SVOLTA STORICA O NUOVO BRACCIO DI FERRO

La guerra dei riders: altro che lavoratori autonomi, i colossi delle consegne devono i contributi all'Inps

Per il giudice il rider "si rende disponibile a prendere ordini", ma per le società tempi e modalità di lavoro sarebbero cambiati. Ricorreranno in Appello

La guerra dei riders: altro che lavoratori autonomi, i colossi delle consegne devono i contributi all'Inps
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Alla fine, con un quasi immediato gioco di parole verrebbe da dire che c'è poco da...rider, c'è poco da ridere.

Non può essere altrimenti dopo la decisione del Tribunale di Milano che prevede che Deliveroo e Uber Eats dovranno versare al nostro Istituto di previdenza nazionale, l'Inps, contributi arretrati per una somma di decine di milioni di euro.

Il braccio di ferro con l'Inps, la sentenza

Si chiude così una vicenda che aveva visto le due società di consegna del cibo a domicilio chiamare in causa l'Inps.

Sotto la lente c'era proprio la posizione dei "ciclisti-fattorini" che, secondo quanto appunto stabilito dal Tribunale non devono essere considerati come lavoratori autonomi. 

Alzi la mano chi non li ha mai visti sfrecciare a tutta velocità su strade e marciapiedi, sotto il sole cocente o la pioggia battente, o altre volte aggirarsi spaesati alla ricerca di una via o un citofono.

Ma ora per loro sembra essere arrivato il momento della riscossa. Nella fattispecie, la vicenda riguarda circa 60mila lavoratori "riders".

Il braccio di ferro tra le due aziende (Uber Eats nel frattempo ha lasciato il mercato italiano) risale al 2021.

Il nodo della vicenda: posizione e inquadramento dei riders

Al centro del contenzioso (che si è sviluppato in due cause distinte) c'erano i verbali amministrativi che, appunto due anni fa, erano stati notificati due anni fa dall'Ispettorato del lavoro alle due aziende e dalle stesse erano stati impugnati.

Sotto la lente, come detto le posizioni di migliaia di "fattorini-ciclisti" che secondo i funzionari dell'ispettorato andavano regolarizzate.

In buona sostanza, il loro inquadramento: da lavoratori autonomi alla dicitura di "coordinati continuativi". Una differenza non solo di forma, ma anche di sostanza evidentemente perché il diverso inquadramento prevede per i riders le garanzie dei lavoratori subordinati.

Come ha deciso il Tribunale

Il giudice del lavoro nella sentenza ha stabilito che i fattorini erano stati impiegati come collaboratori coordinati continuativi, sulla base dell'articolo 2 del Jobs Act.

Da qui la regolarizzazione di quelle posizioni. Ai fattorini impiegati tra il 2016 e 2020 andrà dunque applicata "la disciplina del lavoro subordinato".

Ma non solo, "con  l'obbligazione per contributi, interessi e sanzioni nei rapporti con l'Inps e per premi nei rapporti con l'Inail".

Nel dispositivo della sentenza sono stati fatti riferimenti anche agli orari di lavoro. Una "voce" che andrà ad incidere sulla somma da versare all'Inps.

Lavoratori subordinati, il passaggio chiave della sentenza

Nella sentenza del giudice del Tribunale del Lavoro di Milano c'è anche un passaggio chiave che aiuta a capire ancor meglio la vicenda: 

"Quella dei rider è un'attività che consiste nella scelta del lavoratore di rendersi disponibile a ricevere ordini" da parte della società e a cui deve applicarsi la disciplina del lavoro subordinato".

Un canovaccio interpretativo che ha interessato anche la causa con Uber Eats, anche se riferita ad un arco temporale differente.

Quanto era stato chiesto dall'Inps, ma non finisce qui

L'Inps aveva presentato una prima richiesta di contributi per circa 90 milioni di euro in tutto, in gran parte in capo a Deliveroo, ma la quota dovrà essere ricalcolata e sarà probabilmente più contenuta, anche se comunque di decine di milioni di euro.

Le due società, di fronte a una sentenza di primo grado, hanno già comunque fatto sapere che ricorreranno in Appello.

Nella fattispecie, la contestazione già emerso è che secondo le due aziende "quelle che vedono impegnati i rider sono modalità di lavoro cambiate secondo le esigenze dei tempi e del mercato" e non troverebbero dunque  corrispondenza nei riferimenti legislativi presi in considerazione dal giudice del Tribunale di Milano.

 

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