zaia favorevole

Il Veneto potrebbe essere la prima regione ad adottare una legge su fine vita e suicidio assistito

Il governatore leghista, che sul tema si è esposto, potrebbe trovare supporto proprio negli avversari politici

Il Veneto potrebbe essere la prima regione ad adottare una legge su fine vita e suicidio assistito
Pubblicato:
Aggiornato:

Notoriamente più conservatore che progressista, eppure potrebbe essere proprio il Veneto la prima Regione a votare una legge sul fine vita.

Oggi, martedì 16 gennaio 2024, il consiglio regionale è chiamato a pronunciarsi sul progetto legislativo “Liberi Subito”, presentato dall’Associazione Luca Coscioni sul tema. Impossibile ignorare anche il peso del governatore leghista Luca Zaia, rieletto a furor di popolo, che su una regolamentazione adeguata che accordi il fine vita si è esposto favorevolmente.

Luca Zaia

Il Veneto potrebbe essere la prima regione con un legge che regolamenti il fine vita

Il fine vita spacca la politica. Zaia, fra gli uomini simbolo della Lega, si è esposto, con favore. Conscio che i suoi colleghi di maggioranza – ovvero FdI - siano contrari, mentre il Carroccio è diviso sulla questione. Il sottosegretario alla giustizia, Andrea Ostellari, ha espresso la sua contrarietà:

“Su questi temi c'è e ci deve essere la massima libertà. Zaia ha spiegato più volte come la pensa. Rispetto la sua posizione che è quella di un amministratore che deve rispondere a un territorio. Personalmente comprendo ma non cambia idea. Lo Stato non deve aiutare a morire ma a vivere nelle migliori condizioni”.

La proposta

Il progetto di legge in aula si pone l’obiettivo di “definire i ruoli, i tempi e le procedure delineate della Corte costituzionale attraverso una sentenza immediatamente esecutiva, ferma restando l’esigenza di una legge nazionale che abbatta la discriminazione tra malati oggi in atto”, si legge nel testo.

In sintesi, l’azienda sanitaria regionale – dietro richiesta dell’interessato e previa valutazione della Commissione medica multidisciplinare – “fornisce ogni supporto e assistenza, incluso farmaco, macchinario e assistenza medica per la preparazione all’auto-somministrazione alla persona malata che ne faccia richiesta”.

È inoltre prevista una riduzione dei tempi al fine di garantire alla persona “la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile rispetto all’alternativa del rifiuto delle cure con sedazione profonda continuativa”.

Il termine complessivo è quindi di 27 giorni: 20 dal ricevimento della richiesta della persona; 7 giorni per l’esecuzione della prestazione. Tale verifica e assistenza ai trattamenti sono inoltre assicurate gratuitamente.

La proposta di legge non comporta infine variazioni in aumento o in diminuzione a carico del bilancio regionale perché ai costi si provvede “nell’ambito della dotazione per le prestazioni e servizi gratuiti con fondo sanitario regionale”, precisa la norma.

Il supporto di M5S e parte del Pd

La proposta di iniziativa popolare ha raccolto oltre novemila firme, sulle settemila necessarie. Per far passare il progetto di legge servirà il 50% più uno dei voti (palesi) dei consiglieri presenti a palazzo Ferri-Fini.

Il M5S si è detto favorevole, il Pd è spaccato sul tema, FdI è contrario e appoggiato dai pro-life. C’è la concreta possibilità che la legge, salvo “franchi tiratori” dell’ultimo minuto, potrebbe essere approvata.

Per il leghista Zaia, che sarà presente in aula “il Veneto è l’unica regione in Italia a trattare questo tema, a fronte di una richiesta civile e legittima di migliaia di cittadini”. Tuttavia, l’incognita più grande riguarda gli indecisi. Il governatore leghista potrebbe trovare supporto, inaspettatamente, proprio fra gli avversari politici.

Il caso Gheller

Restiamo in Veneto per dare voce a un caso importante sul tema. Con la sentenza Cappato che - pur non essendo una legge - dal 2019 è permesso ai pazienti che presentano situazioni intollerabili, e previa verifica dei casi, di autosomministrarsi un farmaco letale e porre fine alle proprie sofferenze. Solo uno di questi casi è noto attualmente in Italia: quello del vicentino Stefano Gheller.

Stefano Gheller

Come racconta Prima Vicenza, da quando aveva 15 anni è costretto su una sedia a rotelle, a causa di una grave forma di distrofia muscolare di cui è affetto sin dalla nascita.

