Morto il primo malato in Italia che aveva scelto di ricorrere al suicidio assistito
Ma non è stato il primo ad ottenere il via libera: pochi giorni prima un altro marchigiano era stato costretto a ripiegare sulla sedazione profonda a causa delle inadempienze dell'Asl.
Pochi giorni fa (lunedì) la morte di Fabio Ridolfi, il primo malato in Italia a ottenere il via libera al suicidio medicalmente assistito, dopo la sentenza 'Cappato-Dj Fabo' emessa dalla Corte Costituzionale. Il 46enne di Fermignano (Pesaro-Urbino) aveva però sì ottenuto il via libera, ma non ha potuto morire come aveva scelto perché l'Asl - contravvenendo alla legge - non aveva indicato il farmaco da utilizzare e lui, da 18 anni inchiodato a letto a causa di una tetraparesi, era stato costretto a ripiegare sulla sedazione profonda, sorta di "scelta di ripiego" seguita alla revoca del consenso alla nutrizione e alla idratazione artificiali.
Suicidio assistito, morto primo malato in Italia
Ieri, giovedì 16 giugno 2022, è morto invece Federico Carboni, 44enne di Senigallia, finora conosciuto come #Mario. Anche lui marchigiano, è il primo italiano ad aver chiesto e - questa volta - ottenuto l’accesso al suicidio medicalmente assistito, reso legale dalla sentenza della Corte costituzionale 242/2019 sul caso Cappato-Antoniani. La sua vera identità è stata rivelata dopo la sua morte dall'Associazione Luca Coscioni, come da lui deciso.
Il 44enne si è autosomministrato un farmaco letale attraverso un macchinario apposito, costato circa 5.000 euro, interamente a suo carico, e per il quale l’Associazione Luca Coscioni aveva lanciato una raccolta fondi.
La procedura di suicidio medicalmente assistito è avvenuta sotto il controllo medico del dottor Mario Riccio, anestesista di Piergiorgio Welby e consulente di Carboni durante il procedimento giudiziario. Al fianco di Federico, la sua famiglia, gli amici, oltre a Marco Cappato, Filomena Gallo e una parte del collegio legale.