Un piano meticoloso, un fisico appositamente dimagrito, attrezzi recuperati nelle aree di lavoro del penitenziario e l’ennesima, clamorosa beffa al sistema di sicurezza. È così che Taulant Toma, 41 anni, albanese, già protagonista di altre tre evasioni, è riuscito a lasciare il carcere di massima sicurezza di Opera (Lombardia) all’alba di domenica 7 dicembre, inaugurando la sua quarta latitanza in sedici anni.
Il piano: seghetto, lenzuola e un arpione artigianale
La fuga è il risultato di un progetto preparato per mesi. Toma, alto un metro e 65, aveva seguito un rigido regime dietetico per riuscire a passare attraverso il varco di pochi centimetri che si era ricavato segando una sbarra della cella con materiali ottenuti nelle zone di lavoro: sega, lima, pinza, pezzi di metallo e chiavi inglesi.
Raccolte decine di lenzuola, le ha annodate per calarsi dal terzo piano, oltre quindici metri di caduta. Poi ha messo insieme manici di scopa uniti con nastro adesivo e li ha dotati di un gancio metallico, un vero e proprio arpione con cui ha agganciato la sommità del muro di cinta alto sei metri, scavalcandolo.

Le telecamere interne lo riprendono mentre si allontana a piedi attorno alle 6.30 del mattino. L’allarme non suona, il personale – ridotto per la giornata festiva – non si accorge della fuga fino alle 8.00, quando gli agenti trovano la sua branda vuota. Poche ore più tardi, lungo la tangenziale, viene rinvenuto un furgone abbandonato: gli inquirenti ipotizzano che sia servito da punto di incontro con un complice.
Massima sicurezza, ma personale ridotto
L’evasione ha sollevato immediate polemiche. A Opera, denunciano i sindacati, 1.338 detenuti sono stipati in 918 posti (153% di sovraffollamento), gestiti da 533 agenti, contro gli 811 necessari. Per Gennarino De Fazio, segretario generale Uilpa (Organizzazione Sindacale UIL della Polizia Penitenziaria), la vicenda “certifica il fallimento delle politiche penitenziarie degli ultimi 25 anni“.
Dello stesso tenore le parole di Leo Beneduci (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria), secondo cui Toma è “riuscito a trasformare un carcere di massima sicurezza in un trampolino verso l’esterno”, in una struttura già afflitta da carenze di organico e sicurezza.
L’evasione di Toma arriva in un anno, il 2025, in cui si contano già una decina di evasioni sul territorio nazionale. Per i sindacati della Polizia penitenziaria, la situazione è ormai “insostenibile”: 63.690 detenuti a fronte di 46 mila agenti, con una carenza di personale che sfiora le 20 mila unità.
Una vita di fughe: le evasioni del “Lupin delle carceri”
Quella di Opera è solo l’ultima di una serie impressionante di evasioni che ha reso Toma un caso quasi unico nel panorama criminale europeo.
Nel 2009 avvenne la prima fuga dal Carcere di Terni. Approfittando di una partita di calcio e delle immancabili lenzuola, riesce a evadere. Verrà catturato dopo alcune settimane in un residence nel milanese. Nel febbraio 2013 fugge invece dal Carcere di Parma. Taglia le sbarre con un filo diamantato. Si cala con le lenzuola insieme al compagno di cella Frokaj Vamentin. La latitanza dura mesi, finché, il 11 settembre 2013, non viene arrestato in Belgio.

E proprio a Liegi, dal Carcere di Lantin, avvenne nel dicembre 2013 la sua ultima evasione: una vera e propria fuga da film. Un’auto guidata da complici si ferma all’ingresso dei fornitori; un agente viene immobilizzato; nel cortile alcuni detenuti provocano un’esplosione per distrarre la sorveglianza; altri formano una piramide umana per farlo scavalcare. Sparisce ancora una volta fino al 2015.
Caccia all’uomo in Lombardia
Oggi Toma – che utilizza anche l’alias Admir Dedinca – è considerato uno dei ricercati più pericolosi d’Italia. Con una pena che avrebbe dovuto tenerlo in carcere fino al 2041–2048, l’uomo è ora al centro di una caccia all’uomo estesa a tutta la Lombardia.
La Prefettura ha attivato posti di blocco, controlli sulle vie di fuga e monitoraggio delle frontiere interne. La preoccupazione principale è che possa raggiungere l’estero, sfruttando la rete di contatti nella mafia albanese, come già avvenuto in passato.