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Tajani: “Aderiamo alla dichiarazione Onu per costruire lo Stato di Palestina ma non lo riconosciamo”

Sul riconoscimento dello Stato palestinese è scontro anche tra Trump e il premier inglese Starmer

Tajani: “Aderiamo alla dichiarazione Onu per costruire lo Stato di Palestina ma non lo riconosciamo”

Qualcosa si muove anche in Italia. Il governo si sta infatti preparando ad aderire alla dichiarazione delle Nazioni Unite sulla costruzione di uno Stato palestinese, ma senza compiere il passo formale del riconoscimento.

Lo ha annunciato il ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani, intervenendo a Palermo.

“Aderiamo alla dichiarazione Onu per la Palestina”

“Il 22 settembre a New York aderiremo con convinzione a una dichiarazione nell’ambito delle Nazioni Unite, con l’obiettivo di costruire uno Stato palestinese e far cessare le ostilità”, ha dichiarato il leader di Forza Italia.

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Antonio Tajani

La dichiarazione Onu, adottata il 12 settembre su proposta di Francia e Arabia Saudita, sarà la base del vertice internazionale previsto il prossimo lunedì.

Nel documento si chiede la fine della guerra a Gaza, il disarmo di Hamas e la consegna della Striscia all’Autorità palestinese, con il sostegno della comunità internazionale.

Per Israele, il testo è vergognoso

Israele ha reagito duramente, definendo il testo vergognoso. È per questo che, insieme a Stati Uniti, Ungheria e alcuni Paesi latinoamericani e del Pacifico, hanno votato contro. L’Italia ha invece sostenuto la risoluzione insieme alla maggioranza dell’Unione europea.

Nel suo intervento, Tajani ha poi definito la situazione nella Striscia di Gaza una vera e propria carneficina e ha condannato ogni progetto di espansione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania, o di sua annessione.

“Non possiamo e non vogliamo rassegnarci a un’ulteriore escalation militare, che aggraverebbe una crisi umanitaria già catastrofica”.

I Paesi che riconoscono lo Stato palestinese

Tuttavia, il ministro ha chiarito che l’adesione alla dichiarazione Onu non equivale al riconoscimento dello Stato di Palestina. Secondo l’opinione del governo, riconoscerlo oggi sarebbe inutile, perché di fatto non esiste uno Stato.

Una posizione che si discosta da quella di altri Paesi europei pronti a compiere un passo più netto. La Francia, con Emmanuel Macron, ha annunciato l’intenzione di riconoscere formalmente lo Stato di Palestina in occasione dell’assemblea delle Nazioni Unite, in corso a New York fino al 30 settembre.

Anche Belgio, Canada, Australia e Lussemburgo hanno confermato che faranno lo stesso a New York. A questi si aggiunge il Regno Unito, il premier Keir Starmer ha confermato il riconoscimento, definendo intollerabile la situazione a Gaza.

Trump: “Non sono d’accordo con Starmer”

Non tutti, però, sono d’accordo. Nella conferenza stampa congiunta dopo la visita di Stato nel Regno Unito, il presidente americano Donald Trump si è espresso sulla questione.

“Non sono d’accordo con il premier Starmer, è uno dei nostri pochi motivi di divergenza”, ha affermato il Tycoon.

Starmer con Trump

Trump ha ribadito che la priorità deve essere l’immediata liberazione degli ostaggi e ha accusato Hamas di essere brutale.

Riconosciuta da tre quarti dei 193 membri Onu

Ad oggi, la Palestina è riconosciuta da circa tre quarti dei 193 membri dell’Onu, soprattutto in Asia, Africa, America Latina e tra i Paesi a maggioranza musulmana.

Tra questi Brasile, Argentina, Messico, Sudafrica, Nigeria, Egitto, Cina e India. In Europa il fronte si è rafforzato negli ultimi anni: dopo la Svezia nel 2014 si sono aggiunte Spagna, Norvegia e Irlanda.

Ora si attendono Francia, Regno Unito, Belgio, Lussemburgo e altri partner occidentali come l’Australia.

L’Italia in una posizione intermedia

Il riconoscimento implica che una comunità internazionale consideri una determinata entità come Stato a pieno titolo con territorio, popolazione, governo e capacità di intrattenere relazioni diplomatiche.

La scelta italiana di sostenere la dichiarazione Onu, senza però giungere al riconoscimento, la colloca in una posizione intermedia: solidale con l’iniziativa diplomatica, ma cauta nell’assumere un impegno politico più vincolante.

Una linea che riflette la volontà di non isolarsi all’interno dell’Ue, mantenendo contemporaneamente equilibri nelle relazioni con Israele e con gli Stati Uniti. Ma è cautela o ignavia? Ai posteri l’ardua sentenza.