cronica, progressiva e recidivante

L’obesità è una malattia: legge italiana prima al mondo

In Italia un minore su tre è in sovrappeso o obeso: un trend preoccupante, con forti disparità geografiche e sociali

L’obesità è una malattia: legge italiana prima al mondo

Un cambio di rotta che segna un prima e un dopo nella sanità pubblica. Ma anche un cambio di percezione.

L’Italia è diventata il primo Paese al mondo ad approvare una legge che riconosce l’obesità come malattia cronica, progressiva e recidivante. Con il via libera definitivo del Senato al disegno di legge già approvato dalla Camera, il provvedimento diventa ufficialmente legge dello Stato.

Il testo, composto da sei articoli, porta la firma dell’onorevole Roberto Pella (Forza Italia), presidente dell’Intergruppo parlamentare su obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili, ed è stato definito dallo stesso promotore “un atto di civiltà che restituisce dignità a milioni di cittadini”.

L'obesità è una malattia: legge italiana prima al mondo
Roberto Pella, Forza Italia 

Una legge che cambia la percezione dell’obesità

La portata storica del provvedimento sta innanzitutto nel riconoscimento ufficiale dell’obesità come patologia. Finora troppo spesso considerata un problema estetico o una questione di volontà personale, la condizione riguarda invece circa 6 milioni di italiani e comporta rischi seri per la salute: diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, alcuni tumori, depressione e una riduzione significativa dell’aspettativa di vita.

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Il ministro della Salute Orazio Schillaci

L’obesità diventa dunque a tutti gli effetti una malattia da prevenire, curare e gestire attraverso percorsi multidisciplinari, con la prospettiva di inserire le cure nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e quindi renderle gratuite per tutti i pazienti.

“Aver approvato una legge contro l’obesità è un segno di civiltà”. ha dichiarato il ministro della Salute Orazio Schillaci, pur ricordando che l’inserimento nei Lea richiederà ulteriori valutazioni e risorse.

Cosa prevede la legge

Il disegno di legge prevede:

  • l’istituzione di un Osservatorio nazionale sull’obesità;
  • campagne di informazione e sensibilizzazione rivolte a cittadini, scuole e luoghi di lavoro;
  • programmi di formazione per medici, pediatri e operatori sanitari;
  • iniziative per favorire l’inclusione delle persone con obesità nelle attività scolastiche, lavorative e sportive;
  • uno stanziamento progressivo di fondi: 700mila euro nel 2025, 800mila nel 2026 e 1,2 milioni di euro annui dal 2027.
  • In aggiunta, vengono previsti 400mila euro annui dal 2025 per la formazione universitaria e professionale in materia di obesità.

Non solo obesità: stop al body shaming

Nella stessa seduta è stato approvato anche un altro provvedimento definito “atto di civiltà”: la legge che istituisce il 16 maggio come Giornata nazionale contro il body shaming. Il colore scelto per simboleggiare la ricorrenza è il fucsia, “emblema di ottimismo dinamico ed evoluzione personale”.

“Questa giornata – ha spiegato la presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio Martina Semenzato, prima firmataria della legge – servirà a sensibilizzare i cittadini sulla gravità delle offese legate all’aspetto fisico, un fenomeno che ha conseguenze profonde soprattutto tra i giovani”.

La sfida delle risorse

Se da un lato la legge rappresenta una svolta epocale, dall’altro le associazioni dei pazienti chiedono subito fatti concreti.

“Finalmente le persone con obesità vedono riconosciuto da una legge il proprio diritto a essere curate – commenta Iris Zani, presidente della Fiao, Federazione italiana associazioni obesità – ma ora bisogna garantire l’accesso gratuito a cure e trattamenti. Senza fondi adeguati, il rischio è che rimanga solo una legge simbolica”.

Un punto sollevato anche dalle opposizioni, che pur non votando contro hanno scelto l’astensione, chiedendo maggiori risorse e l’inserimento immediato dell’obesità nei Lea.

L’emergenza globale

La legge italiana arriva in un contesto mondiale che l’UNICEF, nel suo rapporto 2025, definisce un’inversione storica. Per la prima volta, infatti, il numero dei bambini obesi ha superato quello dei bambini denutriti. Una tendenza che allarma gli esperti, perché l’obesità infantile è un fattore di rischio pesantissimo per lo sviluppo di malattie croniche già in giovane età.

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Sedentarietà infanzia

Secondo il World Obesity Atlas, se non verranno adottate politiche incisive, entro il 2035 il costo economico globale legato all’obesità raggiungerà i 4,32 trilioni di dollari all’anno.

L’Italia e i bambini: dati poco confortanti

A livello nazionale, i dati della sorveglianza OKkio alla SALUTE 2023, che ha coinvolto oltre 46mila alunni di terza elementare, confermano che il problema è tutt’altro che marginale:

  • il 19% dei bambini italiani è in sovrappeso;
  • il 9,8% è obeso, con un 2,6% di obesità grave;
  • le percentuali sono più alte al Sud e nelle famiglie con maggiore fragilità socioeconomica.
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Infanzia, alimentazione scorretta

Il monitoraggio, coordinato dall’ISS, mostra anche abitudini poco salutari: colazioni saltate o inadeguate, merende troppo abbondanti, basso consumo quotidiano di frutta e verdura, eccesso di snack e bevande zuccherate. Il tutto accompagnato da sedentarietà diffusa: il 45% dei bambini trascorre oltre due ore al giorno davanti a TV, videogiochi o smartphone, e quasi uno su cinque non pratica alcuna attività fisica.

Il quadro italiano resta tra i peggiori d’Europa insieme a quello di altri Paesi mediterranei. Eppure, i dati a lungo termine mostrano un lieve miglioramento: dal 2008 al 2023 il sovrappeso nei bambini è sceso dal 23,2% al 19%, e l’obesità dal 12% al 9,8%. Un segnale incoraggiante, ma ancora lontano dall’invertire davvero la rotta.

Come ricorda l’IRCCS Auxologico, l’obesità è curabile: farmaci innovativi, terapie multidisciplinari e percorsi personalizzati permettono oggi di ridurre il peso e migliorare la qualità di vita, ma servono accesso equo e continuità assistenziale.

Con questa legge, l’Italia si pone come apripista mondiale nella lotta all’obesità, segnando una svolta culturale e sanitaria. Riconoscere l’obesità come malattia è il primo passo; ora la sfida sarà garantire cure, prevenzione e inclusione sociale, senza lasciare nessuno indietro.