La medicina dei sistemi per i pazienti fragili: in Lombardia il 30% della popolazione assorbe il 70% della spesa sanitaria
Questo il messaggio forte emerso dalla IV edizione del Symposium “Medicina dei Sistemi. Il paziente fragile tra overtreatment e deprescrizione”, svoltosi all’Università degli Studi di Milano

La fragilità clinica non è più solo una questione legata all’età avanzata. Si sta delineando come una condizione trasversale, che coinvolge tanto i bambini quanto gli adulti, sempre più esposti a vulnerabilità determinate da fattori ambientali, sociali, stili di vita e sovraccarichi farmacologici. Questo il messaggio forte emerso dalla IV edizione del Symposium “Medicina dei Sistemi. Il paziente fragile tra overtreatment e deprescrizione”, svoltosi all’Università degli Studi di Milano.
L’evento, patrocinato dall’ateneo milanese e dalla FNOMCeO (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri), ha riunito esperti del mondo accademico e clinico per affrontare i temi cruciali legati alla gestione del paziente fragile in un contesto in cui la medicina tradizionale, di tipo riduzionistico, mostra sempre più i propri limiti. L’urgenza è chiara: serve un approccio sistemico, personalizzato e predittivo, capace di cogliere la complessità della condizione clinica individuale.
Oltre l’età anagrafica: una nuova definizione di fragilità
“Il concetto di fragilità oggi impone un ripensamento della medicina convenzionale”, ha dichiarato Alessandro Pizzoccaro, presidente di Guna, introducendo il simposio. Fragilità significa oggi una predisposizione a scompensi anche in assenza di patologie gravi, e può essere esacerbata da trattamenti farmacologici eccessivi o inappropriati.
Uno dei temi più dibattuti è stato, infatti, il rischio crescente di overtreatment — trattamenti e prescrizioni non sempre necessari — e l’importanza della deprescrizione, un processo clinico volto a rivedere e ridurre i farmaci non più appropriati per evitare effetti collaterali o interazioni negative.
Focus clinici: bambini, anziani e pazienti politrattati
Numerosi gli interventi di spicco. Il prof. Emilio Clementi, farmacologo dell’Università di Milano, ha evidenziato le criticità legate alle interazioni tra farmaci nei pazienti politrattati, un problema sempre più comune, specie tra le fasce più fragili della popolazione.
Il prof. Massimo Agosti, pediatra e presidente della Società Italiana di Neonatologia, ha sottolineato l’importanza degli interventi precoci nei primi 1.000 giorni di vita, fondamentali per prevenire future vulnerabilità psico-fisiche. In età evolutiva, ha ricordato anche la dott.ssa Laura Folgori dell’Ospedale “V. Buzzi”, l’abuso di antibiotici rappresenta una minaccia seria:
“Dai due ai sei anni, i bambini sono i principali consumatori di antibiotici, e il loro uso improprio alimenta il fenomeno dell’antibiotico-resistenza”.
Il tema del carico farmacologico è stato approfondito anche dal prof. Paolo Brambilla, psichiatra, che ha discusso i rischi di trattamenti prolungati con psicofarmaci e il possibile aumento del rischio di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.

Medicina dei Sistemi: verso un nuovo paradigma
Alla base di questo cambiamento di prospettiva, la cosiddetta Medicina dei Sistemi, che considera il paziente non solo come somma di organi, ma come un insieme dinamico di reti interconnesse: genetiche, ambientali, psicologiche e relazionali.
Il prof. Marco Del Prete, presidente della PRM Academy, ha evidenziato come nel paziente fragile sia indispensabile un percorso realmente personalizzato, capace di integrare strumenti diagnostici avanzati, terapie mirate e un attento monitoraggio clinico.
Da qui l’importanza dello studio dell’interattoma e dell’exposoma, ovvero delle interazioni tra geni, ambiente e stile di vita. Ne ha parlato anche il prof. Annibale Alessandro Puca, esperto di genetica medica, presentando nuove prospettive legate alla ricerca sui “geni della longevità”.
Una questione anche economica
Non è mancata una riflessione sul piano economico. Il prof. Giorgio Lorenzo Colombo (CEFAT, Università di Pavia) ha portato l’attenzione sui costi della cronicità, osservando come in Lombardia il 30% della popolazione assorba il 70% della spesa sanitaria.
“In Italia, la diagnosi di cronicità arriva in media tre anni dopo rispetto ai paesi più avanzati. Prevenzione e monitoraggio precoce sono fondamentali per evitare un loop terapeutico inefficace e costoso”, ha affermato.
Tra ansia, rinosinusiti e nuovi approcci terapeutici
Altri interventi hanno toccato problematiche specifiche ma molto comuni nei pazienti fragili. Il prof. Angelo Gemignani ha discusso l’impatto dell’ansia cronica e la necessità di ridurre il ricorso a benzodiazepine, affiancando psicoterapia e farmacologia a basso dosaggio. La prof.ssa Simonetta Masieri ha invece proposto soluzioni personalizzate nella gestione della rinosinusite cronica, patologia spesso sottovalutata ma impattante.
Verso una medicina più umana ed efficace
La grande partecipazione, anche in streaming, al Symposium ha dimostrato un crescente interesse da parte della comunità medica per un nuovo approccio terapeutico più coerente con la complessità del paziente moderno. Un approccio che abbandona le semplificazioni e abbraccia la multidimensionalità della salute umana.