Supermercati, e-commerce, app di delivery: dove è meglio fare la spesa online

Fare la spesa online è diventata un'abitudine sempre più diffusa anche in Italia. Vuoi che ce l'ha "insegnato" il momento più duro della pandemia, vuoi che siamo presi da mille altri impegni, vuoi la comodità di non uscire e farsi portare la spesa a casa o ritirarla già fatta in negozio, senza code e lunghe scelte. Ma siamo davvero sicuri che sia meglio? E quali sono i supermercati più attenti a questo aspetto? Un aiuto in questo ci viene da Altroconsumo, che come fa spesso ha confrontato 12 tra supermercati, siti e app di delivery, stilando una sorta di "classifica".

Spesa online: cosa deve essere dichiarato

La legge norma il commercio online della spesa già da molto prima dell'emergenza sanitaria. Dal 2011 esiste un Regolamento europeo che stabilisce quali devono essere le informazioni sugli alimenti da fornire ai consumatori sui siti di vendita online, in modo che siano comparabili con quelle che si ritrovano sulle etichette dei prodotti alimentari venduti in negozio. Detto in parole povere, per dare le stesse possibilità di verificare il prodotto a chi lo compra da casa rispetto a coloro che si recano al supermercato.

Tendenzialmente si tratta dell’elenco degli ingredienti o della quantità netta dell’alimento, della presenza di allergeni e delle dichiarazioni nutrizionali.

Alcune indicazioni invece non sono sempre obbligatorie, anche quando il prodotto viene acquistato al supermercato: istruzioni per l'uso (solo quando la loro assenza rende difficile un adeguato utilizzo), origine del prodotto, gradazione alcolica (solo per alcol sopra l'1,2%).

Spesa online: l'indagine di Altroconsumo

L'indagine di Altroconsumo ha riguardato 12 piattaforme di vendita online suddivise tra supermercati, discount, siti di ecommerce e app di consegna a domicilio. Sono stati analizzati 418 prodotti alimentari appartenenti a sette diverse categorie:

• cereali per la prima colazione;
• biscotti petit e/o biscotti con gocce di cioccolato;
• crema spalmabile alla nocciola;
• latte Uht parzialmente scremato da 1 l;
• yogurt bianco magro in confezione da 125 ml;
• preparato in fiocchi per purè;
• birra in bottiglia da 66 cl.

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Spesa online: cosa va e cosa non va

Nel complesso, la maggior parte delle piattaforme riporta la lista degli ingredienti, dove manca in genere si tratta di latte Uht e in un caso di
una birra (Amazon), ossia di prodotti che non hanno l’obbligo di riportare questa indicazione nemmeno in etichetta. Anche le informazioni relative agli allergeni sono presenti nella maggior parte dei casi, come rivelano le percentuali elevate di esempi positivi.

Invece, peccano due app di food delivery (Deliveroo e Glovo) sia per gli ingredienti sia per gli allergeni.

La normativa prevede che anche in caso di vendita online sia riportato il nome e l’indirizzo di chi commercializza il prodotto. Impeccabili da questo punto di vista le catene della grande distribuzione, inadeguate invece Deliveroo e Glovo, inadempienti anche per le dichiarazioni nutrizionali.

L’indicazione di origine è obbligatoria per alcuni prodotti (latte e yogurt nel caso dell’inchiesta). A volte manca, ma ciò non sempre indica una mancanza di trasparenza da parte delle piattaforme perché l’obbligo di indicare il Paese di provenienza vige solo per i prodotti confezionati in Italia, non per quelli provenienti dall’estero. Glovo e Deliveroo non indicano l’origine del prodotto e nemmeno le modalità di conservazione.

A volte mancano le istruzioni d’uso previste dalla legge per alcuni tipi di prodotti (come il purè in fiocchi). Questa indicazione c’è quasi sempre sulle piattaforme online (a eccezione di Everly), mentre manca invece in modo sistematico sulle due app. Stessa dinamica per
l’indicazione del titolo alcolometrico dei campioni di birra che manca sulle app di food delivery.