La svolta anti spreco

Perché Granarolo ha detto addio al latte fresco

L'azienda ha preferito il pastorizzato a temperatura elevata. Per il consumatore cambia pochissimo

Perché Granarolo ha detto addio al latte fresco
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Granarolo non produrrà più latte fresco. La decisione - per certi versi shock - è motivata dall'eccessivo spreco e da alcune particolari norme tutte italiane.

Perché Granarolo non produce più il latte fresco

Tra gli scaffali dei supermercati, infatti, non trovate più il latte fresco a marchio Granarolo (ma anche  quelli della Centrale del latte di Milano e della Calabria), ma soltanto quello pastorizzato a temperatura elevata. La differenza sta nella "durata": il latte fresco dura sei giorni, il pastorizzato dieci. 

L'idea di eliminare la produzione del prodotto era già nata qualche tempo fa, "ispirata" dai primi mesi della pandemia, quando la gente andava con meno frequenza al supermercato (c'erano addirittura Comuni in cui si poteva andare solo in giorni prefissati in base all'iniziale del cognome, per evitare assembramenti) e dunque preferiva acquistare il latte a lunga conservazione, evitando così di buttare il prodotto.

Una questione anche di costi

Un'altra questione è quella dei costi. In molti, infatti, preferiscono acquistare prodotti con scadenza più lontana. Pensate infatti di comprare un litro di latte che scade il giorno dopo: difficilmente riuscirete a consumarlo tutto. E così spesso i supermercati ritirano le confezioni anche pochi giorni prima (o il giorno stesso) della scadenza. Un fattore che ha un impatto non di poco conto sui costi, perché il reso e lo smaltimento naturalmente si pagano. 

Una parte delle confezioni "scartate" vengono destinate alle associazioni di volontariato, un'altra all'alimentazione animale, mentre la bottiglia viene inserita nel circuito di recupero e riciclo.

Cosa dice la legge

In Italia la scadenza del latte fresco a sei giorni dal confezionamento è fissata dalla legge 204 del 3 agosto 2004, che aveva già ampliato i termini rispetto alla precedente (la numero 169 del maggio 1969), che stabiliva che andava consumato entro quattro giorni. Ma, come è facile comprendere, i tempi sono cambiati e negli ultimi vent'anni le condizioni di produzione sono decisamente progredite (come tutto, per la verità). E così appare quasi anacronistico ipotizzare che la conservazione del latte sia la stessa di due decenni fa.

Peraltro l'Italia è l'unico Paese europeo ad avere una normativa così stringente sul tema. Nel resto del Vecchio Continente la scadenza dei prodotti alimentari è stabilita dal produttore, che ovviamente deve attenersi ad alcune specifiche (materie prime, ingredienti, sistemi di confezionamento, conservazione e distribuzione).

Cosa cambia

Ma nel concreto, per il consumatore cosa cambia? Poco, per la verità. Granarolo ha semplicemente alzato di qualche grado la temperatura di pastorizzazione. Sulle etichette, poi, compare una dicitura differente: quella canonica “latte fresco pastorizzato di alta qualità” è stata sostituita con “latte pastorizzato a temperatura elevata ottenuto da latte crudo per l’alta qualità”. Ma per il resto non cambia praticamente nulla.

 

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