Nel 2024 sono state distrutte foreste per una superficie doppia rispetto al 2023
Senza interventi il mondo rischia di perdere non solo uno dei suoi biomi più preziosi, ma anche uno degli strumenti naturali più efficaci per mitigare il cambiamento climatico

Nel 2024, il mondo ha assistito a una perdita drammatica delle sue foreste tropicali: ben 67.000 chilometri quadrati sono stati distrutti. Per avere un'idea delle dimensioni, si tratta di un’area pari a oltre diciotto mila campi da calcio, oppure il doppio della superficie del Belgio o di Taiwan. I dati provengono dal recente rapporto del think tank Global Forest Watch, che ha lanciato un severo avvertimento alla comunità internazionale.
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Secondo Elizabeth Goldman, co-direttrice dell’organizzazione, “siamo di fronte a un livello di distruzione forestale mai registrato negli ultimi vent'anni, un vero e proprio allarme rosso globale”. La perdita rappresenta un aumento dell’80% rispetto al 2023, rendendo il 2024 uno degli anni peggiori per la salute delle foreste tropicali.
Gli incendi superano l'agricoltura come causa principale
Per la prima volta, la principale causa della deforestazione non è l’espansione agricola ma gli incendi, che hanno provocato quasi la metà delle perdite totali. Spesso dolosi o legati all’attività umana, questi roghi vengono appiccati per liberare terreni destinati a coltivazioni agricole (soprattutto soia) o per ampliare allevamenti di bestiame.

Gli incendi, oltre a distruggere interi ecosistemi, rilasciano enormi quantità di anidride carbonica (CO₂) nell’atmosfera: si calcola che nel 2024 siano state immesse oltre tre miliardi di tonnellate di CO₂, una quantità superiore a quella prodotta dall’intera India nel medesimo periodo a causa dell’uso di combustibili fossili.
Foreste tropicali: cuore della biodiversità e scudo climatico
Le foreste tropicali non sono solo serbatoi di carbonio. Esse custodiscono le più alte concentrazioni di biodiversità del pianeta, ospitando innumerevoli specie animali e vegetali, molte delle quali non esistono altrove. Fungono anche da "spugne climatiche", assorbendo CO₂ e contribuendo a rallentare l’aumento delle temperature globali. La loro distruzione accelera il cambiamento climatico e compromette la stabilità ambientale dell’intero pianeta.

Il caso del Brasile: dai progressi alla regressione
Fra i paesi più colpiti figura il Brasile, che ha perso 2,8 milioni di ettari di foresta solo nel 2024. Di questi, ben due terzi sono stati distrutti dagli incendi. Questa regressione è particolarmente allarmante perché nel 2023 il paese aveva fatto registrare risultati incoraggianti grazie alle politiche di tutela ambientale introdotte dal presidente Luiz Inácio Lula da Silva nel suo primo anno di mandato. Tuttavia, come spiega la ricercatrice Sarah Carter del World Resources Institute (WRI), questi progressi sono ora in serio pericolo a causa della pressione crescente dell’agricoltura industriale.
La regione amazzonica del Brasile è stata la più colpita, raggiungendo livelli di distruzione mai visti dal 2016. Un dato che contrasta con quello fornito dalla rete di monitoraggio brasiliana MapBiomas, che segnala una riduzione della deforestazione. Tuttavia, va precisato che MapBiomas non include gli incendi nei suoi calcoli, fattore che spiega la discrepanza tra i due report.
Altri paesi: Bolivia in crisi, segnali positivi nel Sud-Est asiatico
Dopo il Brasile, il secondo paese con la maggiore perdita di copertura forestale è la Bolivia, anch’essa duramente colpita dagli incendi. Al contrario, alcuni segnali positivi arrivano da Indonesia e Malaysia, dove si è registrato un miglioramento grazie a politiche di conservazione più efficaci. In Repubblica Democratica del Congo, invece, la situazione è peggiorata, contribuendo ulteriormente alla crisi globale delle foreste tropicali.
Foreste: una risorsa vitale per l’umanità
Le foreste offrono benefici essenziali per la società umana. Sono una fonte fondamentale di cibo, medicine naturali, legname, fibre per la carta e biomassa per la produzione di energia.

Attualmente, circa 1,6 miliardi di persone dipendono direttamente dalle risorse forestali per il proprio sostentamento, tra cui quasi 70 milioni di persone appartenenti a comunità indigene. Tuttavia, la capacità delle foreste di fornire questi servizi è sempre più compromessa.
Cosa abbiamo perso
Diecimila anni fa, le foreste coprivano circa il 50% delle terre emerse del pianeta. Oggi, quasi la metà di quelle foreste è scomparsa. E delle foreste rimaste, meno di un terzo può essere considerato ancora intatto. Le altre sono state frammentate, degradate o trasformate, spesso in modo irreversibile.
Il motore principale di questa distruzione è la domanda globale crescente di cibo, fibre e carburanti. La necessità di espandere le coltivazioni, allevare bestiame e produrre energia a basso costo alimenta la deforestazione. A tutto questo si aggiungono gli effetti del cambiamento climatico, che intensifica gli incendi, favorisce la diffusione di parassiti e incrementa la frequenza di malattie che colpiscono gli ecosistemi forestali.
Senza interventi rapidi e coordinati, il mondo rischia di perdere non solo uno dei suoi biomi più preziosi, ma anche uno degli strumenti naturali più efficaci per mitigare il cambiamento climatico. Salvare le foreste non è solo un imperativo ecologico: è una necessità vitale per il futuro dell'umanità.