Pendolari, che incubo!

La classifica delle peggiori linee ferroviarie d'Italia

Il rapporto Pendolaria 2023 di Legambiente traccia un quadro tutt'altro che confortante. Si investe troppo poco sul trasporto su rotaia

La classifica delle peggiori linee ferroviarie d'Italia
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La vita del pendolare, si sa, è piuttosto complicata. Tra ritardi, treni sovraffollati, corse annullate, non si sa mai cosa aspettarsi. Ma per qualcuno è più complicato che per altri. Ma quali sono le linee ferroviarie peggiori d'Italia? Ce lo dice Legambiente, nel suo annuale rapporto Pendolaria 2023.

Pendolaria 2023: le linee ferroviarie peggiori d'Italia

Ogni anno l'associazione ambientalista traccia un quadro della situazione e quello che ne esce è - per l'ennesima volta - ben poco confortante. Ritardi infrastrutturali, treni poco frequenti, linee a binario unico o ferme da tempo immemore sono solo alcune delle problematiche che affliggono il trasporto su rotaia nel nostro Paese, da Nord a Sud.

LEGGI QUI IL RAPPORTO COMPLETO PENDOLARIA 2023

I problemi sono molteplici un po' ovunque, ma in alcune tratte di più. E sono quelle identificate come le dieci linee ferroviarie peggiori d'Italia. Ecco quali sono:

Il divario tra Nord e Sud

Nonostante le linee peggiori siano dislocate un po' ovunque, come per molte cose in Italia anche il trasporto pubblico evidenzia un netto divario tra il Nord e il Sud. 

Nel Meridione circolano meno treni e più vecchi (l'età media è di 18,5 anni, anche se nel 2020 era di 19,2; al Nord è di 11,9), che si muovono per la maggior parte su linee a binario unico e non elettrificate. Per citare qualche un chiarificatore, in Sicilia ogni giorno si effettuano 506 corse di treni regionali, contro le 2.173 della Lombardia, nonostante un territorio più ampio e una popolazione di circa la metà degli abitanti. Senza contare le linee ferme da anni. E questo perché la flotta a disposizione è nettamente inferiore: 122 treni "contro" 521.

Legambiente sferza poi le Regioni sugli investimenti: nel 2021 sono stati in media pari allo 0,57% dei bilanci regionali. Poco, decisamente troppo poco a fronte di tante promesse e parole sugli incentivi all'utilizzo del trasporto pubblico. E questo si vede anche dai dati stilati dal Centro nazionale trasporti, che certifica come nel decennio 2010-2020 siano stati realizzati 310 chilometri di autostrade e migliaia di chilometri di strade urbane a fronte di 91 chilometri di metropolitane e 63 di tranvie.

Non solo treni, anche metro e tram sono inadeguati

A dimostrare la mancanza di cura per il settore del trasporto ferroviario sono gli scadenti numeri delle inaugurazioni di nuovi binari in città. I dati non mentono: negli ultimi quattro anni nelle città sono stati aperti in media 1,5 chilometri di metropolitana all'anno.  Nel 2018 ne sono stati creati 0,6, nel 2019 e 2020 neanche un nuovo tratto, nel 2021 1,7 chilometri, mentre nel 2022 il dato sale a 5,3 chilometri soltanto grazie all’apertura della prima tratta della linea  M4 a Milano.

Non va meglio per i tram: 2,1 chilometro all'anno dal 2018 a oggi, nessuno negli ultimi tre anni...

La gente torna (poco) sul treno

Gli investimenti sono necessari anche perché dopo i due anni di pandemia che hanno creato parecchi problemi alle linee ferroviarie (restrizioni, corse ridotte e anche il comprensibile timore da parte dei viaggiatori a salire su mezzi sovraffollati), i numeri di coloro che utilizzano il treno e i mezzi pubblici in generale è tornato a crescere, pure senza arrivare al livello del 2019.

Secondo i dati diffusi da Trenitalia, nel 2022 è stato registrato un aumento delle presenze sui treni del 40% (110% se consideriamo i treni ad alta velocità).

Una questione ambientale

L'utilizzo dei treni e dei mezzi pubblici in generale è anche e soprattutto una questione ambientale. Lo sa bene Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, che ha colto l'occasione per lanciare un appello affinché si torni a investire pesantemente sulla riconversione dei trasposti.

“Il processo di riconversione dei trasporti in Italia è fondamentale, se vogliamo rispettare gli obiettivi del Green Deal europeo, del taglio delle emissioni del 55% entro il 2030 e del loro azzeramento entro il 2050, visto che il settore è responsabile di oltre un quarto delle emissioni climalteranti italiane che, in valore assoluto, sono addirittura cresciute rispetto al 1990. Per questo è fondamentale invertire la rotta e puntare su importanti investimenti per la “cura del ferro” del nostro Paese, smettendola di rincorrere inutili opere come il Ponte sullo Stretto di Messina".

"Occorre investire in servizi, treni moderni, interconnessioni tra i vari mezzi di trasporto e con la mobilità dolce, in linee ferroviarie urbane, suburbane ed extraurbane, potenziando il servizio dei treni regionali e Intercity. Al ministro Matteo Salvini l’associazione ambientalista chiede di dedicare ai pendolari almeno la stessa attenzione che ha messo in questi mesi per il rilancio dei cantieri delle grandi opere”.

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