Querelle

La Rai è stanca delle pretese del Comune e minaccia di andarsene da Sanremo (già nel 2027)

Dalle accuse della FIMI ai silenzi del Comune, fino all’ipotesi di un Festival itinerante: la cronaca degli ultimi turbolenti giorni

La Rai è stanca delle pretese del Comune e minaccia di andarsene da Sanremo (già nel 2027)
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Negli ultimi giorni di giugno 2025, attorno al Festival di Sanremo si è scatenata una tempesta mediatica e istituzionale che potrebbe cambiare radicalmente il futuro della kermesse più amata della televisione italiana.

Nonostante, fino a poco tempo fa, sembrasse certo che la Rai avrebbe mantenuto il Festival nella sua storica sede ligure, una serie di polemiche, dichiarazioni al vetriolo e indiscrezioni giornalistiche ha rimesso tutto in discussione.

La miccia: l’attacco frontale della FIMI

Nelle scorse settimane, Enzo Mazza – CEO di FIMI, la Federazione dell’Industria Musicale Italiana – ha rilasciato un’intervista durissima a Fanpage, attaccando in modo diretto la città di Sanremo e le condizioni economiche imposte nella manifestazione di interesse pubblicata dal Comune per l’organizzazione del Festival.

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Enzo Mazza attacca Sanremo

Il cuore della polemica? La cifra richiesta da Palazzo Bellevue per concedere alla Rai l’organizzazione della manifestazione: 6,5 milioni di euro più l’1% delle entrate pubblicitarie, di franchising e merchandising. Una richiesta che Mazza ha definito “inaccettabile”, minacciando addirittura il ritiro delle case discografiche qualora la Rai decidesse di accettare tali condizioni.

Mazza ha evidenziato un problema economico strutturale: il costo medio per un artista a Sanremo si aggira sui 120mila euro, tra logistica, promozione e personale, ma la Rai riconosce solo 65mila euro. Il risultato? Le etichette discografiche vanno in perdita ancor prima che il Festival cominci. Eppure, proprio Sanremo resta il motore principale dell’industria musicale italiana.

Il CEO della FIMI ha poi chiesto che, invece di versare milioni al Comune, la Rai impieghi quelle risorse per sostenere direttamente il sistema musicale, che comunque investe nella città (in hotel, ristoranti, servizi).

“L’unico soggetto che in modo parassitario beneficia di questi investimenti è la città di Sanremo”, ha dichiarato Mazza, aggiungendo che il Comune pensa solo a massimizzare il ritorno turistico senza investire sul Festival e sulla sua struttura.

I precedenti: lo scontro Mazza vs Sanremo

Non è la prima volta che Mazza attacca il Comune. Già nei mesi scorsi, sempre a margine delle trattative per l’assegnazione del Festival 2026–2028, aveva parlato di Sanremo come una città scollegata dalla realtà del Festival, definendo l’Ariston "inadatto", troppo piccolo e vetusto per uno show televisivo della portata di Sanremo. Non aveva risparmiato parole dure:

"Impegnano la Rai a trasmettere su reti nazionali una specie di sagra paesana chiamata 'Sanremo in fiore'. Questo interessa loro. Non capiscono nemmeno cos'è il Festival che porta il nome della città che amministrano".

Il colpo di scena: l’ipotesi del Festival itinerante

Pochi giorni dopo le parole di Mazza, arriva il colpo di scena mediatico. Il 30 giugno 2025, Il Messaggero e Il Mattino di Napoli pubblicano un articolo firmato da Mario Ajello dal titolo eloquente: “Rai: Sanremo addio, Festival itinerante tra Versilia e Costiera”.

All’interno, il giornalista romano parla apertamente di un piano della Rai per spostare il Festival a partire dal 2027, abbandonando definitivamente la sede ligure per dare vita a un format itinerante. Le location ipotizzate? Viareggio, Sorrento, Senigallia, il Gargano, tutte località costiere ma diverse dalla tradizionale Sanremo.

La notizia ha fatto immediatamente il giro del web e dei social, con titoli roboanti e voci che davano per certo l’addio.

Ajello rincara la dose, parlando di una Sanremo immobile, con strutture alberghiere e turistiche obsolete, che ha “fallito nel valorizzare la fortuna capitatale con il Festival”. Addirittura, definisce la richiesta del Comune “irriconoscente”, come se non fosse la Rai a generare il vero brand.

Le dichiarazioni della Rai: parole ambigue e apertura a un nuovo corso

Le parole che hanno fatto più rumore sono però quelle dell’amministratore delegato della Rai, Giampaolo Rossi, che durante la presentazione dei palinsesti a Napoli ha dichiarato:

"L’edizione del 2026 del Festival di Sanremo è già avviata. Le prossime? Pensiamo saranno a Sanremo, ma possiamo farlo ovunque. Il Festival di Sanremo esiste grazie alla Rai. Di fatto, il Festival è della Rai".

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Sanremo 2025, Rai

Una frase ambigua, che sembra suonare come un avvertimento al Comune di Sanremo. Se la città non accetta condizioni più ragionevoli, la Rai potrebbe davvero portare altrove la manifestazione.

La risposta (non risposta) del Comune di Sanremo

Il Comune, dal canto suo, ha scelto di non commentare pubblicamente le accuse e le notizie circolate. In una nota ufficiale, ha dichiarato che la commissione di valutazione sta ancora esaminando la domanda presentata dalla Rai per il triennio 2026–2028, e che i risultati saranno resi noti entro la fine della settimana.

Insomma, bocche cucite. Ma è evidente che il clima è tutt’altro che sereno.

Il Festival è di Sanremo, la conferma del Consiglio di Stato

Stamane, 7 luglio 2025, ennesimo colpo di scena. La titolarità dell'evento è del Comune di Sanremo. Questo quanto si legge nelle motivazione della sentenza del Consiglio di Stato a cui sia la Rai che lo stesso Comune di Sanremo avevano fatto ricorso dopo che il Tar aveva obbligato palazzo Bellevue a pubblicare una manifestazione di interesse.

“Il Festival quale evento musicale, è di titolarità del Comune” così si legge nella sentenza del Consiglio di Stato che affronta anche le linee difensive avanzate dalla Rai per quanto riguarda il “format” televisivo.

I giudici ritengono "marchio" e "Format" due profili separati e non interferenti come detto da Rai.

“Il marchio ha senz’altro una sua autonoma identità e un contenuto suo proprio che prescinde dal programma Tv” dice la sentenza. La posizione di Rai per quanto riguarda il “format televisivo” come generatore di diritti rispetto al marchio "Festival della Canzone Italiana" e "Festival di Sanremo" è stata respinta dai giudici: “Tutto l’argomentare di Rai e Rai Pubblicità circa la sussistenza di concorrenti diritti (o di una comunione) intorno al Festival non è dunque condivisibile né conducente” aggiungendo che il format ideato da Rai “ricade nella proprietà intellettuale di altri soggetti” e si pone “su tutt’altro piano, che nulla ha a che vedere col marchio (e, dunque, con la proprietà immateriale) comunale”.

In conclusione

Quindi il format televisivo non dà diritti sul marchio "Festival della Canzone Italiana" e "Festival di Sanremo": ergo, la Rai può benissimo spostare il tutto a Voghera (per dire) ma non può usare queste denominazioni… il che per altro pare scontato almeno per "Festival di Sanremo".

D'altro canto, possiamo chiamarla anche "Kermesse della musica tricolore" e farla davvero da un'altra parte, o addirittura itinerante, ma resta solo un piccolissimo problema... che "Sanremo è Sanremo".

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