Le città nel 2100 secondo gli scienziati: semivuote e poco servite. Andremo tutti in provincia?
I ricercatori dell’Università dell’Illinois hanno indagato le sfide urbane e sociali principali in atto: ecco cosa è emerso
Si tratta di un modello predittivo, perciò non vi è certezza. Ma è altrettanto vero che tale studio ha incontrato l’approvazione della prestigiosa rivista Nature Cities, che l’ha pubblicato: quindi le basi scientifiche sono solide.
Come saranno le città nel 2100? Spopolate e con grosse carenze di servizi. Uno scenario post-apocalittico figlio di numerose tendenze già in atto: in primis il calo demografico, a seguire la tendenza a prediligere la provincia e i centri sub-urbani e infine i cambiamenti climatici.
Le città del futuro: spopolate e con servizi precari
I ricercatori dell’Università dell’Illinois hanno indagato le sfide urbane e sociali principali in atto e quanto è emerso ha dei risvolti inquietanti. Secondo i loro modelli entro la fine del secolo circa la metà delle quasi 30mila città degli Stati Uniti subirà un calo demografico importante che metterà a rischio i servizi essenziali come l’approvvigionamento alimentare, i trasporti, gli allacciamenti all’elettricità e all’acqua potabile, l’accesso a internet.
“Allo stesso tempo, l’aumento delle tendenze demografiche nelle città suburbane e periurbane ad alta intensità di risorse probabilmente toglierà l’accesso alle risorse tanto necessarie nelle aree spopolate, esacerbando ulteriormente le loro sfide. Sebbene l’immigrazione possa svolgere un ruolo vitale, le sfide relative alla distribuzione delle risorse persisteranno a meno che non avvenga un cambiamento di paradigma lontano dalla sola pianificazione basata sulla crescita”, chiariscono gli autori.
Lo studio si basa sui dati del censimento della popolazione statunitense nell’arco di 20 anni (2000, 2010, 2020) e su quelli di cinque possibili scenari climatici futuri. È emerso che già oggi il 43% delle città statunitensi sta perdendo residenti a favore delle aree suburbane e periurbane. Secondo le stime il trend si manterrà (e anzi dovrebbe aumentare) nel corso di questo secolo: a seconda dello scenario climatico, fino al 64% dei centri abitati potrebbe subire un declino demografico tra il 12 e il 23% entro il 2100.
Lo spopolamento delle città, solo in parte compensato dall’immigrazione internazionale e solo in alcuni centri, colpirà di più gli stati americani del Nord-Est e del Midwest rispetto a quelli del Sud e a quelli occidentali.
I centri abitati appariranno frammentati e dispersi, con le aree meno popolate che gradualmente perderanno esercizi commerciali e servizi, dai trasporti all’accesso all’acqua pulita, dall’elettricità alla connessione a Internet, per deterioramento e incuria delle infrastrutture. Questo fenomeno potrebbe essere acuito dalla maggiore richiesta di risorse delle aree suburbane che, invece, acquisteranno residenti. I ricercatori sottolineano che quelle fornite sono “probabili situazioni future”, con tutti i limiti intrinseci all’incertezza degli andamenti demografici e dei flussi migratori.
Possibili soluzioni
“Le soluzioni per affrontare le sfide poste dallo spopolamento dovranno essere adattate ai contesti locali. Ad esempio, le dimensioni delle città hanno un grande impatto: le soluzioni per le città urbane raramente si applicano alle aree rurali. Anche il tipo e le dimensioni di alcune delle infrastrutture esistenti che devono essere mantenute sono importanti, così come lo sono il clima locale e le condizioni economiche. Dovrebbero essere studiate e sviluppate nuove pratiche che abbracciano principi di adattabilità, modularità e multifunzionalità. Nel contesto statunitense, ciò richiederebbe anche una maggiore flessibilità nel processo decisionale amministrativo e finanziario. Ciò che è certo è che è necessario un importante cambiamento culturale nelle comunità di pianificazione e ingegneria, allontanandosi dalla pianificazione convenzionale basata sulla crescita, per far fronte a un drammatico cambiamento demografico", chiariscono gli autori.
Tendenza confermata anche in Italia
Sebbene lo studio si sia concentrato sugli Usa, la tendenza di cui parlano gli esperti è ravvisabile anche in Italia. Oltre all’inverno demografico, in atto nel nostro Paese, si starebbe registrando anche uno svuotamento delle metropoli, a favore della provincia. Complice anche lo smart working.
Dalla rilevazione di Tecnocasa emerge un nuovo trend: la mobilità territoriale. Infatti sempre più persone preferiscono acquistare lontano dai luoghi di lavoro, magari spostandosi di provincia o addirittura di Regione. Non è quindi una sorpresa se chi lavora a Milano abita nel Brianzolo o addirittura in Piemonte tra Novara e altre province piemontesi. Così come non c’è da stupirsi se chi lavora nella Capitale preferisce prendere casa in provincia o addirittura tra Abruzzo, Umbria e Toscana.
“Rispetto al passato, aumenta di un punto e mezzo, arrivando a sfiorare il 6%, anche la quota di coloro che acquistano in altre province della stessa regione, mentre poco meno del 5% va addirittura fuori regione”, ha commentato Fabiana Megliola, responsabile ufficio studi del gruppo Tecnocasa, spiegando i risultati della ricerca.
Considerando, inoltre, il tema dell’espansione continua dell’hinterland, in quest’ottica risuonano assai profetiche le parole di Renzo Piano quando parlava di “rammendo delle periferie”.
Mia previsione che succederà esattamente l'opposto. E poi dire che l'Italia come fanno in molti "si svuoterà" che significa? Parlano di 8 milioni in meno in 100 anni. Una stanza con 10 persone mica si svuota perchè ce ne saranno nove !! Dai fate i bravi !! E comunque in Australia sono 25 milioni e stanno da Dio !!