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Profughi di serie A e di serie B: l'arrivo degli ucraini cambia il destino degli "altri" migranti

Il sistema rischia di collassare e nella percezione delle persone e nella gestione burocratica i non ucraini se la passano sempre peggio.

Profughi di serie A e di serie B: l'arrivo degli ucraini cambia il destino degli "altri" migranti
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Sono già più di 110.000 i profughi arrivati dall'Ucraina in Italia dall'inizio della guerra. Accolti principalmente da connazionali e famiglie. Il loro arrivo ha fatto passare in secondo piano gli "altri" migranti, che ancora oggi arrivano nel nostro Paese in maniera massiccia. E per loro la situazione - che già non era semplicissima - è ulteriormente peggiorata.

I profughi ucraini e gli "altri" migranti

Un tema molto delicato, che abbiamo affrontato con Gianfranco Schiavone, studioso delle migrazioni internazionali e presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà-Ufficio Rifugiati. Tra i fondatori del sistema Sprar-Sistema nazionale di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, è stato anche vice presidente nazionale dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione. È autore di numerose pubblicazioni in tema di diritto dell’immigrazione e protezione internazionale.

gianfranco schiavone
Gianfranco Schiavone

Quali sono le differenze tra la gestione "tradizionale" dei migranti e quella dei profughi ucraini?

"Formalmente il procedimento è uguale. La grande differenza, che reputo positiva, è che si è scelto in questo caso di puntare maggiormente sull'accoglienza familiare. Questo si traduce in aspetti positivi e negativi. I primi sono senza dubbio la maggiore velocità di collocamento e la riduzione dei tempi per il rilascio del permesso di soggiorno e per tutte le pratiche legate ad esempio all'assistenza sanitaria e alla scolarizzazione dei minori".

E i lati negativi?

"Gli aspetti negativi sono legati agli 'altri' migranti. Il personale che si occupa delle procedure amministrative è lo stesso e diventa molto più complesso e laborioso seguire tutti. In molte città ci si sente rispondere 'abbiamo già gli ucraini'.  In più si avverte una forma di 'pressione' per sistemare più rapidamente la popolazione ucraina, formata per la maggior parte da soggetti vulnerabili, donne e bambini. Il sistema però fa fatica".

In che senso?

"Il sistema nazionale di accoglienza, già insufficiente alle soglie del 2018, tra quell'anno e il 2020 si è enormemente contratto in ragione di orientamenti politici pregiudizialmente contrari all'accoglienza e specie proprio a quella migliore forma di accoglienza che è l'approccio "diffuso" che evitava di puntare sui grandi centri.  Con l' arrivo degli sfollati ucraini la situazione è ovviamente peggiorata nonostante ci sia stato un aumento dei posti disponibili ma molto modesto. Il sistema nazionale regge solo perché la gran parte dell'accoglienza è gestita direttamente dagli ucraini che vivono in Italia (che sono circa 220.000), cosa che ha permesso di evitare il collasso".

La situazione potrà reggere?

"Difficile dirlo. Immaginiamo la badante ucraina che vive in un monolocale in Italia: oggi per un periodo limitato di tempo ha magari dato disponibilità a ospitare 3-4 connazionali, ma è una situazione destinata a non durare troppo a lungo. E il rischio è di trovarsi a breve con migliaia di profughi a cui fornire accoglienza".

Si avverte una percezione diversa dei profughi ucraini rispetto agli altri. E' solo una sensazione o è davvero così?

"E' assolutamente così. E' abbastanza inevitabile e entro certi limiti non ci trovo nulla di male. Percepiamo la gravità e l'intensità di un conflitto che sentiamo vicino e che ha travolto persone indifese in un contesto europeo. Il cambio di registro nei confronti degli 'altri', passando al rifiuto però è inaccettabile".

La politica ha qualche colpa?

"Certo. In alcune situazioni i nostri politici hanno dato il peggio. Penso a chi quando sono iniziati ad arrivare gli ucraini ha detto 'questi sono i profughi veri'. Una violenza ideologica inaccettabile".

E' vero che molti stanno già tornando indietro?

"Non abbiamo dati certi, ma è una situazione reale. E' un fenomeno normale dato che proprio per l'urgenza e la gravità della situazione è stata concessa maggiore libertà di movimento, una novità rispetto al passato. Sapere che possono entrare e uscire liberamente e che l'accesso in Italia non è un 'bonus da spendere' una volta sola permette anche a loro di essere più tranquilli. Ci sono zone dell'Ucraina dove il conflitto oggi non c'è più e dove in molti stanno tornando. Siamo di fronte poi a una popolazione che non ha ancora scelto cosa fare per il proprio futuro e il desiderio di tornare a casa è ancora forte".

Cosa succederà nel prossimo futuro?

"Difficile dirlo. C'è una serie di fattori post-bellici da tenere in considerazione. Ma anche il Governo italiano deve prendere una posizione. Bisognerà capire se la protezione temporanea fornita agli ucraini  verrà convertita in un permesso per il lavoro o la ricerca di lavoro. In passato venne fatta questa scelta per il Kosovo e l'auspicio è che questo avvenga ancora".

Tomaso Garella

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