Mense d'Italia, come mangiano i nostri bambini? Le città migliori (e peggiori)
La Lombardia e le Marche si confermano le due regioni con la più elevata percentuale di mense di alta qualità. Fanalini di coda Reggio Calabria, Novara e L'Aquila
Da nove anni l’indagine di Foodinsider fotografa la realtà delle mense scolastiche, individuando i trend di evoluzione del servizio e rilevando, al contempo, i diversi modelli di ristorazione, le realtà virtuose e le buone pratiche. L’obiettivo dell’indagine è quello di mettere in condivisione informazioni e riflessioni utili alle Amministrazioni per avviare processi di miglioramento.
Ecco la classifica delle città più virtuose (e le meno) in Italia. Il Nord si conferma la zona con refezione di maggior qualità, ma al Centro e al Sud troviamo le mense che hanno registrato il più ampio miglioramento.
Podio a Sesto Fiorentino, Fano e Parma: queste le tre cittadine del Paese in cui i bimbi vengono alimentati al meglio. Fanalini di coda Reggio Calabria, Novara e L'Aquila.
Lunedì 11 Novembre 2024, alle ore 14.30, è stato presentato il 9° Rating dei menù scolastici di Foodinsider presso la Sala stampa della Camera dei Deputati, Roma.
Mense d'Italia 2024: la classifica di Foodinsider
Il lavoro di analisi ha confermato il Nord Italia come l’area con il maggior numero di mense di alta qualità, con un 37% di Comuni nella fascia dell’eccellenza, contro il 28% del Centro e l’11% del Sud.
Un confronto impari dato il numero esiguo di mense scolastiche nel Sud Italia dove il tempo pieno è poco diffuso e le poche mense che esistono non hanno una lunga tradizione come al Nord.
La Lombardia e le Marche si confermano le due regioni con la più elevata percentuale di mense di alta qualità - Cremona, Bergamo, Monza e Mantova al Nord; Fano, Ancona, Jesi e Macerata al Centro - ciascuna con quattro Comuni nella fascia dell’eccellenza sopra i 150 punti. La Puglia è la regione meridionale più dinamica in termini di crescita, con Bari che sale nella classifica e Brindisi che migliora fino a entrare nell’area di eccellenza.
Al Centro e al Sud troviamo le mense che hanno fatto il più ampio miglioramento, con Frosinone, Siracusa e Rieti che registrano un salto che va ben oltre il raddoppio del punteggio dello scorso anno.
La classifica 2024
1. Sesto Fiorentino: 248
2. Fano: 243
2. Parma: 243
4. Cremona: 237
5. Ancona: 205
6. Jesi: 200
7. Trento: 198
8. Bolzano: 195
9. Bergamo: 187
10. Perugia: 179
11. Modena: 178
12. Roma: 173
12. Rimini: 173
14. Monza: 172
15. Bologna: 166
16. Mantova: 164
17. Brindisi: 162
18. Macerata: 150
19. Udine: 149
20. Lecce: 146
21. Torino: 142
22. Varese: 140
22. Frosinone: 140
24. Firenze: 135
25. Asti: 132
25. Milano: 132
25. Lucca: 132
28. Piacenza: 131
29. Treviso: 129
29. Bari: 129
29. Spoleto: 129
32. Pordenone: 128
33. Terni: 126
34. Savona: 123
34. Siena: 123
36. Venezia: 121
37. Verbania: 120
37. Trieste: 120
39. Genova: 115
39. Latina: 115
39. Brescia: 115
42. Padova: 114
43. Rieti: 112
44. Ascoli Piceno: 106
45. Palermo: 105
46. Napoli: 101
47. Arezzo: 98
47. Siracusa: 98
49. Verona: 95
50. Pescara: 94
51. Viterbo: 92
52. Pisa: 90
53. Alessandria: 85
54. Potenza: 80
55. Cagliari: 79
56. Grosseto: 71
57. Prato: 69
58. Reggio Calabria: 65
59. Novara: 64
60. L’Aquila: 50.
I metodi di indagine
L’indagine viene svolta su un panel di menù rappresentativo di circa un terzo dei pasti serviti ogni giorno in mensa, e si avvale di due strumenti principali: il test ‘Menu a punti’, con cui vengono analizzati i menù a cui viene dato un punteggio finale e il sondaggio rivolto all’utenza da cui si estrapolano le risposte degli insegnanti per registrare la qualità percepita e il grado di consumo del pasto.
A completamento dell’indagine vengono svolte una serie di interviste ad alcuni responsabili mensa per avere il polso della situazione sulle criticità o le peculiarità emerse durante l’anno. Il risultato dell’analisi viene razionalizzato e sintetizzato nel report prodotto in italiano e in inglese.
