Il governo prepara la stretta sui maxi stipendi della Pubblica amministrazione.
Dopo la sentenza della Corte costituzionale del 28 luglio 2025 – se ne parlava già da anni – che ha cancellato il tetto dei 240mila euro per i dirigenti pubblici, l’esecutivo ha accelerato i lavori per evitare una crescita disordinata e generalizzata delle retribuzioni.
Stretta sui maxi stipendi della PA
In settimana potrebbe arrivare a Palazzo Chigi la circolare predisposta dal ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo che invita a non modificare le retribuzioni per evitare disparità tra uffici e aumenti non giustificati.

Gli eventuali incrementi potranno essere concessi solo se ci saranno risorse dedicate, già previste nel budget del personale. L’obiettivo è impedire che la fine del tetto crei un appiattimento verso l’alto degli stipendi dirigenziali.
Zangrillo ha spiegato che il governo vuole legare i salari a merito, produttività e responsabilità. Nessun aumento immediato, dunque, ma un sistema più equilibrato e selettivo.
La circolare del ministro Zangrillo
Il ministro ha anche chiarito che su questa linea c’è pieno accordo con il collega dell’Economia Giancarlo Giorgetti e che presto una proposta comune sarà portata a Palazzo Chigi.
Nella versione preliminare della circolare compaiono anche indicazioni pratiche sulla sentenza della Consulta. Per ora, gli unici che potranno avere aumenti sono alcuni alti funzionari che in passato avevano subito un taglio a causa del tetto ora abolito.
Per tutti gli altri dirigenti non è previsto nessun automatismo. Le regole definitive arriveranno con un Dpcm atteso a gennaio 2026 che sostituirà il vecchio limite con nuovi criteri.
Non più un tetto unico, ma stipendi calibrati su funzioni, risultati e disponibilità economiche. Le nuove norme non riguarderanno gli enti costituzionali (che decidono in autonomia) né le autorità (protette da regolamenti europei).
Il caso Brunetta
È il caso del Cnel di Renato Brunetta, già al centro di polemiche per gli aumenti approvati.
Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro aveva approvato una delibera che alza le retribuzioni portando lo stipendio di Brunetta da 240 a 310mila euro l’anno salvo poi cambiare idea a causa dell’irritazione della premier e dell’esecutivo.

Stessa cosa anche per Banca d’Italia, criticata dal senatore Maurizio Gasparri perché avrebbe trattamenti economici troppo elevati.
A gennaio arriverà il decreto
Il governo vuole evitare che il vuoto creato dalla sentenza porti a una corsa agli aumenti. La circolare di Zangrillo, pronta da tempo, dovrebbe essere il primo passo verso una riorganizzazione complessiva.
Poi, con il decreto di gennaio, arriverà la riforma vera e propria: niente più limite fisso, ma stipendi che tengano conto del merito e delle responsabilità. Un cambiamento che punta a rendere il sistema più chiaro, sostenibile e coerente.