Alta tensione

Polemica sulle prescrizioni di Palazzo Chigi contro la tentata scalata di Unicredit a Banco Bpm

La banca guidata da Andrea Orcel avrebbe già predisposto il ricorso e dal governo trapela fastidio

Polemica sulle prescrizioni di Palazzo Chigi contro la tentata scalata di Unicredit a Banco Bpm

Si riaccende lo scontro tra Unicredit e il governo sulle prescrizioni imposte dal golden power nell’operazione – poi abortita – di acquisizione di Banco Bpm.

La banca guidata da Andrea Orcel avrebbe già predisposto il ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar del Lazio che, lo scorso luglio, aveva annullato solo due delle quattro condizioni stabilite da Palazzo Chigi il 18 aprile 2025.

Tensione tra Palazzo Chigi e Unicredit

La tensione tra Unicredit e il governo torna a salire mentre da Bruxelles si attende ancora il giudizio della Commissione europea sul provvedimento di Palazzo Chigi.

Per capire su quali basi poggia l’eventuale appello occorre tornare alla sentenza del 12 luglio. In quell’occasione il Tar aveva accolto soltanto una parte delle obiezioni sollevate da Unicredit contro le quattro condizioni imposte dal golden power, annullando le due ritenute più deboli sotto il profilo giuridico.

L’amministratore delegato di UniCredit Andrea Orcel

La prima riguardava l’obbligo di mantenere per cinque anni invariato il rapporto impieghi/depositi in Italia e la seconda interveniva sul portafoglio di project finance delle due banche che il decreto governativo imponeva di non ridurre senza alcun limite temporale.

Quelle due prescrizioni sono cadute, ma le altre due – le più pesanti agli occhi di Unicredit – sono invece rimaste in piedi.

L’uscita dal mercato russo e il nodo di Anima

La più contestata è il vincolo che impone alla banca di completare l’uscita dal mercato russo entro gennaio 2026. Una clausola che Unicredit considera irrealistica e persino tecnicamente impossibile da rispettare.

Questo perché le condizioni di uscita dipenderebbero in ultima istanza dalle autorizzazioni delle autorità di Mosca. Secondo Repubblica, proprio su questo punto si concentrerà il ricorso al Consiglio di Stato.

Resta inoltre il nodo di Anima, la società di gestione del risparmio controllata da Banco Bpm, per la quale il governo ha imposto di mantenere invariata l’esposizione in titoli di Stato italiani. Anche questo vincolo è considerato da Unicredit un’interferenza non compatibile con l’autonomia prevista dalla normativa Mifid e dalle regole europee.

I timori per le operazioni internazionali

L’eventuale ricorso, però, non avrebbe solo valore difensivo rispetto al dossier Banco Bpm, ormai archiviato.

Nelle ricostruzioni emerge la volontà di Unicredit di liberarsi da quello che considera uno stigma potenzialmente dannoso anche per future operazioni internazionali.

L’esperienza italiana, temono ai piani alti della banca, potrebbe essere utilizzata come precedente anche in altri Paesi, compresa la Germania dove da oltre un anno è in corso la lenta salita nel capitale di Commerzbank.

Da Palazzo Chigi trapela fastidio

Il tempo stringe: la finestra utile per impugnare la sentenza del Tar scade mercoledì, al termine dei 60 giorni previsti dalla legge.

In questo clima teso, le indiscrezioni sull’imminente ricorso non sarebbero state accolte con entusiasmo dal governo.

Da Palazzo Chigi, secondo quanto riportato, trapela fastidio.