Sono arrivati fedeli da ogni parte del Medio Oriente, molti dei quali hanno sacrificato tutti i propri risparmi pur di raggiungere il Libano e partecipare alla messa conclusiva del viaggio di Papa Leone a Beirut.
I raise my gratitude to the Lord for having shared these days with you, as I carry your sufferings and hopes in my heart. Let us strive ahead together. Let us hope to involve the entire Middle East in this spirit of fraternity and commitment to peace, including those who…
— Pope Leo XIV (@Pontifex) December 2, 2025
La celebrazione, seconda tappa della visita internazionale che aveva incluso anche la Turchia, si è svolta al “Beirut Waterfront”, l’area che collega il centro cittadino al porto turistico. Oltre 150mila persone hanno riempito lo spazio, superando le previsioni di circa 50mila presenze. Durante il passaggio del Papa sulla papamobile, la folla lo ha accolto con applausi e manifestazioni di entusiasmo che hanno colto di sorpresa anche gli organizzatori. L’atmosfera era segnata da una forte partecipazione emotiva.
La voce dei cristiani libanesi e la speranza nella visita papale
In mezzo alla folla erano tante le persone profondamente commosse. Donne inginocchiate pregavano intensamente, mentre altre non riuscivano a trattenere le lacrime per la gioia di vedere e ascoltare il Pontefice. Il clima generale era quello di un popolo provato ma unito dalla speranza che la visita potesse offrire sollievo e rinnovato slancio.
Pace, dialogo e il ruolo dell’Italia nei conflitti internazionali
Il viaggio apostolico è stato costruito attorno ai temi della pace e del dialogo, che il Papa ha approfondito anche nella conferenza stampa tenuta sul volo da Beirut a Roma, nelle scorse ore. Le domande dei giornalisti hanno riguardato soprattutto la guerra in Ucraina e la possibilità di una “pace giusta” senza il coinvolgimento dell’Europa, che in diversi momenti era stata esclusa dalle trattative americane.
Papa Leone ha risposto indicando l’Italia come possibile mediatrice: “Culturalmente e storicamente – spiega Prevost – l’Italia ha la capacità di essere intermediaria in mezzo a un conflitto che esiste fra diverse parti. Anche con l’Ucraina, la Russia, ovviamente, e gli Stati Uniti. In questo senso io potrei suggerire che la Santa Sede possa incoraggiare questo tipo di mediazione e cerchiamo insieme una soluzione che veramente potrebbe offrire pace, una giusta pace per l’Ucraina”.
Guerra ibrida, cyberarmi e il ruolo dell’Europa
Il Pontefice è stato interrogato anche sulla guerra ibrida, sui cyberattacchi e sul rischio di un’escalation attraverso armi e metodi di conflitto nuovi, come denunciato dalla Nato. Gli è stato chiesto se, in un contesto così complesso, fosse possibile un serio percorso di trattativa senza l’Europa, che nei mesi precedenti era stata messa spesso ai margini dall’Amministrazione Trump.
La risposta di Leone è stata articolata:
“Questo è un tema evidentemente importante per la pace nel mondo ma nel quale però la Santa Sede non ha una partecipazione diretta perché non siamo membri della Nato né eravamo presenti ai dialoghi che ci sono stati finora, anche se molte volte abbiamo chiesto un cessate il fuoco. La guerra ha tanti aspetti, l’aumento delle armi e tutta la produzione che c’è, le cyberarmi, l’energia, adesso arriva l’inverno… È evidente che da una parte il Presidente degli Stati Uniti pensa di poter promuovere un piano di pace che almeno in un primo momento è stato senza l’Europa. Però la presenza dell’Europa è importante e quella prima proposta è stata modificata, anche per quello che l’Europa stava dicendo”.
Le preoccupazioni per il Libano e la mediazione dietro le quinte
I giornalisti arabi presenti sul volo hanno chiesto un’opinione sulla difficile situazione del Libano e sui possibili interventi del Vaticano per favorire un dialogo tra le forze interne. Papa Leone ha risposto sottolineando la natura discreta dell’azione diplomatica della Santa Sede:
“Il nostro lavoro principalmente non è una cosa pubblica che dichiariamo per le strade, è un po’ dietro le quinte! È una cosa che già abbiamo fatto e continueremo a fare per convincere le parti a lasciare le armi, la violenza e venire insieme al tavolo del dialogo”.
La lettera di Hezbollah
Nel corso della conferenza stampa, un giornalista ha ricordato al Papa la recente lettera di Hezbollah, che chiedeva una mediazione del Pontefice e dichiarava di confidare nelle “posizioni del Pontefice nel respingere l’ingiustizia e l’aggressione a cui la nostra patria, il Libano, è sottoposta per mano di Israele”.
Leone ha confermato di aver letto il messaggio, ma ha scelto la prudenza: “Ho visto quel messaggio – risponde il Papa – c’è da parte della Chiesa la proposta che lascino le armi e che cerchino il dialogo. Ma più di questo preferisco non commentare in questo momento”.
Islam, identità europea e paure dell’Occidente
Nella parte finale del dialogo con la stampa, il Papa ha affrontato il tema dei rapporti con l’Islam e le preoccupazioni di alcuni cattolici che temono che l’identità cristiana dell’Europa possa essere messa a rischio dalla presenza musulmana.
Leone si è rivolto sia all’Europa sia agli Stati Uniti, richiamando alla pace e al rispetto reciproco, ma ha anche riconosciuto l’origine di tante paure:
“So che non è sempre stato così. So che in Europa sono presenti tante paure, ma il più delle volte sono generate da persone che sono contro l’immigrazione e che provano a tenere fuori le persone che possono venire da un altro Paese, che seguono un’altra religione, che hanno un’altra razza. Vorrei dire che abbiamo bisogno di lavorare insieme”.