Il 70% dei neonati nelle terapie intensive ha problemi genetici: quello che può fare la scienza (oggi) in sole 120 ore
Oggi, grazie alle tecniche di NGS, Next Generation Sequencing, è possibile arrivare a una diagnosi di malattia genetica (spesso rara) nel giro di cinque giorni
Cinque giorni, che possono - senza esagerazioni - cambiare il destino di un neonato. Si chiamano NGS, Next Generation Sequencing, e possono essere preziose per il 70% dei neonati venuti al mondo con problemi che non permettono di vivere autonomamente: quelli che hanno geni difettosi.
Il nodo è: in Italia questo genere di analisi viene offerto? Il tema è sul tavolo al 27° Congresso Nazionale SIGU Società Italiana di Genetica Umana, in questi giorni a Padova. Dove si punta a offrire diagnosi ultrarapide per individuare le patologie rare neonatali e iniziare immediatamente con cure mirate.
Diagnosi genetiche sui neonati in 120 ore
Partiamo da un dato: nelle terapie intensive neonatali e pediatriche degli ospedali italiani il 70% dei piccoli ricoverati è affetto da una malattia genetica che nella grande maggioranza dei casi è difficile da individuare. Fino a pochi anni la diagnosi avveniva empiricamente, basandosi su segni e sintomi, e spesso ci volevano mesi per arrivare a una diagnosi; e non sempre era possibile.
Oggi, grazie alle tecniche di NGS, Next Generation Sequencing, che hanno la capacità di sequenziare, in parallelo, milioni di segmenti di DNA, è possibile arrivare a una diagnosi di malattia genetica (spesso rara) nel giro di cinque giorni. Rispetto ai mesi che occorrevano per una analisi simile fino a pochi anni fa è una rivoluzione; sono tecniche che si sono evolute molto di recente e in fretta. Oltre che più rapide sono più precise in quanto sequenziano non solo l’esoma (parte codificante del genoma) ma anche il genoma (cioè il patrimonio genetico dell’individuo).
“In altre parole questo permette di arrivare a individuare subito una malattia genetica nel 50-60% dei bambini esaminati” dice la dottoressa Maria Iascone, direttore del laboratorio di Genetica Medica dell’Asst Giovanni XXIII di Bergamo, che ha presentato al Congresso SIGU di Padova uno studio su questo argomento.
Lo studio e le possibili terapie
Sta partendo uno studio tra Bergamo, Roma e Trieste per valutare costi e percorsi al fine di estendere il metodo in tutta Italia negli ospedali dotati di laboratorio di genetica medica.
Alla maggioranza dei casi alla diagnosi di precisione può seguire una gestione clinica più mirata e in alcuni casi una terapia specifica ed efficace. Le terapie possono essere le più varie: si va dalla semplice supplementazione di nutrienti a farmaci (per problemi metabolici), a trapianti d’organo (fegato, cuore o midollo) fino alle terapie genetiche vere e proprie.
“La nostra esperienza ha dimostrato che in Italia possiamo avere risultati allo stesso livello di Paesi dove queste tecniche si sono già più diffuse, come Stati Uniti, Gran Bretagna, Israele, Germania” dice la dottoressa Iascone. “Per questo vogliamo andare avanti e renderle disponibili in tutti gli ospedali italiani di primo livello. Stiamo iniziando proprio adesso un progetto insieme all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma con il professor Antonio Novelli e il Burlo Garofolo di Trieste- la cui Struttura Complessa di Genetica Medica è diretta dal professor Paolo Gasparini, Presidente SIGU - un progetto comune per valutare bene i costi, le modalità di gestione, i percorsi per rendere questo servizio omogeneo su tutto il territorio nazionale”.
Costano ma convengono
Ora queste tecniche si possono applicare anche in Italia, lo dimostra l’esperienza fatta all'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo dalla dottoressa Iacone, e cosa importante sono sostenibili dal Sistema Sanitario Nazionale: un’analisi genetica di questo tipo costa circa 6000 euro (analisi del genoma non solo del bambino ma anche dei genitori). Ma non è molto in rapporto ai benefici che può dare: dal punto di vista umano e sociale ma anche da quello economico, se si tiene conto del costo giornaliero di un letto in terapia intensiva: circa 1700 euro al giorno per gli adulti, qualcosa di più per i bambini. Cifre che hanno il loro valore per gli amministratori sanitari.
Malattia rara individuata con lo screening neonatale: bimbo salvato con trapianto di staminali
Veniamo a un'applicazione concreta. Nel giugno 2024, grazie allo screening neonatale esteso, a Padova è stato individuato il primo caso di SCID - immunodeficienza severa combinata, in un neonato. Grazie a una donazione del padre, il bambino è stato salvato tramite un trapianto di cellule ematopoietiche staminali.
Questo miracolo, che consentirà al piccolo di vivere una vita normale, senza patologia, è stato possibile perché, dal primo gennaio 2024, la Regione Veneto ha introdotto lo screening neonatale allargato. Con una goccia di sangue, ricavata dal tallone del neonato, è possibile identificare, tra le 48 e 72 ore di vita, alcune malattie rare, prima ancora che si manifestino. Ed è proprio attraverso questo screening, che il piccolo, nato senza sistema immunitario, è stato salvato mediante a un trapianto di staminali, donate dal padre.
Se non ci fosse stato uno screening neonatale esteso, che ha fatto scattare il trattamento immediato, la prognosi del piccolo sarebbe stata infausta.
Per SCID si intende, infatti, una malattia rara che provoca, a causa della totale assenza di difese immunitarie, frequenti e ricorrenti episodi infettivi gravi. La diagnosi tardiva prima dello screening neonatale allargato avrebbe portato con sé non solo un elevato rischio di mortalità, ma anche un altrettanto elevato rischio trapiantologico.
Una vicenda che fa riflettere.