Da Prima Torino

Reperti archeologici trovati sotto terra ed esposti al museo senza autorizzazione: il direttore nei guai

A insospettire i Carabinieri sono state le incrostazioni terrose e le ossidazioni presenti e riconducibili alla provenienza dal sottosuolo delle monete

Reperti archeologici trovati sotto terra ed esposti al museo senza autorizzazione: il direttore nei guai
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Esposte in bella mostra dentro una vetrinetta di un museo di storia locale in Piemonte, ma non dichiarate: 35 monete antiche hanno attirato l'attenzione dei carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Torino, che hanno voluto vederci chiaro.

Monete trovate sotto terra e esposte senza autorizzazione

Come racconta Prima Torino, a insospettire i militari sono state soprattutto le incrostazioni terrose e le ossidazioni presenti e riconducibili alla provenienza dal sottosuolo delle monete. Dubbi confermati quando hanno chiesto al personale del museo da dove provenissero. I dipendenti, infatti, hanno effettivamente sostenuto di aver rinvenuto gli oggetti nei terreni della zona, per poi destinarli al museo.

I militari a questo punto hanno effettuato nuove verifiche, scoprendo che non era stata fatta alcuna comunicazione alle Autorità di Pubblica Sicurezza o alla Soprintendenza, come invece previsto dalla legge.

A quel punto le monete sono state sequestrate e il responsabile del museo è stato deferito per violazione in materia di ricerche archeologiche.

Cosa dice la normativa

La normativa penale vigente, riformata nel marzo 2022, sancisce che i reperti archeologici, da chiunque e in qualunque modo ritrovati nel sottosuolo o sui fondali marini del territorio nazionale, appartengono allo Stato.
In assenza di regolare titolo possesso, e fuori dai casi eccezionali di rinvenimento fortuito, devono essere restituiti al patrimonio pubblico. Nel caso specifico, il D.Lgs. 47/2004 del 22 gennaio 2004 prevede un’intera sezione che disciplina le ricerche, vietando di effettuare ogni tipo di ricerca nei terreni, salvo specifica autorizzazione ministeriale.

L’Art. 518-bis. - (Furto di beni culturali) previsto dal Codice Penale, applicabile nelle ipotesi di reato più gravi, recita:

"Chiunque si impossessa di un bene culturale mobile altrui, sottraendolo a chi lo detiene, al fine di trarne profitto, per sé o per altri, è punito con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500".

La pena è della reclusione da quattro a dieci anni e della multa da euro 927 a euro 2.000 se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell'articolo 625, o se il furto di beni culturali appartenenti alloStato è commesso da chi abbia ottenuto la concessione di ricerca prevista dalla legge.

Inoltre, chi viene a conoscenza di scavi archeologici clandestini o di detenzione illecita di materiale archeologico deve informare prontamente il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale oppure le Forze dell’Ordine presenti sul territorio per impedire la continuazione del reato.
Il Ministero della Cultura può rilasciare concessioni di ricerca a privati o enti pubblici aventi i requisiti scientifici di legge. Il progetto di ricerca deve avere un interesse culturale e una rilevanza scientifica e soprattutto deve essere compatibile con gli obiettivi di tutela territoriale dell’organo periferico del MiC preposto (Soprintendenza competente per territorio), ex art. 89 del D.Lgs. 42/04 e s.m.i.

Guai seri per chi usa il metaldetector

Si ricorda che l’uso del metaldetector per le ricerche archeologiche è così disciplinato:

1. pur essendone consentita la compravendita, la detenzione e l’uso del metaldetector, in nessun caso può essere utilizzato da privati per condurre ricerche su terreni pubblici o privati. L’uso dello strumento infatti potrebbe far rilevare la presenza di materiale archeologico sepolto che, per nessuna ragione va portato in luce con azioni improvvisate, senza un criterio scientifico. Il divieto dell’uso del metaldetector, per questo tipo di ricerca, non è limitato alle sole aree censite, bensì riguarda l’intero il territorio nazionale;

2. l’uso del metaldetector per la captazione in superficie su terreni è di fatto una vera e propria ricerca archeologica. Se si dà seguito alla percezione del segnale emanato dallo strumento, che rileva la presenza di metalli, e si seguita con la rimozione dello strato superficiale del terreno, per verificare la presenza di oggetti, si pone in essere una condotta illecita. Questo tipo di attività è materia devoluta per legge allo Stato (MiC).

3. qualora vi siano gli estremi per una scoperta fortuita di beni archeologici mobili o immobili, ne deve essere fatta denuncia entro ventiquattro ore al Soprintendente o al Sindaco ovvero all’autorità di pubblica sicurezza e si deve provvedere alla conservazione temporanea di esse, lasciandole nelle condizioni e nel luogo in cui sono state rinvenute. Della scoperta fortuita sono informati, a cura del Soprintendente, anche i carabinieri preposti alla tutela del patrimonio culturale, ex art. 90 del D.Lgs. 42/04 e s.m.i.

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