nodo irrisolto

Nel 2025 l'Italia deve riprendersi le scorie nucleari stoccate all'estero... Ma manca ancora un deposito nazionale

Francia e Regno Unito, che si sono fatte carico delle nostre scorie con l'accordo di restituircele nel 2025, saranno disposte ad attendere ancora?

Nel 2025 l'Italia deve riprendersi le scorie nucleari stoccate all'estero... Ma manca ancora un deposito nazionale
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Ennesimo indizio che conferma l'arretratezza in Italia sul tema del nucleare. Nel 2025 il Paese dovrebbe rientrare in possesso delle scorie nucleari stoccate all'estero per il trattamento. Il condizionale non è usato a caso. Mancano sei mesi per il rientro in patria dei rifiuti radioattivi, ma nel territorio nazionale non è ancora stato creato un deposito nazionale. I ritardi, sul tema, si accumulano di anno di anno. Parigi e Regno Unito, che si sono fatti carico delle nostre scorie con l'accordo di restituircele nel 2025, saranno disposti ad attendere ancora?

L'accordo risale al 2006: qualche anno di tempo l'abbiamo avuto per prepararci...

Nel 2025 l'Italia deve riprendersi le scorie nucleari stoccate all'estero...Ma manca ancora un deposito

La relazione recente dell'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin), presentata al Parlamento, mette in luce numerosi problemi. Sebbene riferita al 2023, non ci sono stati significativi progressi nella prima metà dell'anno.

Il problema persiste: l'Italia necessita di un sito unico per stoccare 78.000 metri cubi di scorie a bassa e media intensità e altre 17.000 metri cubi ad alta intensità, attualmente distribuiti in depositi temporanei. La relazione dell'Isin definisce questo un “nodo irrisolto”, accentuato dal rifiuto delle 51 aree potenzialmente idonee e dal fallimento del piano B del governo. Questo blocco rende impossibile rispettare la scadenza del 2025 per il rientro di 1.680 tonnellate di combustibile nucleare dal Regno Unito e 235 tonnellate dalla Francia, stabilita da un accordo del 2006.

Rifiuti radioattivi

Lo stoccaggio all'estero

Nel 2010, l'Italia ha inviato in Francia 190 tonnellate di combustibile dalla centrale di Caorso e nel 2015 altre 15 tonnellate da Trino, con l'impegno di riprenderle entro il 2025. Tuttavia, la Francia ha bloccato un ulteriore accordo nel 2023, poiché l'Italia non ha fornito garanzie sui tempi di realizzazione del deposito nazionale. La Francia richiede ora prove di progressi concreti nella costruzione del deposito per accettare il ritrattamento del combustibile nucleare. L'Isin avverte che l'inosservanza della scadenza del 2025 potrebbe comportare ulteriori oneri per lo Stato italiano.

Strutture obsolete

Molti rifiuti radioattivi sono ancora collocati in strutture obsolete che richiedono costante monitoraggio e aggiornamenti tecnologici. Solo il 30% dei rifiuti è stato “condizionato”, ossia stabilizzato con processi come la cementificazione.

Esistono diverse categorie di rifiuti radioattivi, alle quali corrispondono diverse modalità di gestione, a seconda della concentrazione di radionuclidi e del tempo in cui la radioattività decade.

Nessuno le vuole

Scartata l'autocandidatura del Comune di Trino, le 51 aree individuate da Sogin nelle province di Viterbo, Alessandria, Matera, Potenza, Bari, Taranto, Oristano, Sud Sardegna e Trapani restano le uniche opzioni. Tuttavia, nessuna di queste aree è disposta ad accogliere il deposito, che dovrebbe occupare 50 ettari e comprendere 90 costruzioni in calcestruzzo armato per contenere i rifiuti.

La costruzione del deposito richiederà un investimento di 900 milioni di euro, quattro anni di lavoro e coinvolgerà 4.000 operai. La procedura di valutazione ambientale strategica (VAS) delle 51 aree, condotta dal Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase), richiederà anni e il coinvolgimento di vari enti locali.

Ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin: al G7 apertura al nucelare

Il governo italiano ha dichiarato l'intenzione di rilanciare la produzione nucleare e utilizzare nuove tecnologie per soddisfare l'11% del fabbisogno energetico entro il 2050. Tuttavia, senza un deposito nazionale l'opzione rimane solamente propaganda.

Nota di precisazione di Sogin a cura dell'amministratore delegato di Sogin, Gian Luca Artizzu

"L'attuale amministrazione di Sogin, in carica da agosto 2023, ha avviato una nuova impostazione nei rapporti con la società Orano (ex Areva), seguendo la lettera dell'Accordo Intergovernativo di Lucca del 2006 e del contratto di riprocessamento del combustile irraggiato stipulato all'epoca con Areva.

Tale attività ha portato alla riattivazione di un processo ormai bloccato di fatto da oltre sette anni e basato sul supposto obbligo di possedere un Deposito Nazionale per i rifiuti nucleari al fine del rientro dalla Francia dei rifiuti prodotti dal riprocessamento. L'Accordo di Lucca riporta, in realtà, non già l'obbligo di disporre del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi, ma dell'utilizzo di un "centro di stoccaggio o deposito conforme alle regole di sicurezza in vigore".

Sulla base di questa nuova impostazione, sono stati riavviati i rapporti con il Governo francese e il 3 maggio 2024 il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase), l'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin) e Sogin hanno incontrato gli omologhi dirigenti del Governo francese e di Orano.

Le interlocuzioni con il Governo francese proseguiranno nell'autunno 2024 e consentiranno di giungere, fra l'altro, ad una reciproca programmazione delle attività fra Sogin e Orano, sotto l'egida e il controllo da parte di Isin. Solo a valle di tale definizione, si potrà avere una nuova impostazione e pianificazione delle prossime attività".

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