Gheller è costantemente collegato a un respiratore e non può usare le braccia se non per piccoli movimenti, questo gli impedisce di mangiare o bere da solo, oltre alla difficolta nel parlare e ai dolori posturali di cui soffre. A causa della sua malattia e del progressivo peggioramento delle sue condizioni, il 27 giugno 2022 Stefano Gheller ha scritto all'Ulss 7 Pedemontana per chiedere l'accesso legale al suicidio assistito.

L'approvazione è arrivata tre mesi e mezzo dopo, a ottobre 2022. Ma, pur avendo ottenuto l'autorizzazione, l’uomo ha deciso di aspettare e di ricorrere a questa pratica in futuro, quando le sue condizioni diventeranno insostenibili.

Stefano Gheller ad oggi è l'unica persona ancora in vita ad aver avuto questa autorizzazione senza dover ricorrere a un lungo iter giudiziario. Tuttavia, in Italia, non esiste ancora una legge sul fine vita.

La legge 219 del 2017 sancisce il diritto alla sospensione delle cure e alla sedazione profonda, ma  non esiste una legge sulla possibilità di autosomministrarsi un farmaco letale. Questa procedura, infatti, è legale solo grazie a una sentenza della Corte Costituzionale del 2019, che stabilisce solo quando il suicidio assistito non è punibile, ma non fornisce indicazioni su tempi e attuazione. Ogni singolo caso deve quindi essere esaminato dalle rispettive aziende sanitarie locali.

Come è successo per il caso Gheller, infatti, il richiedente deve presentare all'ASL la documentazione necessaria per la richiesta, che poi dovrà essere esaminata dal personale medico. L'ASL dovrà poi verificare la presenza di quattro requisiti, stabiliti dalla sentenza, che devono coesistere: che il richiedente sia appunto in grado di intendere e di volere, che sia affetto da una malattia irreversibile, e che quest'ultima causi sofferenze fisiche o psicologiche insostenibili, e la presenza di trattamenti di sostegno vitale.

Queste verifiche dovrebbero essere fatte dai medici di una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, ma uno dei problemi che si riscontrano più frequentemente è che in questa fase molti enti respingono la richiesta senza verificare le condizioni del paziente, proprio per l'assenza di una legge che regolamenti la procedura.

E' per questo che nella proposta di legge regionale, che oggi si vota in Veneto, è stata inserita una commissione permanente (che comprende un medico palliativista, un neurologo, uno psichiatra, un anestesista, un infermiere e uno psicologo) e un limite di venti giorni per effettuare le dovute analisi.

Il primo suicidio assistito con il supporto del Sistema sanitario nazionale

Spostandoci in Friuli Venezia Giulia, soltanto poche settimane fa era stata notizia di rilievo nazionale la morte di Anna (nome di fantasia), morta nella sua casa, a Trieste, a 55 anni, secondo le sue volontà. La donna ha preso autonomamente il farmaco letale fornitole, cosa mai accaduta prima, dal Sistema sanitario nazionale.

La triestina era affetta da sclerosi multipla secondariamente progressiva: una diagnosi ricevuta nel 2010. Come evidenziavano i referti medici - e ricostruisce l'associazione Coscioni che ha seguito il caso - Anna si esprimeva con voce flebile e ipofonica, ma era vigile e lucida.

Era completamente dipendente dall'assistenza. Il 4 novembre 2022 aveva inviato all'Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina la richiesta di verifica delle sue condizioni per accedere alla morte assistita. Dopo mesi di attesa senza risposte, aveva depositato ai carabinieri una denuncia per rifiuto/omissione d'atti d'ufficio nei confronti dell'Azienda sanitaria e presentato un ricorso d'urgenza dinanzi al giudice civile. Il Tribunale di Trieste aveva quindi chiesto che l'Azienda disponesse verifiche e accertamenti sul caso. A settembre era quindi arrivato il via libera dalla Commissione medica multidisciplinare per accedere al suicidio assistito.

Cappato si autodenuncerà per aver portato a morire in Svizzera anziano del Milanese

Lo scorso 28 novembre è quindi morta a casa sua, a Trieste. Si tratta della prima persona in Italia, come sottolinea l'associazione Luca Coscioni, "ad aver avuto accesso al suicidio assistito con l'assistenza completa del Ssn", che ha fornito il farmaco letale e un medico di supporto.

Una battaglia vinta per la donna, di cui per sua stessa volontà non sono state rese note le generalità ma che ha indicato come nome fittizio quello di Anna. E per tutti i malati irreversibili che intendono autodeterminare la propria volontà.

Una legge chiara, che disponga di tutti i dettagli come la bozza che si andrà oggi a votare in Veneto, potrebbe fare la differenza a livello burocratico per i malati.

Commenti
RT

VENETO: troppo avanti!!! Speriamo che faccia scuola a anche la Lombardia si adegui. Parla uno che ha perso la mamma di SLA

Seguici sui nostri canali