Un adolescente su tre non riconosce le fake news: il paradosso dell'iperconnessione
Un dato preoccupante emerge da una recente ricerca condotta dall’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano
Verrebbe da dire altro che "generazione di fenomeni". Un adolescente su tre non sarebbe in grado di riconoscere tra una corretta informazione scientifica dalle bufale pseudoscientifiche: insomma, vale tutto quello che si legge in giro.
Questa incapacità di senso critico e capacità di orientarsi fra le notizie offerte dal web si manifesta nonostante i giovanissimi passino quasi un quarto della loro giornata attaccati allo smartphone. La conoscenza del web non pare, dunque, essere un fattore protettivo dalle fake news. A certificare la desolante panoramica una ricerca di UniSR Università Vita-Salute San Raffaele.
Un adolescente su tre non sa riconoscere le bufale
Viviamo in un’epoca iperconnessa, in cui l’accesso all’informazione è a portata di click. Eppure, mai come oggi ci troviamo a fare i conti con una delle più insidiose conseguenze dell’era digitale: la disinformazione. I più giovani, nativi digitali, sembrerebbero essere i più vulnerabili. Un dato sconcertante emerge da una recente ricerca condotta dall’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano: un adolescente su tre non riesce a distinguere un’informazione scientifica da una bufala pseudoscientifica.
Smartphone e Disinformazione: un paradosso contemporaneo
I dati sono chiari: i giovani trascorrono oltre cinque ore al giorno con il cellulare in mano, quasi un quarto della loro giornata. Eppure, questa familiarità con il mezzo tecnologico non si traduce in una maggiore capacità critica. In un panorama informativo "inquinato", come lo definisce Carlo Martini, professore associato in Logica e Filosofia della Scienza presso UniSR, i ragazzi si trovano spesso spaesati, incapaci di riconoscere il valore delle notizie che consumano. Non sorprende che questo abbia un impatto diretto sulla loro capacità di pensiero critico, con le ragazze che, secondo lo studio, mostrano un’autovalutazione ancora più bassa rispetto ai coetanei maschi.
Un Laboratorio Sociale per Smontare le Fake News
Il progetto, parte del programma PERITIA del Consiglio Europeo della Ricerca, ha coinvolto 2.214 studenti di 19 istituti superiori tra Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna. Durante la prima fase, i ricercatori hanno ricreato un ambiente digitale simulato, specchio dell’esperienza informativa quotidiana dei ragazzi. Navigando tra smartphone e social network, gli studenti sono stati chiamati a valutare l’affidabilità di diverse notizie, dai temi ambientali a quelli sanitari.
I risultati? Deludenti. Solo il 32,8% degli adolescenti ha riconosciuto correttamente le notizie affidabili sul tema dell’ambiente, mentre per la salute la percentuale sale di poco al 36,9%. D’altro canto, quasi il 41% ha ritenuto affidabili notizie ambientali non valide, un dato che evidenzia una pericolosa difficoltà nel discernere il vero dal falso.
L’urgenza di interventi educativi
Se da un lato i giovani dimostrano di nutrire una fiducia medio-alta verso il mondo scientifico (con oltre il 74% che si dichiara abbastanza o molto fiducioso), dall’altro lato prevale uno scetticismo diffuso nei confronti del sistema informativo in generale. Questo scetticismo, spesso immotivato, rischia di erodere ulteriormente la già fragile capacità critica.
Per contrastare questa tendenza, i ricercatori di UniSR hanno annunciato l’avvio di un Osservatorio Permanente sulla Disinformazione Digitale, operativo dal gennaio 2025. Questo progetto mira a fornire agli studenti strumenti concreti per navigare con consapevolezza nel mare magnum dell’informazione digitale. L’obiettivo? Creare una generazione capace di leggere il web con occhio critico, salvaguardando il delicato rapporto di fiducia tra scienza e società.
Social Network, le fonti predilette
Instagram, TikTok, WhatsApp e Snapchat sono tra le piattaforme più utilizzate dai ragazzi, con una netta prevalenza femminile. Telegram e Facebook, invece, attirano maggiormente i maschi, anche se quest’ultimo è ormai relegato ai margini della loro dieta mediatica. Questi dati mettono in luce il ruolo centrale dei social nella formazione dell’opinione giovanile, un ruolo che, se non ben gestito, può alimentare il circolo vizioso della disinformazione.