Rapporto Save The Children: un milione di minori non ha lo stretto necessario per vivere con dignità
In 15 anni in Italia la popolazione di minori è diminuita di circa 600 mila. Nello stesso arco di tempo è dilagata la povertà assoluta, con un milione di minori senza lo stretto necessario per vivere dignitosamente.
Con l’Atlante dell’infanzia a rischio Save th Children fornisce ogni anno una panoramica sulla condizione dell’infanzia a rischio in Italia, elaborando dati e riflessioni sulla condizione dei minori più vulnerabili nel Paese.
L’approfondimento realizzato nel 2021 "Il futuro è già qui" non poteva non tenere conto dei quasi due anni di pandemia con relativi risvolti particolarmente negativi sui più piccoli e sugli adolescenti. La fotografia scattata nella XII edizione dell'Atlante, diffuso a pochi giorni dalla Giornata mondiale dell'Infanzia e dell'Adolescenza, è quella di giovani generazioni su cui non si è investito a sufficienza e a cui è urgente fornire risposte concrete.
La povertà dei minori in Italia
Cala la popolazione di adolescenti, aumenta la povertà assoluta. In 15 anni in Italia la popolazione di bambine, bambini e adolescenti è diminuita di circa 600 mila minori e oggi meno di un cittadino su 6 non ha compiuto i 18 anni. Nello stesso arco di tempo è dilagata la povertà assoluta, con un milione di bambine, bambini e adolescenti in più senza lo stretto necessario per vivere dignitosamente. Tra il 2010 e il 2016 la spesa per l'istruzione è stata tagliata di mezzo punto di PIL, e si è risparmiato anche sui servizi alla prima infanzia, le mense e il tempo pieno, lasciando che, allo scoppio della pandemia, i divari e le disuguaglianze di opportunità spianassero la strada ad una crisi educativa senza precedenti.
La quota di "under-18" in povertà relativa presenta forti disuguaglianze territoriali con differenze significative tra regione e regione. Se in Trentino Alto Adige la stima era dell’8%, meno di 1 minore su 12 in povertà relativa, in Campania e Basilicata era del 34%, riguardava cioè 1 bambino su 3, nel 2020. L’Eurostat ha calcolato anche la povertà alimentare tra i bambini, facendo cioè una stima del numero di minori che non consumava neanche un pasto proteico al giorno. Nel 2019 il 6% dei minori tra 1 e 15 anni sperimentava questa forma di povertà, con livelli elevati anche in una regione ricca come la Lombardia, dove risiede un numero elevato di famiglie di origine straniera.
Perdita formativa
Gli Early School Leavers rappresentano la quota di ragazzi tra i 18 e i 24 anni che non studiano e non hanno concluso il ciclo d’istruzione. In Italia raggiungono il 13,1%; la media europea è 9,9%. La quota dei Neet - giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non sono inseriti in alcun percorso di formazione - raggiunge il 23,3% rispetto a quella europea che è al 13,7%.
Potenzialmente, la scuola è il luogo in cui tutti hanno pari opportunità di accesso all’educazione, ma con la pandemia è diventata un ulteriore vettore di ampliamento della forbice delle disuguaglianze. Nei mesi dell'emergenza sanitaria, lo svantaggio socio-economico familiare ha prodotto varie forme di povertà educativa, in particolare, gli alunni appartenenti a nuclei di livello socio-economico e culturale più svantaggiato hanno subìto una perdita di apprendimenti molto più netta nei mesi della crisi Covid.
I servizi educativi per la prima infanzia comprendono nidi, micronidi, sezioni primavera e servizi integrativi (spazi gioco, centri per bambini e famiglie, servizi in contesto domiciliare) e sono ancora poche le famiglie che riescono ad accedervi. Complessivamente questi servizi hanno offerto 361.318 posti nell’anno educativo 2019/2020, a copertura del 27% dei bambini in età. Se, però, si analizzano i soli servizi per l’infanzia finanziati dai Comuni, a usufruirne sono stati quasi 200 mila bambini, cioè il 14,7% del totale degli utenti 0-2 anni. Restano gravi le disuguaglianze nell’offerta dei servizi tra regione e regione e – in questo senso – sarà fondamentale monitorare gli investimenti del PNRR sulla prima infanzia affinché si cominci dalle aree più deboli e deprivate del Paese secondo un’ottica riparativa e compensativa.
Il futuro del pianeta e la fede nella scienza
Se la pandemia ha scardinato certezze e aspettative, giovani e giovanissimi non hanno smesso di avere presenti i grandi problemi planetari che siamo chiamati a risolvere. Sono grandi questioni, è vero, ma loro sanno bene che non sono lontane dalla quotidianità e le percepiscono in tutta la loro imminenza. Chiamati ad esprimersi su quali siano i problemi più imminenti che la scienza dovrebbe risolvere, gli adolescenti hanno individuato tra le priorità la lotta alla pandemia, la cura del cancro, lo smaltimento dei rifiuti e la transizione verso la produzione di energia sostenibile. Tra 10 anni, le questioni su cui la scienza dovrà concentrarsi, nella loro percezione, saranno l’invecchiamento della popolazione e la produzione di energia sostenibile. Spicca soprattutto la loro fiducia nella scienza e la maggior parte di loro è consapevole dell’importanza dei dati, delle analisi e delle ricerche scientifiche. La stessa consapevolezza si ritrova nel giudizio verso le nuove tecnologie, di cui si riconosce l’importanza anche nelle azioni quotidiane (incluso lo studio, in DAD e non solo).
Nonostante credano nella scienza, nella maggior parte dei casi non ricevono il supporto necessario per farne un indirizzo di studi: il 15% non crede di proseguire gli studi al termine delle scuole superiori e non frequenterà l’università e il 33% di quanti invece si iscriveranno a un ateneo, certamente non opteranno per un indirizzo scientifico. Interrogati sul futuro dopo la pandemia, il 50% pensa che il proprio avvenire economico rispetto a quello dei genitori sarà uguale o peggiore e il 54% afferma che anche la qualità della propria vita sarà uguale o peggiore di quella dei propri genitori.
Il PNRR dedica alla promozione delle competenze STEM, digitali e di innovazione degli studenti un investimento di 1,1 miliardi di euro, con particolare attenzione alle pari opportunità, e altri 2,1 miliardi di euro per la transizione digitale del sistema scolastico italiano, inclusa la costruzione di laboratori per le professioni digitali. Anche in questo caso sarà fondamentale monitorare la distribuzione dei fondi a partire dai minori che vivono nei contesti più svantaggiati.