Quella volta che Silvio Berlusconi andò alla Festa de L'Unità davanti a casa sua ad Arcore: "Sono un compagno come voi"
Era la fine degli anni Settanta e davanti a Villa San Martino c'era la festa dei "comunisti". Il Cavaliere scese con il pretesto di lamentarsi della musica alta e poi...
La morte di Silvio Berlusconi sta naturalmente monopolizzando l'attenzione dell'Italia e così sarà anche nei prossimi giorni, con la camera ardente e i funerali di Stato in programma mercoledì 14 giugno 2023 in Duomo a Milano. In queste ore, da quando si è diffusa la notizia del decesso dell'ex premier, i social e non solo sono tutti una selva di ricordi e messaggi commossi. Tra le sue frasi sul calcio, le reminiscenze di episodi curiosi, divertenti e anche controversi, la mente corre anche a noi indietro nel tempo per raccontarvi una scena che forse in pochi conoscono.
Quella volta che Silvio Berlusconi andò alla Festa de L'Unità
Che Silvio Berlusconi non avesse problemi a confrontarsi con i "rivali" è cosa risaputa. Con le sue grandi doti di comunicatore e - passateci la definizione - "show man", ha sempre saputo catalizzare l'attenzione. Lo fece anche una sera d'estate di fine anni Settanta - quando dunque la sua "discesa in campo" non era neppure immaginabile - quando ad Arcore uscì di casa per andare dove proprio non ce lo saremmo mai aspettati, alla Festa de L'Unità.
Sì, perché la grande manifestazione si svolgeva proprio di fronte a casa sua e il Cavaliere colse l'occasione di una "lamentela" per la musica troppo alta per scendere a fare quattro chiacchiere con quelli che sarebbero poi diventati i suoi "rivali".
"Sono un compagno come voi, ma sono un riformista"
L'episodio era stato raccontato - attraverso le testimonianze dei presenti - in un articolo del Giornale di Vimercate, firmato da Daniele Pirola (oggi direttore di News Prima) nell'agosto 2008, che vi riproponiamo qui in versione integrale.
Ad Arcore è ormai quasi una leggenda. Tutti, prima o poi, hanno sentito parlare di quella volta in cui Silvio Berlusconi andò a far visita ai comunisti in festa accampati sotto alle finestre di Villa San Martino. Passata di narratore in narratore, la storia del "compagno Cavaliere" si è comprensibilmente trasformata nel tempo, enfatizzata, colorita di bizzarrie, distorta fino ad assumere una dimensione quasi "mitologica", a cavallo fra realtà e favola. Eppure è una storia vera, che siamo riusciti minuziosamente a ricostruire nei dettagli grazie alle testimonianze di chi, quella sera, era presente.
Siamo alla fine degli anni Settanta (impossibile risalire esattamente all’anno, forse il 1977 o il 1978). A quell’epoca Berlusconi è un nome già noto nel panorama dell’imprenditoria meneghina. Ancora non ha varcato la soglia del mondo della televisione e dell’editoria, del Milan è ancora solo un semplice tifoso, ma è un costruttore intraprendente, capace di clamorose operazioni come quella che ha condotto alla nascita di Milano 2. E’ famoso, ma a livelli ancora lontani anni luce dal boom mediatico che lo farà emergere con impeto negli anni Ottanta.
Ha da qualche anno stabilito la propria residenza in città, nell’antica dimora dei conti Casati Stampa acquistata (era il 1973) grazie all'intermediazione di Cesare Previti (tutore della marchesina Annamaria). Davanti alla successivamente ribattezzata Villa San Martino, dove ai giorni nostri sorgono un giardinetto per i bimbi e un campo da calcio, in quegli anni c’era solo un ampio terreno agricolo: proprio lì, d’estate, la sezione cittadina del Partito comunista organizzava una delle più grandi e partecipate feste dell’Unità della zona.
Una sera di luglio accade l’imprevedibile. Forse a causa del gran caldo, il Cavaliere, insonne, decide, infatti, di uscire dal suo "castello", attraversare la strada e intrufolarsi nel capannello dei "rossi".
"Era da poco passata la mezzanotte, ma c’era ancora un’afa incredibile - raccontava Gennaro D’Agostino, storico tesserato del Pc, poi del Pds, dei Ds, e del Pd, scomparso da qualche anno - Era una sera infrasettimanale, quindi non c’era in giro molta gente: anzi, a dire il vero stavamo quasi per chiudere tutto e tornare a casa. A un tratto, accompagnato da Fedele Confalonieri, che però se ne stava qualche metro più indietro, quasi avesse un certo timore di noi, è arrivato Berlusconi. Senza alcun a esitazione si è piazzato in mezzo a noi e ha cominciato a parlare del più e del meno per un paio d’ore".
Il pretesto era quello di lamentarsi perché con la nostra musica facevamo troppo rumore - rievocava l’allora segretario del Pci, Ambrogio Riboldi, anch'egli scomparso - ma abbiamo capito subito che era solo una finta... giusto per cogliere l’occasione di scambiare quattro chiacchiere. Probabilmente era semplicemente curioso. Comunque aveva già aveva tutto il carisma che oggi ben conosciamo, non risparmiava battute e catalizzava su di sé l’attenzione di tutti".
"E, infatti, anche in quell’occasione ha dato vita a uno degli “show” che ogni tanto gli vediamo fare ancor oggi - ricorda Fausto Perego, storico esponente della sinistra arcorese, oggi consigliere comunale in quota al Pd - Me lo ricordo benissimo: camicia azzurra, pantaloncini corti chiari... Venne sotto al tendone ristorante e rimase lì a dissertare di politica a tutto campo".
"Eravamo come incantati, talmente era stata la sorpresa", è stato il ricordo di Valentino Ballabio, allora capogruppo dei comunisti nel parlamentino cittadino (poi avrebbe lasciato Arcore per diventare, per il Pci, sindaco di Cologno Monzese; negli ultimi anni ha scelto invece di estraniarsi dalle logiche dei partiti, pur rimanendo attivo nell’associazionismo e nei movimenti d’opinione della sinistra milanese). "Avendo visitato Mosca quando ancora faceva l’accompagnatore turistico - ha continuato - voleva sorprendere i comunisti di paese raccontando loro come fosse la “vera” Russia... Io, che ero già stato in Unione sovietica, inviato dal partito a seguire corsi di formazione politica nelle scuole leniniste, e che avevo visitato città, paesi, kolkos e fabbriche, me ne stavo zitto e lo lasciavo parlare... La sua era una visione davvero idilliaca di Mosca (della quale però aveva probabilmente conosciuto solo il volto più turistico), che decantava in ogni suo aspetto. Ogni tanto lo stuzzicavo con qualche domanda-trabocchetto, ma lui non si scomponeva e andava avanti come un treno nel suo eloquio. Era ad ogni modo davvero affabile e alla mano: la capacità di sapersi inserire negli ambienti più differenti che oggi ben conosciamo si coglieva già nettamente".
"Sono un compagno come voi, sono cresciuto sulle ginocchia di Nenni", giura addirittura di averlo sentito raccontare Gennaro D’Agostino. "In realtà - puntualizza Fausto Perego - era convinto che il Pci, dopo il compromesso storico firmato da Berlinguer, stesse sbagliando su tutta la linea: la vera risposta, secondo lui, erano i socialisti. “Io sì che sono un vero riformista, voi siete degli stalinisti”, ammiccava sorridendo, mentre già tesseva le lodi di Bettino Craxi, a suo dire il vero uomo nuovo della politica italiana".