Nuovo Codice della Strada, proteste in tutta Italia contro la legge che sta per cambiare le regole
Manifestazioni in tutta Italia nella Giornata dedicata alle vittime della strada
Domenica 17 novembre 2024 era la Giornata mondiale del ricordo delle vittime della strada e le associazioni dei familiari (ma non solo) nel ricordarli hanno anche protestato contro il nuovo Codice della Strada, che inizierà l'iter parlamentare martedì 19 novembre 2024 e che è stato ribattezzato Codice delle stragi.
La protesta contro il nuovo Codice della Strada
Tante le manifestazioni in ricordo delle vittime e in disaccordo con le nuove regole fortemente volute da Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture.
Come racconta Prima Verona, nella città scaligera croci bianche, fiori, fotografie, sorrisi di vite spezzate in pochi istanti hanno fatto da sfondo alla silenziosa manifestazione delle famiglie delle vittime della strada, riunitesi sul sagrato della chiesa di Gesù Divino lavoratore.
"Oggi è la Giornata Mondiale e Nazionale del Ricordo delle Vittime della strada 17/11/2024
Per la sicurezza stradale, istituzioni e cittadini INSIEME
La continuità della strage stradale ci interroga e chiede a tutti noi, istituzioni e cittadini, di riflettere e di ascoltare
la "voce del silenzio", la voce delle vittime.
Ricordare per cambiare
ricordare le vittime per cambiare i comportamenti; ricordare il silenzio della loro voce affinché non sia il denaro o il potere, ma il senso di responsabilità, lo spirito di servizio l'amore per la Vita e per la verità, a cambiare le cose; ricordare per salvare e qualificare la dignità della persona e della nostra Repubblica.
Giuseppa Cassaniti Mastrojeni
Presidente AIFVS"
Le proteste contro il Codice della Strada di Salvini
Ma le manifestazioni di sono tenute un po' ovunque in tutta Italia. Il nuovo Codice della Strada, dicono i familiari, che dovrebbe essere varato a breve non è abbastanza incisivo sulla tutela delle fasce più deboli: pedoni, ciclisti, motociclisti, questi ultimi sono un terzo delle vittime totali.
Ma perché protestano le associazioni? Ecco le motivazioni:
"Lo sfregio ai familiari delle vittime di violenza stradale è doppio e inaccettabile. Dopo mesi di impegno e ore di audizioni parlamentari, nessuna delle richieste e degli emendamenti che tutte le più importanti associazioni familiari vittime avevano presentato lo scorso aprile con una lettera unitaria è stata accolta, nonostante quanto continua ad affermare il Ministro: c’è una bella differenza tra far parlare e ascoltare", sostengono le associazioni.
"L’impianto della riforma è molto chiaro: debole con i forti, dando maggiore libertà di circolare ai veicoli a motore, i cui guidatori secondo i dati Istat causano il 94% degli incidenti e il 98% dei morti, e forte coi deboli, restringendo viceversa le misure in favore di pedoni, ciclisti, bambini e persone anziane, che sono la maggior parte delle vittime nelle città".
"E’ una riforma pericolosa: ad esempio, limita gli autovelox invece che la velocità, che è la prima causa delle collisioni con morti o feriti gravi; vieta controlli automatici sulla guida distratta al cellulare, che è fra i primi fattori di incidentalità; introduce una sola multa per più infrazioni, incentivando la violazione delle regole. È una riforma dannosa: rende più difficile creare o proteggere aree pedonali, piste e corsie ciclabili, zone a traffico limitato e a basse emissioni, fondamentali per la tutela dell’incolumità e della salute delle persone nelle città; e limita l’azione dei Comuni sottoponendoli a decreti ministeriali".
Meno fondi per la sicurezza
"Non solo norme peggiori, ma anche meno fondi per la sicurezza stradale", sostengono le associazioni.
"Alla riforma del codice si aggiungono, infatti, i pesanti tagli della Legge di bilancio 2025, che: riduce la spesa per la sicurezza stradale (-4,6 milioni per interventi di sicurezza stradale e per l’educazione stradale, nella “spending review” del Ministero dei trasporti); azzera gli investimenti per la ciclabilità (-47 milioni per le piste ciclabili urbane e -31,9 milioni per le ciclovie turistiche); definanzia il capitolo “mobilità sostenibile e sicurezza stradale” del Fondo per lo sviluppo infrastrutturale del Paese (-70,3 milioni); non prevede nessuno stanziamento per l’attuazione del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale 2030, che vale 1,4 miliardi di euro.