Lo slogan Onu per la Giornata mondiale dell'Ambiente 2025: "Basta plastica" (ma Trump non aiuta)
L'appuntamento torna come ogni anno il 5 giugno. Ma mentre il mondo cerca soluzioni, gli Stati Uniti sembrano voltarsi dall’altra parte

Oggi, giovedì 5 giugno 2025, si celebra la Giornata mondiale dell’Ambiente, istituita nel 1972 dall’Onu e promossa dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP). Il tema di quest’anno è chiaro e urgente: "Basta plastica". Un invito globale all’azione collettiva per porre fine a una delle crisi ambientali più gravi – e potenzialmente risolvibili – del nostro tempo: l’inquinamento da plastica.
Questa giornata cade peraltro in un momento cruciale. Tra due mesi, i paesi si riuniranno a Ginevra per continuare i negoziati su un trattato globale giuridicamente vincolante volto a fermare l’inquinamento plastico. Un’opportunità storica per trasformare le parole in azioni concrete. Ma mentre il mondo cerca soluzioni condivise, gli Stati Uniti sembrano voltarsi dall’altra parte. Ancora una volta, l’amministrazione Trump va in controtendenza.
Una crisi visibile e invisibile
L’inquinamento da plastica è ormai ubiquo: dai fondali abissali della Fossa delle Marianne alla cima dell’Everest, la plastica è ovunque. Ogni anno, 11 milioni di tonnellate si riversano negli ecosistemi acquatici e altre 13 milioni si accumulano nel suolo. La plastica si frammenta in micro e nanoplastiche, penetrando nella catena alimentare e – letteralmente – nei nostri corpi. Le Nazioni Unite segnalano la presenza di queste particelle in arterie, cervello, placenta, polmoni e persino nel latte materno.

Nonostante ciò, solo il 9% della plastica prodotta globalmente viene effettivamente riciclata, e solo il 21% è considerata economicamente riciclabile. Secondo UNEP, un approccio sistemico all’economia circolare potrebbe ridurre dell’80% la plastica che entra negli oceani e far risparmiare fino a 70 miliardi di dollari entro il 2040. Il consumo globale di plastica, però, continua ad aumentare: si stima che nel 2025 raggiungerà 516 milioni di tonnellate, fino a superare 1,2 miliardi nel 2060.
La risposta Onu e il modello Corea del Sud
La Repubblica di Corea ospita per la seconda volta le celebrazioni globali. Con le sue politiche di responsabilità estesa del produttore e l’obiettivo fissato sull’isola di Jeju di eliminare l’inquinamento da plastica entro il 2040, il paese si propone come esempio virtuoso. La direttrice esecutiva dell’UNEP, Inger Andersen, ha ribadito che la plastica aggrava non solo l’inquinamento marino, ma anche cambiamento climatico, perdita di biodiversità e salute umana.
Non a caso, la sola produzione della plastica è responsabile dell’8% delle emissioni globali di gas serra. Un’economia circolare – basata su riuso, riprogettazione e riciclo – potrebbe ribaltare questa tendenza. Ma serve impegno collettivo, volontà politica e cooperazione internazionale.
Il "sabotaggio ambientale" di Trump continua
Mentre l’ONU promuove la transizione ecologica, Donald Trump "festeggia" la vigilia della Giornata dell’Ambiente riaprendo all’estrazione di petrolio e minerali in Alaska, anche in aree protette. Un ritorno ad una politica per rafforzare la sicurezza energetica americana, ma che ignora totalmente le conseguenze climatiche e ambientali.
Pochi mesi dopo l’inizio del suo secondo mandato, Trump ha già revocato decine di norme ambientali, ricalcando la marcia indietro del 2017. Ha ritirato gli USA dagli Accordi di Parigi, definendoli “una truffa” e annunciando lo stop ai finanziamenti per la mitigazione e l’adattamento climatico globali. Una mossa che compromette la leadership climatica americana proprio mentre il 2024 è stato confermato come l’anno con la temperatura media globale più alta mai registrata (+1,5°C rispetto all’epoca preindustriale).

Trump ha poi avviato una vera e propria epurazione delle agenzie federali che si occupano di ambiente. Il Department for Government Efficiency (DOGE), guidato da Elon Musk, ha tagliato oltre 4.400 posti di lavoro, colpendo duramente il National Park Service e il Servizio forestale statunitense, responsabili della tutela di milioni di ettari di territorio naturale. All’EPA (Agenzia per la protezione ambientale), oltre 1.000 lavoratori “in prova” rischiano il licenziamento.
Non solo. Il nuovo capo della sanità pubblica, Robert F. Kennedy Jr, ha cancellato tre programmi di ricerca sugli effetti sanitari del cambiamento climatico, tra cui la Climate Change and Health Initiative, che studiava le conseguenze degli incendi boschivi, la malaria e l’asma infantile.
Il tempo stringe
Da un lato dunque, l’ONU e oltre 150 paesi che si mobilitano per una transizione sostenibile, coinvolgendo cittadini, imprese e governi verso un futuro più pulito, resiliente e giusto. Dall’altro, gli Stati Uniti di Trump - ma non soltanto - che smantellano con cinismo le politiche ambientali in nome della “libertà economica”, alimentando una visione fossile, obsoleta e pericolosa.
Il 5 giugno, lo spot globale dell’ONU grida: “Basta plastica”. Ma finché una delle maggiori potenze mondiali continuerà a sabotare ogni sforzo collettivo, la strada per salvare il pianeta sarà lunga e in salita. E il tempo, come ricordano gli scienziati, sta per finire.