovirali in commercio stanno salvando milioni di vite."
La guarigione è un evento rarissimo, meglio gli antiretrovirali
Perché non utilizzare il trapianto di staminali come terapia d'elezione?
Come spiegato dalla professoressa Jana k. Dickter di City of Hope, il centro di ricerca che ha curato il 66enne in remissione:
"Non rappresenta un'opzione adatta per la maggior parte delle persone con HIV".
La procedura è estremamente rischiosa ed elimina temporaneamente il sistema immunitario di una persona e può provocare gravissimi effetti collaterali. Tali rischi si possono correre per combattere un cancro che sta per ucciderti (come nel caso dei pazienti in oggetto) ma non per trattare una malattia che si può contenere con una terapia di farmaci antiretrovirali.
Ad oggi la terapia d'elezione resta quella con gli antiretrovirali, molecole che agiscono interrompendo selettivamente i meccanismi che il virus mette in atto per replicarsi e infettare nuove cellule. Farmaci che non eliminano definitivamente il virus ma che, presi per tutta la vita, consentono di tenere a bada l'HIV evitando che evolva in AIDS.