Prelievi col bancomat all'insaputa del cliente? Deve pagare la banca
Chiusa una vicenda iniziata 15 anni fa a Salerno. La correntista aveva perso in primo grado e in appello, la Suprema Corte ha ribaltato il tutto
Una sentenza che, come si suol dire in questi casi, farà giurisprudenza. La Corte di Cassazione ha stabilito che in caso di prelievi fraudolenti col bancomat all'insaputa del cliente deve essere la banca a risarcire.
Prelievi fraudolenti col bancomat, paga la banca
Secondo la Suprema Corte, intervenuta nei giorni scorsi con un'ordinanza che ha concluso una vicenda iniziata 15 anni fa:
"La diligenza della banca va a coprire operazioni che devono essere ricondotte nella sua sfera di controllo tecnico, sulla base anche di una valutazione di prevedibilità ed evitabilità tale che la condotta, per esonerare il debitore, la cui responsabilità contrattuale è presunta, deve porsi al di là delle possibilità esigibili della sua sfera di controllo".
Cosa era successo
La vicenda risale appunto a 15 anni fa a Salerno, dove una correntista aveva citato il proprio istituto di credito sostenendo di avere subito prelievi fraudolenti per una cifra di 5.725 euro in 23 operazioni contestate, che sarebbero avvenute sia mentre la donna era in Italia che durante i viaggi all'estero, e perfino dopo aver sostituito la vecchia carta con una nuova.
Secondo quanto sostenuto dalla correntista, gli addebiti erano da imputarsi "alla negligenza della banca" che non aveva adottato "cautele idonee a scongiurare operazioni illecite da parte di terzi".
In Tribunale, però, la sua istanza era stata respinta sia in primo grado che in appello. Tra le motivazioni il fatto che anche se la carta fosse stata clonata - come sosteneva la banca - sarebbe comunque servito il pin per prelevare. E dunque, l'ipotesi è che i prelievi fossero stati eseguiti da familiari e conoscenti della donna.
La sentenza ribaltata in Cassazione
La Cassazione ha invece ribaltato completamente il giudizio.
"La responsabilità della banca per operazioni effettuate a mezzo strumenti elettronici, con particolare verifica della loro riconducibilità alla volontà del cliente, mediante il controllo dell'utilizzazione illecita dei relativi codici da parte di terzi, va esclusa se ricorre una situazione di colpa grave dell'utente, configurabile, ad esempio, nel caso di protratta attesa prima di comunicare l'uso non autorizzato dello strumento di pagamento, ma il riparto degli oneri probatori posto a carico delle parti segue il regime della responsabilità contrattuale".
"Mentre il cliente è tenuto a provare la fonte del proprio diritto e il termine di scadenza, il debitore, cioè la banca, deve provare il fatto estintivo dell'altrui pretesa, sicché non può omettere la verifica dell'adozione delle misure atte a garantire la sicurezza del servizio".
Pertanto, "essendo la possibilità della sottrazione dei codici al correntista attraverso tecniche fraudolente un'eventualità rientrante nel rischio d'impresa, la banca per liberarsi dalla propria responsabilità, deve dimostrare la sopravvenienza di eventi che si collochino al di là dello sforzo diligente richiesto al debitore".