DIRITTI CIVILI

Suicidio assistito per una 54enne malata di sclerosi multipla: prima applicazione della nuova sentenza della Consulta

Esteso il concetto di trattamento di sostegno vitale: La donna possiede tutti e quattro i requisiti

Suicidio assistito per una 54enne malata di sclerosi multipla: prima applicazione della nuova sentenza della Consulta
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Dopo settimane di risposte negative l'iter si è sbloccato ed è arrivato il via libera dell'Azienda sanitaria Toscana Nord-Ovest. Una donna di 54 anni rimasta completamente paralizzata a causa di una sclerosi multipla progressiva potrà ricorrere al suicidio assistito.

Si tratta della prima applicazione della nuova sentenza della Consulta, che ha esteso il concetto di trattamento di sostegno vitale.

Requisiti rispettati

La donna - che rifiuta la nutrizione artificiale - possiede tutti e quattro i requisiti per accedere legalmente al suicidio medicalmente assistito in Italia, ovvero quelli previsti dalla sentenza 242/2019 (Cappato/Dj Fabo). Lo ha reso noto l'Associazione Luca Coscioni (in copertina il tesoriere e figura simbolo Marco Cappato).

"L'impatto della nuova sentenza della Corte costituzionale sul fine vita ha iniziato a farsi sentire. In Toscana, l'ASL che aveva negato l'accesso al "suicidio assistito" a una donna affetta da Sclerosi Laterale Amiotrofica progressiva che aveva rifiutato la nutrizione artificiale, e quindi non era tenuta in vita da "trattamenti di sostegno vitale", ha annunciato che rivedrà ora il suo parere. Il pronunciamento della Corte infatti ha sciolto uno dei dubbi posti dalle Aziende sanitarie in merito alla possibilità di ottenere aiuto medico alla morte volontaria anche nel caso si sia rifiutato un trattamento di sostegno vitale", si legge.

"Ai fini dell’accesso alla morte assistita, con la sentenza 135 del 2024 i giudici della Corte hanno evidenziato che non vi può essere distinzione tra la situazione del paziente già sottoposto a trattamenti di sostegno vitale, di cui può chiedere l’interruzione, e quella del paziente che non vi è ancora sottoposto, ma ha ormai necessità di tali trattamenti per sostenere le sue funzioni vitali. Dal momento che anche in questa situazione il paziente può legittimamente rifiutare il trattamento, si trova già nelle condizioni indicate dalla sentenza 242 del 2019 sul caso "Cappato/Dj Fabo".

"Ecco perché, sebbene questa sentenza abbia mantenuto il criterio dei trattamenti di sostegno vitale per poter essere aiutati a morire in Italia, lo abbia di fatto ampliato, permettendo a persone in condizioni irreversibili, e sofferenze insopportabili, di essere aiutate a morire prima di dover subire trattamenti sanitari percepiti come invasivi".

L'effetto della sentenza

La Commissione medica dell'Azienda sanitaria ora aspetta di sapere le modalità di esecuzione e il medico scelto dalla donna. Fino a questo momento, l'Azienda sanitaria equiparava il rifiuto della nutrizione artificiale (Peg) all'assenza del "trattamento di sostegno vitale".

Nella nuova sentenza della Corte costituzionale 135 del 2024 però, i giudici costituzionali hanno chiarito come "non vi debba essere distinzione tra la situazione del paziente già sottoposto a trattamenti di sostegno vitale e quella del paziente che non vi è ancora sottoposto, ma ha ormai necessità di tali trattamenti per sostenere le sue funzioni vitali". Questo implica anche il rifiuto della nutrizione artificiale, il quale non deve essere considerato come assenza di trattamento di sostegno vitale.

Questi sono i quattro requisiti fondamentali affinché il suicidio assistito sia legale: la persona deve essere affetta da una patologia irreversibile, deve essere tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, deve soffrire di una condizione di sofferenza fisica o psicologica che trova intollerabile e come quarto requisito la persona deve essere pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli.

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