Irregolarità e ispezioni
Si continuano a registrare e a mettere a confronto i dati relativi alle ispezioni dei Nas, che anche quest’anno mostrano percentuali di irregolarità tra il 25% e il 30% rispetto al numero di mense ispezionate.
Se erano il 25% le mense ‘non conformi’ nel 2016 e il 36% nel 2018, nell’anno scolastico 2022/23 queste sono arrivate al 31%, attestandosi invece al 27% di circa 1000 aziende controllate nel 2023/24. Le irregolarità hanno evidenziato 361 violazioni, sia penali che amministrative, per un ammontare di sanzioni pecuniarie pari a 192.000 euro. Le principali contestazioni hanno riguardato la cattiva gestione e conservazione degli alimenti e le inadeguate condizioni igieniche delle cucine.
Sono stati sequestrati circa 700 kg di alimenti che erano conservati in ambienti e modalità inadeguate, erano scaduti o non avevano tracciabilità; sono state poste sotto sequestro 13 aree cucina dove venivano deposti gli alimenti per rilevanti carenze igienico-sanitarie; sono stati denunciati 18 gestori dei servizi mensa perché responsabili di frode e inadempienza in pubbliche forniture.
Miglioramento generale ma qualche ombra
Rispetto all’anno precedente migliora il 44% dei menù analizzati, mentre il 29,5% di essi rimane stabile e il 20% mostra, per contro, un calo di qualità. Il 6,5% non è confrontabile con gli anni precedenti.
Fino a qualche anno fa la prevalenza dei cereali presenti nei menù scolastici erano frumento, riso e, una volta al mese, orzo o farro. Al nord, occasionalmente, era presente il mais, sotto forma di polenta. Con l’introduzione dei CAM la varietà di cereali proposti è aumentata in maniera significativa, come evidenziato nel grafico. L’aumento dei menù che propongono 5 o più cereali dal 2020 a oggi è stato del 505%. Nei menù sono entrati orzo, farro, miglio e grani di vecchia costituzione, come il grano Verna. La più ampia varietà di cereali la troviamo nel menù di Cremona che arriva a proporre farro, mais, orzo, miglio, frumento (pasta), riso, quinoa e grano saraceno misto alla polenta.
Le scuole continuano a privilegiare le carni rosse che dominano nella maggior parte dei menù, anche rispetto alle carni bianche. Si nota, rispetto allo scorso anno, un leggero aumento dei menù che le limitano a 1-2 volte la settimana, dato che, se confrontato alle rilevazioni di 5 anni fa, si attesta ad un +65%. Anche i menù che propongono sole tre carni rosse al mese aumentano del 24% rispetto al 2020. Si tratta di segnali di un cambiamento lento e presente soprattutto nei Comuni notoriamente più sensibili al tema ‘salute’ e ‘sostenibilità’.
È bene ricordare che la carne rossa è classificata dall’OMS nel gruppo 2 degli alimenti probabilmente cancerogeni, oltre a essere l’alimento a maggiore impatto ambientale: due motivazioni che dovrebbero spingere a ridurre il consumo di quella proveniente da allevamenti intensivi e soprattutto di privilegiare carne da animali grass fed in allevamenti estensivi a pascolo.
Gli affettati sono una di quelle proposte alimentari ‘facili’ che continuano, leggermente, a crescere, così come, in generale, i cibi processati (ad esempio il tonno, i bastoncini di pesce, i budini). Si tratta di soluzioni pratiche per quelle cucine che rinunciano a esprimere competenze culinarie. Proposte che incontrano il gusto dei bambini, ma sconsigliate dalle istituzioni sanitarie.
Il pesce rimane il tallone d’Achille della ristorazione scolastica, proposto di solito una volta a settimana e in una limitata varietà di specie, tranne rare eccezioni. Si privilegiano il merluzzo o il nasello, per lo più proposti sotto forma di bastoncini di pesce. In alternativa si trovano la platessa impanata o il tonno in scatola. Si tratta di proposte che non richiedono particolari lavorazioni da parte delle cucine. Il riscontro in termini di consumo è generalmente molto basso a detta dei responsabili mensa e degli insegnanti.
Bene il biologico
L’impulso all’incremento del biologico nei menù è evidente con un + 44% della fascia più alta delle proposte di prodotti bio rispetto a 5 anni fa (+ di 22 a settimana).
La valorizzazione del biologico in mensa è partita nel 2018 con il Fondo per le mense certificate biologiche stanziato a partire dal Ministero dell’Agricoltura (oggi MASAF).