La situazione

Smart working in calo e nella Pubblica amministrazione non ha funzionato: cosa succederà

Nel settore pubblico non ha portato molti benefici e ora il caro bollette rischia di renderlo meno appetibile per i lavoratori stessi. Ma un guadagno comunque c'è...

Smart working in calo e nella Pubblica amministrazione non ha funzionato: cosa succederà
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Da due anni e mezzo a questa parte ne sentiamo parlare: lo smart working è entrato nelle nostre vite. Ma ha prodotto effetti così positivi? Chi ne ha tratto vantaggio? E chi invece no? Stando a una recente indagine, quantomeno per le Pubbliche amministrazioni si è trattato di un flop. E ora con il caro energia che ci avvicina a un inverno molto costoso, anche molti dipendenti non sono più molto per la quale.

Smart working, chi ci ha davvero guadagnato?

Partiamo, come anticipato, dalle Amministrazioni pubbliche. Solo l’11,8% delle istituzioni pubbliche che ha svolto una qualche forma di monitoraggio ha asserito che vi siano stati effetti negativi, ma solo un terzo delle amministrazioni ha segnalato effetti positivi.

E mentre quasi la metà delle istituzioni pubbliche ha evidenziato la necessità di nuove competenze o professionalità digitali,  un effetto positivo del lavoro agile in termini di produttività è stato segnalato solo nel 44,8% dei casi.

Insomma, è cambiato poco. Lo dice esplicitamente la relazione finale della  Commissione tecnica sul lavoro agile nella Pubblica amministrazione, nominata l’8 marzo 2022 con decreto del ministro Renato Brunetta.

“Il lavoro da casa durante l’emergenza Covid non ha certamente consentito di avviare quei processi di trasformazione organizzativa da tutti auspicati, volti a riconoscere maggiore autonomia e responsabilità del dipendente, che invece dovrebbero essere al centro della adozione dello smart working”.

Cosa succede con il caro energia

Il caro bollette, soprattutto con la stagione autunnale e invernale alle porte, rischia inoltre di dare un'altra "mazzata" allo smart working. O meglio, di invertire la prospettiva. Perché se prima erano le aziende a storcere il naso e i dipendenti a richiedere la possibilità di lavoro agile, ora le parti potrebbero invertirsi.

Secondo  il report d'indagine dell'Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, l'80% dei dipendenti pubblici e privati interpellati è pronto a dire "no, grazie" alla possibilità di lavorare ancora da casa. Sempre dal sondaggio è emerso che l'unica possibilità di invertire questa risposta è che le aziende provvedano a un rimborso, magari anche forfettario e non necessariamente "al centesimo" (anche perché difficilmente calcolabile) dei consumi domestici legati allo smart working. Un'eventualità che ci pare davvero poco praticabile.

Ma quanto incide davvero il caro bollette?

Una ricerca dell'Osservatorio smartworking della School of management del Politecnico di Milano presentata  durante il convegno “SmartWorking: Il lavoro del futuro al bivio”, ha provato a fare un po' di chiarezza. Ed è emerso che nonostante gli aumenti alle porte, il saldo per il dipendente rimarrebbe comunque positivo, con un risparmio di circa 600 euro all'anno per chi lavora da casa due giorni alla settimana.

Lo smartworker che lavora due giorni a settimana da remoto risparmia in media circa mille euro all'anno, in particolare sui costi di trasporto. Il caro-bollette andrebbe a incidere per circa 400 euro, e dunque il saldo sarebbe comunque positivo.

Per le aziende, invece, la convenienza è maggiore, grazie all'ottimizzazione degli spazi e alla riduzione dei consumi, che può portare a un risparmio di circa 2.500 euro all'anno per lavoratore.

I numeri in calo

I numeri però sono comunque in calo. Nel 2022 il numero di coloro che hanno lavorato in modalità agile è sceso di circa 500.000 unità rispetto all'anno precedente (3,6 milioni contro 4,1). In particolare il calo è stato osservato nella Pubblica amministrazione (dove peraltro il ministro Brunetta una volta terminata la fase emergenziale aveva sollecitato al ritorno in presenza) e nelle piccole e medie aziende. Il modello invece sembra avere preso più piede e avere maggiori potenzialità di crescita nelle grandi aziende, per le quali è stimato un incremento di circa 30.000 smartworkers nel 2023.

Come ci si regola oggi

Il Decreto Aiuti bis ha prorogato la procedura semplificata sino al 31 dicembre 2022. Si tratta di una procedura che veniva utilizzata durante l'emergenza pandemica con l'obiettivo appunto di ridurre i passaggi burocratici. In sostanza basta che il datore di lavoro (nel settore privato) dia comunicazione telematica del lavoro agile senza la necessità di sottoscrizione dell'accordo individuale.

Qualora invece gli accordi di smart working si estendano oltre il 31 dicembre o siano stati sottoscritti accordi individuali, i datori di lavoro utilizzeranno la procedura ordinaria.

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