Le croci sulle montagne restano. Il Cai: "Nessuna volontà di toglierle"
Santanché e Salvini sulle barricate. Dopo le polemiche il "dietrofront"
Guardando le vette delle montagne, spesso notiamo la presenza di una croce. Una situazione che potrebbe non ripetersi più. Ma perché ci sono le croci in montagna? E cosa sta succedendo?
La vicenda ha suscitato parecchie polemiche, con tanto di interventi di politici di primo piano e ministri, e di "retromarcia" del Cai.
Perché ci sono le croci sulle vette delle montagne
Ci sono vari motivi che spiegano la presenza delle croci sulle vette delle montagne. Molte furono piazzate alla fine della Seconda guerra mondiale come simbolo di speranza e pace. Altre sono state posizionate sulla cima dei monti in memoria di persone scomparse, particolarmente legate a un luogo o alla montagna in generale.
Ma rappresentano anche il raggiungimento di un obiettivo, un simbolo di vicinanza con il Divino, un po' come anche in altre culture e religioni (anche sulle vette dell'Himalaya sono presenti numerosi simboli che ricordano Buddha). E anche un sollievo: la montagna è fatica, sofferenza e sollievo finale nel raggiungere la meta, rappresentata appunto dalla croce.
Insomma, un mix di significati, a cui poi ciascuno di noi può attribuirne uno proprio.
Basta croci sulle montagne: cosa succede
Ma anche questo simbolo potrebbe presto andare perso. O quantomeno non crescere più. Perché la tendenza oggi - che trova d'accordo anche il Cai, il Club Alpino Italiano - è quella di non installare più altre croci sulle montagne.
L'argomento è uscito giovedì 22 giugno 2023 durante un convegno organizzato all’Università Cattolica di Milano e dedicato alle tematiche proposte nel libro Croci di vetta in Appennino di Ines Millesimi.
Al convegno - a cui hanno partecipato Monsignor Melchor José Sànchez de Toca y Alameda (relatore del Dicastero delle Cause dei Santi), lo scrittore Marco Albino Ferrari in rappresentanza del Cai e il professore di diritto dell'Università Cattolica Marco Valentini - si è registrato un punto di convergenza culturale, giuridico, storico e perfino religioso; una prospettiva che ha trovato tra i presenti una larga concordanza sulla necessità di lasciare integre le croci esistenti, perché testimonianze significative di uno spaccato culturale, e allo stesso tempo di evitare l’istallazione di nuovi simboli sulle cime.
Perché non mettere più croci sulle montagne
Il dibattito, come sempre quando si parla di croci (dai crocifissi nelle scuole in poi), è fervente e l'argomento è divisivo. Il Cai, però, condivide la tesi. Lo ha spiegato la stessa associazione sul suo sito Lo Scarpone:
"Ci sono argomenti che, più di altri, spaccano in due la sensibilità degli appassionati di montagna, senza lasciare spazio alle mezze misure. Uno di questi è rappresentato dalle croci di vetta".
"Ogni notizia legata a una croce porta alla rapida formazione di schieramenti netti, distinti, precisi. Tale dinamica purtroppo intorbidisce il dibattito, trasformandolo in alterco; in un battibecco su cui, purtroppo, non pochi tendono a speculare".
E poi, direttamente sulla tesi di non posizionare nuove croci:
"Il Club Alpino Italiano condivide questa tesi. Il Cai guarda infatti con rispetto le croci esistenti, ma non solo: si preoccupa del loro stato ed eventualmente, in caso di necessità, si occupa della loro manutenzione (ripulendole dagli adesivi, restaurandole in caso di bruschi crolli, …). Questo perché – è giusto evidenziarlo una volta di più – rimuoverle sarebbe come cancellare una traccia del nostro cammino; un’impronta a cui guardare per abitare il presente con maggior consapevolezza".
"Ed è proprio il presente, un presente caratterizzato da un dialogo interculturale che va ampliandosi e da nuove esigenze paesaggistico-ambientali, a indurre il Cai a disapprovare la collocazione di nuove croci e simboli sulle nostre montagne.
Che poi, a ben guardare, è lo stesso metro che il sodalizio ha adottato con i rifugi e con le vie ferrate, prendendosi cura delle strutture esistenti e, al contempo, dichiarandosi contrario alla realizzazione di nuovi innesti"."Sarebbe interessante se, per una volta, il dibattito riuscisse a smarcarsi dalla logica del tifo per abbracciare il desiderio di ascoltare, comprendere e riflettere. Una necessità di dialogo che di sicuro alzerebbe il livello del dibattito".
Le polemiche: intervengono anche Salvini e Santanché e il Cai si "scusa"
La questione è subito diventata politica, e la maggioranza di Centrodestra è insorta. A partire dal ministro del Turismo Daniela Santanché, che ha lamentato di non essere stata informata di nulla (anche se nella realtà dei fatti non c'è stata nessuna decisione presa, ma soltanto un dibattito).
"Resto basita dalla decisione del Cai di togliere le croci dalle vette delle montagne senza aver comunicato nulla al ministero. Non avrei mai accettato una simile decisione che va contro i nostri principi, la nostra cultura, l'identità del territorio, il suo rispetto"
A quel punto è intervenuto il presidente generale del Club alpino italiano Antonio Montani, che ha chiarito la questione:
"Non abbiamo mai trattato l'argomento delle croci di vetta in alcuna sede, tantomeno prendendone una posizione ufficiale. Quanto pubblicato è frutto di dichiarazioni personali espresse dal direttore editoriale Marco Albino Ferrari durante la presentazione di un libro.
Personalmente, come credo tutti quelli che hanno salito il Cervino, non riesco ad immaginare la cima di questa nostra montagna senza la sua famosa croce.
Voglio scusarmi personalmente con il Ministro per l'equivoco generato dagli articoli apparsi sulla stampa e voglio rassicurare che per ogni argomento di tale portata il nostro Ministero vigilante sarà sempre interpellato e coinvolto".
Insomma, soltanto un equivoco (nessuno aveva peraltro detto di voler togliere quelle esistenti), ma abbastanza per generare una furiosa polemica, nella quale si era inserito anche Matteo Salvini, che ha poi apprezzato la posizione del Club Alpino Italiano:
"Dovete passare sul mio corpo per togliere anche solo un crocifisso da una vetta alpina - aveva detto - Quella del Cai di fare dietrofront è una scelta di buonsenso".