Il 28 febbraio è la Giornata delle Malattie Rare, che non sono così rare: in Europa 30 milioni di diagnosi
"La diagnosi rimane fondamentale sempre, anche quando non si abbiano terapie da offrire ai pazienti"
Orfani di diagnosi, senza cure. Li chiamano malati rari, che poi così rari - se si pensa che soltanto in Europa parliamo di circa 30 milioni di persone – non sono. Il 28 febbraio cade la Giornata Mondiale delle Malattie Rare, data che offre l’occasione per fare un punto sul tema.
Malattie rare: cosa sono, quante sono, chi ne soffre?
Una malattia si definisce "rara" quando la sua prevalenza, intesa come il numero di caso presenti su una data popolazione, non supera una soglia stabilita. In UE la soglia è fissata allo 0,05 per cento della popolazione, non più di 1 caso ogni 2000 persone.
Il numero di malattie rare conosciute e diagnosticate è di circa 10.000, ma è una cifra che cresce con l’avanzare della scienza e, in particolare, con i progressi della ricerca genetica. Stiamo dunque parlando non di pochi malati, ma di milioni di persone in Italia e circa 30 milioni in Europa.
Secondo la rete Orphanet Italia, nel nostro Paese i malati rari sono circa 2 milioni: nel 70% dei casi si tratta di pazienti in età pediatrica. In base ai dati coordinati dal Registro Nazionale Malattie Rare dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS), in Italia si stimano 20 casi di malattie rare ogni 10.000 abitanti e ogni anno sono circa 19.000 i nuovi casi segnalati dalle oltre 200 strutture sanitarie diffuse in tutta la penisola.
Il 20% delle patologie coinvolge persone in età pediatrica (di età inferiore ai 14 anni). In questa popolazione di pazienti, le malattie rare che si manifestano con maggiore frequenza sono le malformazioni congenite (45%), le malattie delle ghiandole endocrine, della nutrizione o del metabolismo e i disturbi immunitari (20%).
Per i pazienti in età adulta, invece, le malattie rare più frequenti appartengono al gruppo delle patologie del sistema nervoso e degli organi di senso (29%) o del sangue e degli organi ematopoietici (18%).
Vista la mancanza di un’univoca definizione di malattia rara a livello internazionale, ci sono diverse liste di patologie:
- National Organization for Rare Disorders (NORD)
- Office of Rare Diseases
- Orphanet (che propone una lista di circa 6.000 nomi di patologie rare, sinonimi compresi).
In Italia, l’Istituto Superiore di Sanità ha individuato un elenco di malattie rare esenti-ticket. Alcune Regioni italiane hanno deliberato esenzioni per patologie ulteriori da quelle previste dal Decreto 279/2001.
L'iniziativa del Bambin Gesù
Alla vigilia della Giornata Mondiale delle Malattie Rare al Bambin Gesù di Roma si tiene una tavola rotonda, in collaborazione organizzata insieme all’Osservatorio Malattie Rare (OMaR) e a Orphanet. Durante l’incontro telematico oltre alle testimonianze delle famiglie con bambini con malattie rare saranno presentati i dati relativi a 5 delle maggiori ERN europee, delle quali fa parte il Bambino Gesù: EpiCARE, dedicata alle epilessie rare e complesse, ERN SKIN, dedicata alle malattie rare della pelle, METABERN, dedicata ai disordini metabolici ereditari rari, ITHACA, dedicata alle malformazioni rare e alle anomalie dello sviluppo e GUARD-HEART, dedicata alle malattie cardiache rare.
L’Ospedale capitolino - riferimento per 23 Centri della Rete Regionale del Lazio per le malattie rare - annuncia anche l’apertura di un percorso dedicato alla sindrome di Kabuki.
Le reti di riferimento europee
Le ERN, European Reference Networks, sono reti europee di centri clinici di eccellenza. Hanno l’obiettivo di ottimizzare le cure per le malattie rare e favorire la presa in carico dei pazienti che richiedono trattamenti altamente specialistici.
“Le reti internazionali e quelle regionali sono fondamentali per garantire ai pazienti e alle loro famiglie una diagnosi rapida, una presa in carico centrata sulle necessità del singolo paziente e l’attivazione di linee di ricerca per individuare nuove terapie dedicate”, spiega il dottor Andrea Bartuli, responsabile di malattie rare e genetica medica del Bambino Gesù. “Questo è possibile mettendo a sistema la casistica, spesso molto limitata per la singola malattia rara, e le conoscenze dei maggiori centri specializzati sia sul territorio nazionale che in Europa”.
Genetica alla base
Come spiega il professor Bruno Dallapiccola, Direttore Scientifico emerito dell’Ospedale romano:
“Gran parte delle malattie rare – almeno un 80% ha una base genetica – e andare a guardare lì, nel Dna, è ancora oggi uno dei capisaldi della diagnosi di queste patologie. Se l'approccio clinico all'inizio è quello che guida il sospetto di malattia rara, gli esami strumentali di laboratorio e soprattutto quelli di genetica sono oggi fondamentali e possono essere fatti a diversi livelli”.
Definire i sintomi che possano far sospettare una malattia rara è praticamente impossibile considerando la loro numerosità, ma alcuni segni sono più comuni di altri: disabilità intellettive, encefalopatie, note dismorfiche, epilessia, difetti congeniti. In assenza di una base genetica identificabile la diagnosi di malattia si basa sulla consulenza di diversi esperti.
Importante la diagnosi, anche senza cure disponibili
“La diagnosi rimane fondamentale sempre, anche quando non si abbiano terapie da offrire ai pazienti. Oggi solo il 4-6% circa delle malattie rare note ha delle terapie specifiche. Rimanere senza diagnosi è frustrante dal punto di vista umano, sia per il paziente che per la sua famiglia. Riuscire a dare un nome a quei sintomi consente di avere una spiegazione, rispondere alle domande del paziente, avere informazioni sull'evoluzione della malattia, ricorrere a terapie di supporto – spiegano gli esperti – e, per le malattie a base genetica, di aver informazioni sul rischio riproduttivo, sia per eventuali fratelli che per la trasmissione ai figli”.
Ma soprattutto avere una diagnosi aiuta a far luce sul meccanismo dietro la patologia, e costituisce il primo passo per lo sviluppo di terapie.
Se è vero che i pazienti, per ciascuna patologia, sono pochi, investire sulle terapie per le malattie rare può avere un ritorno su un gran numero di pazienti. Appare superata l'idea che, dal momento che i pazienti sono rari, anche l'interesse delle case farmaceutiche scarseggia. Al contrario, conclude Dellapiccola, il problema oggi si è piuttosto trasformato: “Oggi il vero nodo da sciogliere è quello della sostenibilità di queste terapie”. Che possono arrivare a costare milioni di dollari.