Psicosi in Veneto per il West Nile, ma i casi aumentano davvero
Numerosi i cittadini che segnalano ai centralini di avere dei sintomi potenzialmente riconducibili alla malattia e affermano di essere spaventati.
I casi di West Nile sono in continuo aumento, soprattutto in Veneto e principalmente nella provincia di Padova. E tra i cittadini scatta la psicosi: i centralini delle guardie mediche e i medici di famiglia sono letteralmente presi d’assalto.
West Nile, aumentano i casi
I bollettini medici non lasciano dubbi: i casi di West Nile sono in deciso aumento. E anche se la situazione al momento è sotto controllo, nei cittadini inizia a serpeggiare la preoccupazione. E così, come racconta Prima Padova, i centralini delle autorità mediche sono presi d'assalto da persone che temono di aver contratto il virus.
La situazione parrebbe piuttosto critica a Padova: tra città e provincia, infatti, i casi ufficiali sono già 68, di cui 42 neuroinvasivi, 19 con febbre, 3 apiretici, 2 asintomatici, più altri da definire. In totale si parla di 5 decessi.
Scatta la psicosi
E così, a causa dell'incremento senza soluzione di continuità, cresce anche la paura. Numerosi sono i cittadini che in questi giorni stanno contattando guardia medica o il proprio medico di famiglia segnalando di avere dei sintomi potenzialmente riconducibili alla malattia e affermando di essere spaventati.
Le telefonate sono prevalentemente per avere delle risposte sui dubbi sul West Nile (senza dimenticare che è ancora presente il Covid), ma non mancano anche le email e la richiesta di rassicurazione.
Ma come proteggersi?
L'Ulss 6 Euganea ha ribadito che per proteggersi è indispensabile utilizzare prodotti a base di principi attivi ad azione repellente registrati come Presidi Medico Chirurgici (PMC) presso il ministero della Salute o come Biocidi secondo quanto sancito dal Regolamento UE 528/2012. I prodotti di comprovata efficacia sono quelli contenenti i seguenti principi attivi:
- dietiltoluamide (DEET)
- icaridina (KBR 3023)
- etil butilacetilaminopropionato (IR3535)
Cosa è il virus West Nile
La febbre West Nile (West Nile Fever) è una malattia provocata dal virus West Nile (West Nile Virus, Wnv), un virus della famiglia dei Flaviviridae isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda, appunto nel distretto West Nile (da cui prende il nome). Il virus è diffuso in Africa, Asia occidentale, Europa, Australia e America.
I serbatoi del virus sono gli uccelli selvatici e le zanzare (più frequentemente del tipo Culex), le cui punture sono il principale mezzo di trasmissione all’uomo. Altri mezzi di infezione documentati, anche se molto più rari, sono trapianti di organi, trasfusioni di sangue e la trasmissione madre-feto in gravidanza. La febbre West Nile non si trasmette da persona a persona tramite il contatto con le persone infette. Il virus infetta anche altri mammiferi, soprattutto equini, ma in alcuni casi anche cani, gatti, conigli e altri.
Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta varia fra 2 e 14 giorni, ma può essere anche di 21 giorni nei soggetti con deficit a carico del sistema immunitario.
I sintomi
La maggior parte delle persone infette non mostra alcun sintomo. Fra i casi sintomatici, circa il 20% presenta sintomi leggeri: febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, sfoghi cutanei. Questi sintomi possono durare pochi giorni, in rari casi qualche settimana, e possono variare molto a seconda dell’età della persona. Nei bambini è più frequente una febbre leggera, nei giovani la sintomatologia è caratterizzata da febbre mediamente alta, arrossamento degli occhi, mal di testa e dolori muscolari. Negli anziani e nelle persone debilitate, invece, la sintomatologia può essere più grave.
I sintomi più gravi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette (1 persona su 150), e comprendono febbre alta, forti mal di testa, debolezza muscolare, disorientamento, tremori, disturbi alla vista, torpore, convulsioni, fino alla paralisi e al coma. Alcuni effetti neurologici possono essere permanenti. Nei casi più gravi (circa 1 su mille) il virus può causare un’encefalite letale.